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domenica 15 gennaio 2017

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA *1747 +1770 - PARTE SEDICESIMA.




Teresa Margherita Redi 
del Sacro Cuore di Gesù 
 Monaca Carmelitana Scalza 
 (Teresiana) 
Santa 
 *1747 +1770 

Vivere d’amore, di puro amore, d’amore paziente; ecco il divino ideale di Suor Teresa Margherita. Il suo Dio, essa lo vedeva, lo trovava dovunque. Invitata a ricrearsi in giardino con la Comunità, talvolta, alla vista del cielo, dei fiori, diventava quasi estatica; scioglieva la voce, dapprima dolce e melodiosa a lodare il Creatore; poi, trascinata dall’impeto dello spirito, perdeva nota e metro, e il suo canto diventava così acuto, che conveniva farla cessare perché non fosse udita al di fuori. Tornata in cella, un soffio di celeste poesia le pervadeva l’anima, e prendendo motivo da ciò che più l’aveva colpita, come un fiore, un augelletto e perfino una luccioletta, scriveva versi, come questi, ad esempio, di una ingenua e puerile semplicità: 

Luccioletta che nel seno 
 Sei di fuoco, e spiri ardore 
Ancora io di te non meno 
Grande incendio ho dentro il cuore. 

Tu notturna, e tu volante 
Per lo cielo errando vai; 
Ma ‘l mio amor fra l’ombre vai; 
A Gesù non giunge mai. 

L’ombre a te non fa paura 
Perch’hai lume in te natio; 
Io non già, che in notte oscura 
Vo cercando il Nume mio.

Che se fosse in mia balìa 
Il volare come a te lice 
Sallo il Cielo e l’alma mia 
Se in amor sarei felice! 

Il giardino era il luogo delle sue riflessioni: quivi i suoi pensieri si facevano molto intensi. I fiori e le erbe, come gli augelletti e i piccoli insetti, le erano cagione di santi commovimenti e di profonde riflessioni. << Tutte queste piante - diceva - ci rammentano di amarne il Fattore… in esse Dio ci parla senza parlarci; cioè che lo amiamo >>. 
A molti sembrerà stranezza tanta semplicità, e non vedranno nella vita della giovane Carmelitana e nei suoi slanci che una esagerazione portava fino alla follia. Ma di chi è la colpa? << Miei fratelli - diceva un giorno Mons. Bougaud ( Panegirico di Santa Margherita Maria Alacoque ) - ciò che a noi impedisce di vedere il Cielo, è il guardar troppo la terra: noi siamo come chiusi e trincerati nelle cose del tempo. Rimuoviamo, rimuoviamo tutte queste vane ombre; e allora il sole dell’eterna bellezza rapirà i nostri cuori! >>. 
E quanto accadeva a Suor Teresa Margherita. Fino dai suoi più teneri anni le cose della terra si erano dileguate da lei; essa non vedeva e non conosceva altri fuor che il suo Dio; essa conservava nel cuore una traccia del divin fuoco che la consumava; e i suoi trasporti sublimi, il suo ardire, la sua passione soprannaturale, non erano che l’effetto meraviglioso della divina Carità. Sappiamo infatti che ella era ormai giunta a quel grado d’unione che è il termine della santità, perché è l’ultimo termine dell’amore. Era già in tale stato di consumazione che le oscurità del chiostro non erano più bastanti a nasconderla. I raggi che il Cuore Divino aveva piovuto sopra quest’umile verginella, mandavano già il lor riflesso nel mondo; e nelle famiglie si parlava della giovane santa del Monastero di Santa Teresa. 
<< Nel tempo che era vivente - si legge nelle deposizioni - fu stimata comunemente tanto nel Monastero che fuori una Serva di Dio, e questo fu motivo per cui si divulgò la fama della sua santità. Questa opinione di santità era particolarmente presso le persone di merito e di virtù, fra le quali è da rammentarsi il Generale Pandolfini patrizio fiorentino, il quale, avendola ricevuta in sua casa per qualche giorno prima della sua vestizione, per la stima ed opinione di santità che ne aveva, non permise mai che nel letto dove ella aveva dormito, riposasse alcuna persona >>. Ed altrove: << La fama ed opinione di questa Serva di Dio è stata in vita di un angelo di costumi e di imitatrice di San Luigi Gonzaga; e dopo la di lei morte questa fama è aumentata talmente, che viene, che viene creduta una santa >>
Il Signore esaltava così la sua Serva. Sembrava che Egli non ascoltasse la preghiera dell’umile vergine, la quale lo scongiurava istantemente a tenerla lontana da quei segni e da quelle dimostrazioni esterne, con cui Dio suol premiare anche su questa terra l’amore delle anime che hanno con Lui una stessa vita e uno stesso cuore. Oh se ella avesse potuto solo immaginare che nel mondo si parlava di lei!… Era sì grande la sua umiltà che le stesse consorelle, nel richiamarla da quei dolci trasporti a cui andava soggetta, lo facevano con qualche pretesto, perché non potesse comprendere che si erano accorte di quella sua amorosa alienazione. Ed ella, sicura che i doni di Dio fossero noti a lei sola, pregava il suo divino Sposo a tenerla sempre celata agli sguardi umani, e spesso ripeteva: << Signore, il mio segreto per me! >>. 
E questo suo segreto era quell’amore che soavemente le bruciava l’anima; o meglio, secondo il Santo Padre Giovanni della Croce, era << quell’ardore soave e dilettevole prodotto dallo Spirito Santo, per motivo dell’unione di quest’anima con Dio: ed è il grado dei perfetti che ardono in Dio e soavità ( Notte oscura, cap. XX, non grado d’amore ) >>. 
Il tratto interno ed amoroso col Signore le si era reso tanto connaturale, che le sarebbe stato impossibile distrarsene. Il Confessore stesso, così dotto e illuminato, ne tratta diffusamente nelle deposizioni e lungamente ci descrive i contrassegni, che citeremo a suo luogo, che lo persuasero e essere giunta la Santa a quel grado d’unione che è il più eminente. Di questa stretta unione di fede con Dio, sulla quale Suor Teresa Margherita fondò e lavorò sempre il suo spirituale edifizio, malgrado il fermo proposito che aveva fatto di vivere sempre nascosta agli occhi altrui, anche la Madre Anna Maria di Sant’Antonio di Padova ed altre religiose avevano molti contrassegni non equivoci. La sua compostezza esteriore, la sua vita mortificata, specialmente degli occhi e della lingua, quel devoto sembiante sereno e dimesso che la faceva apparire anche nelle cose esteriore sempre astratta ed occupata mentalmente in una profonda meditazione,  dicevano chiaro quello che realmente avveniva in lei. Tutto ciò che le rammentava l’amore di Gesù, l’esaltava. L’amore per Gesù erompeva da tutti i suoi discorsi, scintillava da tutti i suoi scritti, e nel conversare di lei con le religiose si frammentava sempre in guisa affatto spontanea. 
Da questo amore per il suo Dio nascevano le sante invenzioni, come fra poco vedremo, di uno zelo grande e ardente come la fiamma; di cui nascevano quelle lacrime che i peccati del mondo le facevano continuamente versare; di qui le fervide ed infocate preghiere al Cuore di Gesù per scongiurarlo a glorificare il suo Santo Nome e riscattare tante anime che Egli amò fino allo spargimento di tutto il suo Sangue. La sua devozione era divenuta per lei come una febbre che tutta la consumava, onde non pensava che a trovare nuovi mezzi per trarre ciò che è capace di sentire e di amare, all’amore di Gesù Cristo. 
Ma a che adoprarci in far comprendere il suo amore, quando ella stessa ci ha svelato con tanti magnifici slanci l’ardore di cui era infiammata? Basti leggere i suoi scritti specialmente poetici. L’amore la faceva poeta, come del resto è avvenuto di tanti altri santi. E però la sua poesia è agile, snella per andatura di metro come di verso, sempre felice nella scelta dell’uno e dell’altro; facilità che fa ricordare quella fluidità di poesia, d’altro genere, dello zio Francesco. 
Quale calore lì non comunica, quale fuoco non ci dà la Santa! Le sue poesie ora sono epistole spirituali al babbo o alle consorelle, ora pensieri e ricordi scritti in foglietti volanti, soprattutto una lirica che canta la confidenza nel suo Dio che è carità, o le prove del suo spirito, l’ingenuo affetto davanti al Bambino Gesù nelle veglie di Natale, le sue forti brame di unirsi al suo Bene, col patire o nella eternità. Canta senza studio, senza sforzo, però ha sempre squisite espressioni pel suo ardore, sempre sublimità di affetto. Si può citare, oltre la precedente, una come questa: 

Gesù, Dio del mio cuore, 
Viver non posso più senza il tuo amore: 
A Te grido e Te chiamo, 
Viver non posso più, se Te non amo

Nient’altro questo cuore 
Cerca, che sol per te languir d’amore: 
Tutta avvampar io bramo, 
Né viver posso più, se Te non amo. 

Allora esclama: 
  
Oh che soave fuoco  
Ch’ad altro amor non dà spazio né loco! 

Ed avverte, così disingannando, in altra: 

Non può star il cuor contento, 
Gesù mio, se te non ama; 
Ciò che brama 
Fuor di Te gli dà tormento; 
Senza Te, 
Certo non è 
Vero e stabil godimento. 

E quest’amore era così potente che ella non poteva parlarne a lungo. Per quanto fosse guardinga in nascondere il suo interno, pure, dopo, poche parole, il suo volto si illuminava come un raggio veramente sovrannaturale, a segno che rimaneva come spossata dell’impressione che ne riceveva, e le sue membra andavano allora soggette a quella prostrazione che suol essere cagionata da scosse violente. << Si accendeva talmente - dicono le memorie del Monastero - che il suo volto diveniva tutto infocato, e come di color cremisi, dal quale passava al paonazzo, e da questo molte volte al pallido e quasi cadaverico… Essendosi una volta dilungata con una religiosa in uno di tali discorsi, dopo le tre mutazioni di color nel volto cadde quasi tramortita >>. E ciò non può recare stupore, se ricordiamo che il Divino Spirito insegna che l’anima, la quale fa suo amore starsene con Dio, diventa uno spirito solo in Cristo. Il Padre Diego d. C. d. C., suo zio, in una lettera del 23 Maggio 1770 ci lasciò questa testimonianza: << Mi descrisse ( la nipote ) di maniera l’interno suo stato, che io ne rimasi altamente ammirato, conoscendo i voli che ella faceva nell’amore del suo Dio. Mi diceva di provar nel suo cuore un tal fuoco d’amor divino che sentivasi trasportata ad unirsi con Lui; ed altre somiglianti espressioni che mi pareva vedere una copia della gloriosa Santa Teresa. Mi chiedeva infine consiglio come dovesse regolarsi in così fatti trasporti >>. Quindi è facile comprendere che in questa unione così intima e forte il corpo si consuma e, se per alcun poco resiste, e solo perché l’amore lo sostiene. 
E’ in questo stato che vediamo quale anime dimenticare affatto se stesse: la gloria di Dio, la salute delle anime governano unicamente i loro pensieri, i loro sentimenti, ogni loro azione. Il loro amore sente il bisogno di diffondersi; il loro cuore diviene troppo angusto per amare; esse sentono il bisogno di trovare altri cuori simili al loro, di unirsi insieme e di comporre e di esprimere al Cuore di Dio quelle sublimi melodie che solo la fede e l’amore sanno far sorgere nel fondo dei cuori ardenti. 
Nel sentir leggere la vita della Ven. Madre Paola Maria di Gesù, genovese, della nobile famiglia Centurioni, fondatrice del Monastero delle Carmelitane Scalze di Vienna, notò come ella, a fine di vivere e morire nell’amore di Dio, aveva istituito in onore dei sette doni dello Spirito Santo una pratica religiosa detta comunemente: << Compagnia di sette sorelle >>. Tale pratica consisteva nell’offrire i meriti di ciascuna a vantaggio delle altre per impetrare il Divino Amore. Ciò bastò perché in lei si accendesse il desiderio di introdurre una tale devozione nel Monastero. Lo propose alla Madre Priora, e fece le più grandi diligenze per ottenere il permesso. Fin d’allora, cioè il 5 Agosto 1767, cominciò in Monastero questo esercizio di pietà a cui vollero associarsi illustri persone, fra le quali Mons. Francesco Maria Ginori, Vescovo di Fiesole, che spesso interveniva alla grata del Monastero trattenendosi con quelle religiose in spirituali conferenze sul Santo Amore di Dio. La cura di questa Compagnia fu affidata alla nostra Santa, e dopo la morte di lei passò alla Madre Anna Maria di Sant’Antonio da Padova. La pagella con nomi degli iscritti venne dalla Serva di Dio legata alle mani di una statuetta di Maria Santissima del Soccorso, che poi fu detta Madonna di Suor Teresa Margherita. 
Il sacrificio degli affetti più delicati era una prova della sua fedeltà e del suo amore a Dio. Tornando una volta dal parlatorio, dove era venuta a trovarla il Cavaliere suo padre, una religiosa le domanda se le fosse riuscita sensibile la partenza del genitore. Dolcemente sorridendo, trae fuori un cartellino, e , << Guardi - dice - questo cartellino il quale è una memoria del Padre Fr. Giovanni Colombino >>. Vi erano scritte queste parole di Sant’Agostino: << Meno ti ama, o Signore, chi ama con te qualche altra cosa >> ( Confess. Lib. X, cap. 29 ); e ciò fece con modo assai naturale, come mostrando di non attendere alla domanda della consorella, e senz’altro cambiò discorso. Quindi andò in Coro a pregare Gesù Sacramentato perché concedesse un felice viaggio al padre suo. 
Le religiose che la veneravano come una santa non lasciavano occasione di richiederla di schiarimenti sulla perfetta pratica del Santo Amore. Ecco una lezione cara e assennatissima che ella dava col suo solito stile, semplice ma che così bene specchia la bellezza dell’anima sua. << Per fare acquisto del Santo Amore, il miglior mezzo è quello della presenza di Dio; siccome chi ama una persona, spesso si ricorda di essa, così noi dobbiamo spesso ricordarci che Dio è sempre presente, sempre pensa a beneficarci. Ora, nell’amore, si deve rendere amore per amore; sicchè se il nostro Dio ci ha amato e ci ama tanto quantunque sia grande il nostro demerito, che dovrà la persona amata per rendergli in qualche parte la pariglia? Sforzarsi di divenire simile a Gesù nell’umiltà, dolcezza e mansuetudine, dicendo sempre nelle ripugnanze che possiamo provare: 
Voglio tutto soffrir senza lamento - 
Nell’amore del mio Dio nulla pavento >>. 
Ad una religiosa dello stesso Monastero dava in iscritto quest’altra lezione non meno assennata della prima: << Tutta la cura d’una religiosa desiderosa di conseguire la perfezione proposta dal suo stato, dev’essere di mondare il proprio cuore e di vivere unita a Dio. Per questo è necessario prima guardarsi con ogni maggior cautela dal non commettere mai mancamento alcuno avvertito e apposta, il che sarà facile ove si consideri con grande ponderazione la lume di Dio che cosa sia offendere ad occhi aperti quel Dio a cui dobbiamo tutto e per cui dobbiamo essere pronte a dare sangue e vita, tant’Egli è amabile in sé e amante di noi. Secondo, conviene pensare seriamente a togliere anche quei mancamenti che si commettono con piena avvertenza, ma per trascuraggine, per irriflessione o per abito; questi si toglieranno coll’usare una perpetua vigilante attenzione e riflessione sopra tutti i movimenti del proprio cuore; così si vedrà e da qual motivo si spinto ad operare, si conoscerà quando spuntano in esso i primi moti di passioni e, conosciuti, sarà facile il vincerli su quel primo spuntare, e impedire che si manifestino nell’esterno. Questa riflessione sopra se stessa e custodia del proprio cuore, e troppo necessaria per camminare bene e con sicurezza nella strada di Dio; se si trascura, la persona s’empie d’infiniti difetti e mali abiti, i quali non avvertiti ci accompagnano sino alla morte; se si usa bene e con costanza, è un mezzo universale ed efficacissimo per purgarsi da tutti i mancamenti, che però gliela raccomando con tutta la maggior premura come se da quella dovesse dipendere tutto il suo bene e la sua perfezione. Pensi dunque a vivere tutta raccolta in sé e in Dio; ecco in che si devono dividere tutti i pensieri e affetti di una religiosa la quale non per altro si è separata dal mondo che per attendere a sé e a Dio. Deve pertanto guardarsi bene di non dissiparsi troppo nell’esterno e fuori di sé, o coll’abbandonarsi tutta e con troppa sollecitudine alle occupazione esteriori, a cui convien solo imprestarsi riserbando il meglio a sé e a Dio, cioè la mente e il cuore, o col trattenersi in pensieri e riflessioni inutili, e col dar troppo pascolo ai propri sentimenti lasciandosi trasportare a discorsi o curiosità inutili che sono poi semi d’infinite distrazioni; usando questo raccoglimento tratterà e parlerà volentieri con Dio e comincerà a vivere in Gesù e di Gesù, vestendosi a poco a poco del suo Spirito, che è Spirito di soggezione, di semplice e cieca obbedienza, d’umiltà, di mansuetudine e di carità >>. 
Ella che si faceva maestra alle altra con tali lezioni, doveva dunque conoscere perfettamente l’arte di stare sempre presente a Dio e di imitare le virtù del Salvatore. E che fosse così ce lo han dimostrato quel raccoglimento, quei suoi slanci, quell’incendio divino cui ardeva il suo cuore. Ella non respirava che per Gesù; i suoi detti, le sue lacrime, i suoi stessi rapimenti non parlavano a quelle religiose che di contemplazione, di lode, di amore. 
Chi più fervorosa ed intenta di lei ad imitare Gesù Crocifisso? << Ricordati - aveva scritto su un cartellino - che nell’entrare che facesti religione, pretendesti di esprimere in te la vita del Crocifisso. Perciò devi figurarti che il calvario sia il chiostro, tua croce la regolare osservanza, tuoi chiodi i tre voti, il tuo carnefice la mortificazione >>. E in altra carta scritta forse per la rinnovazione dei voti nei primi tempi, si legge: << Signor mio Gesù Cristo, propongo per amor Vostro e della Vostra Santissima Madre di esercitarmi nella mansuetudine, umiltà e obbedienza. Così mi conceda la divina Maestà Vostra >>. Ed essa infatti era divenuta sempre più umile, e sappiamo già in qual grado; era poi benigna verso le consorelle come il più dolce dei padri, affettuosa come la più tenera delle madri, obbediente con tutti, come una serva pronta e sempre disposta. Il fervore del suo spirito era grande; unico suo desiderio era di essere crocifissa a tutto, e vivere per Gesù. Portava come impressa in sé l’immagine del Divin Cuore che era tutta la sua vita; e perciò era generosa a soffrire, perché il Cuore di Gesù è stato sempre generoso con noi. Onde, ricordando a se stessa l’umiltà di spirito e di cuore di cui tanti esempi ci ha lasciati Gesù, diceva: << Se bramiamo trovare Dio, la strada sicura è questa umiltà di cuore e semplicità di spirito; ricordandoci che non otterremo se non combattendo; ma coraggio, non ci mancherà né la grazia, né il soccorso del Cuore di Dio che ci vuol santi: non perdiamo tempo, che ogni momento è prezioso! >>. Oppure: << Se vogliamo esser sante, operiamo e tolleriamo in silenzio, tenendo sempre le nostre anime i pace, né ci conturbi qualunque disposizione in cui Iddio ci ponga, ma lasciamo pure fare a Lui, unendoci alle sue sante intenzioni, ed in questa maniera Lo ameremo con purità d’amore >>. 
Nel leggere queste parole del Salvatore: << Se alcuno mi ama, conserva la mia parola; e il Padre mio lo ama e verremo a lui e rimarremo presso di Lui >>, usciva fuori di sé, pensando quando fosse grande la degnazione di Dio nell’aver fatto tal patto d’amore con noi misere creature. Sulle parole poi di San Giovanni: << Dio è amore, e chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio in lui >>, come rapita a se stessa, disse accenti sublimi al suo Confessore, rilevando che questa carità che noi partecipiamo non è altro che l’amore con cui Dio ama se stesso dall’eternità, e lo Spirito stesso di Dio, cioè la vita e quasi l’alito suo, che è lo Spirito Santo ; e perciò ripeteva che chi è nella carità di Dio e vive nella vita divina. << Fra loro - diceva - è una sola vita, una sola carità, un Dio solo; ma in Dio tutto ciò per essenza, nella creatura per partecipazione e per grazia, e così è vero che tutto è comune fra gli amanti >>. 
Un giorno il Padre Idelfonso, quasi a scrutar meglio la profondità di quell’anima serafica, entrò nuovamente a parlare della vita d’amore. Appena la Santa sentì toccare questo argomento, dimenticando il suo consueto ritegno, entrò a piene vele nel discorso, e disse con tanti sublimi che il buon Padre ne restò ammirato. Altra voce diceva: << Lo specchio in cui dobbiamo mirare per giungere alla divina unione, è Gesù Cristo; perché nessuno la può ottenere se non per mezzo e per i meriti di Gesù Crocifisso >>. Quindi manifestò che le facevano sempre grande impressione quelle parole del Santo Vangelo: << Nessuno viene al Padre, se non per mezzo mio >>. << In questo Padre e Dio - diceva - vi è ogni cosa, perché << Dio è amore >>, ed Egli per effetto d’amore ha fatto il tutto e il principio di tutte le cose, e questo amore è lo stesso Dio. Quindi per acquistare questo Dio, nel quale vi è ogni cosa, e perciò ogni bene, niuna fatica ci deve sembrar dura; nè si deve tornare indietro per le difficoltà che si incontrano, ma abbracciare l’amarezza e ogni sorta d croce con prontezza. Con questi mezzi, che sono appunto quelli di Gesù Cristo, non è difficile acquistare il vero dio e di stare in carità e camminare nell’amore >>. 
Questi ed altri simili concetti che molte volte, anche senza accorgersene, le uscivano di bocca tradendo il suo umile contegno silenzio e di nascondimento, li aveva appresi certamente alla scuola di quel Divino Spirito che sì bene la conduceva ad agire, non più umanamente secondo natura, ma divinamente e secondo la grazia. Una domenica dopo la Pentecoste del 1767, quell’anno 24 Giugno, avendo udito leggere in Coro al Capitolo di Terza le parole di San Giovanni: << Deus charitas est >> fu presa da tale vivissimo ardore che restò fuori di sé per un breve tempo. Parve che da quel giorno conservasse nel cuore, come la Santa Madre Teresa, una traccia di quel divin Fuoco, o meglio una ferita che nessuno conobbe ma che a poco a poco la consumò e le trasse a morte. Anzi, dopo questo fatto, per più giorni rimase quasi astratta e fuori di sé ripetendo sempre quelle parole: << Deus charitas est >>: e dal modo con cui la proferiva, le religiose videro che erano sempre accompagnate da un accendimento d’amore di Dio straordinario. ( Proc. Can. - Dep. Del Padre Idelfonso. - Per questo fatto, intorno ad alcune sue immagini si leggono le parole : Deus Charitas est ). 
Da quel giorno i sacrifici più generosi e più eroici divennero come una necessità al suo amore; essa sentiva il bisogno di rendere a Dio amore per amore, vita per vita, per testimoniargli tutta la sua riconoscenza. Il desiderio del martirio si fece sentire ancora più vivo nel suo cuore: in mancanza di carnefici che la torturassero, seppe trovare ordigni ancora più ingegnosi di quelli delle officine della persecuzione. Le penitenze e le macerazioni che ella s’impose fanno rabbrividire la nostra fiacca natura. Il suo amore divenne così ardente che giunse perfino a bramare il tormento che più purifica. La sacra scienza delle prove, degli abbandoni e delle croci, non fu più per lei uno sconosciuto mistero. L’assioma del puro amore, celestiale invenzione della Santa Madre Teresa, divenne perfettamente la leggedei suoi brevi giorni di vita, comprendendo ella sempre più le sante deliziose pene di un amore Crocifisso. 


FONTE: 
Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano