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venerdì 12 agosto 2022

IL PATRIARCA DEI CERTOSINI SAN BRUNO PARTE TERZA - quarta - fine.

 IL PATRIARCA DEI CERTOSINI

SAN BRUNO 

PARTE TERZA Quarta 




Il 4 luglio 1067 l’arcivescovo Gervasio moriva lasciando fama di virtù, e Manasse di Gournay gli succedeva col titolo di Manasse I. Questi venne consacrato nell’ottobre del 1068 ovvero 1069. Benché avesse ottenuto la sede arcivescovile di Reims per simonia, con la complicità del Re di Francia Filippo I, Manasse da principio amministrò la diocesi in un modo che lasciava sperare da lui un governo coretto e pacifico. Ma ben presto il suo vero carattere si manifestò: << Era un uomo nobile, scriverà venticinque anni dopo il cronista Guiberto di Nogent, ma gli mancava del tutto quella serenità che per prima cosa conviene all’onestà; l’elezione all’episcopato aveva destato in lui dei gusti talmente grandi da sembrare che volesse imitare la maestà dei re, anzi la ferocia dei principi barbari… 

Dato che amava le armi e trascurava il clero, si dice che un giorno abbia esclamato: “ L’arcivescovo di Reims sarebbe buona cosa, se non vi fosse più da cantar messa! ” >>. era un uomo sleale e faceva il doppio giuoco: per soddisfare la sua brama di ricchezze senza perdere tuttavia il seggio episcopale, univa in un abile alternarsi i gesti di prudente e caritatevole amministratore alle più audaci rapine. 

Le difficoltà sorsero nel dicembre del 1071 in occasione di Hérimar , abate della celebre abbazia di San Remigio. Dapprima Manasse impedì ai monaci eleggersi un nuovo abate nel termine previsto della Regola; di poi cercò ad ogni occasione di venire a contesa con essi, li molestò e s’impadronì di non pochi beni della ricca abbazia. Sicché nel corso dell’anno 1072 i monaci presentarono querela contro l’arcivescovo al Papa Alessandro II. Nei primi mesi del 1073 Alessandro II moriva. 

In aprile gli succedeva Gregorio VII, il quale il 30 Giugno 1073 inviava a Manasse una lettera severa: << Fratello amatissimo, se diligentemente considerassi la dignità del tuo stato, gli obblighi dell’ufficio, le prescrizioni delle leggi divine, infine la riverenza e l’amore cui sei tenuto verso la Santa Romana Chiesa, certamente non lasceresti tante volte senza effetto le richieste ed i moniti della Sede Apostolica, tanto più che è una grave colpa l’averli provocati… Quante volte il nostro predecessore di venerata memoria e noi stessi ti abbiamo supplicato di non far giungere al nostro orecchio tante proteste da parte dei frati costrette a farle! Dal rapporto di molti sappiamo che tratti di giorno in giorno sempre più aspramente quel venerabile monastero. Quale dispiacere per noi che l’intervento dell’autorità della sede Apostolica non sia ancor riuscito ad ottenere la pace e la tranquillità a coloro cui già da tempo sarebbe stato conveniente che tu avessi provveduto con paterno affetto! Nondimeno proviamo ancora una volta a piegare con dolcezza la tua ostinazione, pregandoti da parte dei Beati Apostoli Pietro e Paolo e nostra, se ti è caro di poter in avvenire contare sulla  nostra fraternità e benevolenza, di… tutto riparare, di guisa che non giungano più lagnanze sul tuo conto. Che se di nuovo disprezzerai l’autorità di San Pietro e la nostra amicizia, per quanta modesta sia, provocherai, lo diciamo a malincuore, la severità e lo sdegno della Sede Apostolica. GREGORIO VII, Epistula XIII. >>.

Da codesta lettera del Papa si intuisce il giuoco sfrontato di Manasse; gesti d’obbedienza, promesse di sottomissione, proroghe, indugi si susseguono, al riparo dei quali astutamente egli opera… I messi dei monaci dell’abbazia di San Remigio ripartendo da Roma per Reims portavano con la memorata lettera a Manasse un’altra, anche del Papa, destinata ad Ugo, abate di Cluny: Ugo veniva incaricato da Gregorio VII di consegnare a Manasse la surriferita lettera di biasimo e gli era comandato di render conto a Roma dell’andamento della faccenda . Manasse aveva preveduto il colpo ed anticipatamente lo aveva parato. Ancor prima che gli giungesse l’ordine del Papa aveva imposto ai monaci dell’abbazia di San Remigio un abate di buona riputazione: Guglielmo, già abate del monastero di Sant’Arnulfo di Metz. In se stessa la scelta era eccellente; ma dall’estate del 1073 Guglielmo, sentendosi impotente a contenere le nuove estorsioni di Manasse, chiedeva a Gregorio VII le dimissioni della carica: Manasse, come egli diceva nella lettera, era << una bestia feroce dai denti aguzzi >>. Il Papa temporeggiò. Al principio del 1074 Guglielmo rinnovava la supplica; e questa volta gli venne concesso di assumere di nuovo il governo della sua antica abbazia. Il 14 marzo Gregorio VII ingiungeva a Manasse di procedere alla regolare elezione di un nuovo abate: venne nominato Enrico, già abate del monastero d’Humblières, il quale rimarrà in carica fino al 1095 ed assisterà impotente ai dolorosi avvenimenti che contrassegnarono gli anni successivi del governo di Manasse.

Nondimeno l’arcivescovo rimase press’a poco tranquillo fino al 1076. Riuscì persino a riguadagnar la fiducia di Gregorio VII; favorì ufficialmente la vita monastica in diocesi; per questo diede la propria adesione all’erezione dell’abbazia del monastero di Moiremont fondato dai canonici di Reims ( 21 ottobre 1074 ), prese parte nella fondazione dell’abbazia di canonici di Saint-Jean-des-Vignes ( 1076 ), e fece donazioni ai diversi monasteri. Senza dubbio in quel tempo nominò Bruno cancelliere della sua Chiesa in sostituzione di Ulderico morto da poco. Bisogna vedere in tale scelta un segno di stima personale, ovvero trattavasi solo d’un gesto diplomatico? 

Promuovere Bruno era secondare l’opinione pubblica e soprattutto quella universitaria, dar segni di buon volere, tanto era viva e diffusa la stima che godeva Bruno… Tre documenti permettono di determinare il breve periodo durante il quale Bruno esercitò la carica di cancelliere; una carta dell’abbazia di Saint-Blase dell’anno 1076 è al contrario firmata da Bruno; ma nell’aprile del 1078 il nome di Goffredo trovasi in luogo di quello di Bruno sui documenti ufficiali dell’arcivescovado. Si possono fissare al 1077 le dimissioni di Bruno, poiché precisamente al principio di detto anno ebbe inizio la dura lotta che parecchi anni avrebbe sconvolto la diocesi di Reims: lotta tra Gregorio VII , il suo Legato in Francia Ugo di Die e parecchi canonici della cattedrale da una parte, e dall’altra l’arcivescovo Manasse I, le cui prevaricazioni erano finalmente svelate. 

Prima di trattare il codesto triste periodo diamo uno sguardo alla persona di Bruno. Egli era allora sulla cinquantina. Dalle incertezze della storia alcuni tratti del suo carattere emergono ed assumono tanto maggior risalto quanto più l’insieme della persona rimane immersa in più densa ombra. Bruno, docente e direttore delle scuole remesi, si rivela anzitutto come un’anima tutta orientata verso gli studi sacri, di poi come un << Maestro >> e un perfetto amico, infine come un uomo la cui autorità morale s’impone a tutti. 

Anche se i due Commenti, quello delle Lettere di San Paolo e quello dei Salmi, un giorno non gli dovessero essere attribuiti dalla critica storica, rimarrebbe innegabile che Bruno apparve ai suoi contemporanei come un teologo di prima classe ed uno specialista riguardo ai Salmi: lo attesta la maggior parte dei Titoli Funebri. Orbene, detta propensione, la quale ovviamente può non essere altro che una curiosità dello spirito, detta propensione alle scienze sacre, segnatamente la predilezione per il pensiero paolino e l’interpretazione dei Salmi, sovente coincide con una orientazione dell’anima verso i più profondi misteri della salvezza. Codesta anima è portata con tutto il peso d’un intimo amore a concentrare la sua attenzione, le facoltà intellettive, lo sforzo della ricerca sulla Persona sì vicina, e ad un tempo sì misteriosa, di Gesù Cristo. 

Quando i Padri Certosini del XX secolo vollero compendiare il senso della propria vocazione in una breve formula da porre al centro del Museo della Correrie presero il testo della Lettera ai Colossesi: << Vita vestra abscondita est cum Christo in Deo… Ormai la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio >>. Ma atteniamoci ai dati storici; nella loro semplicità essi ci bastano: Bruno si era risolto a consacrare la propria vita allo studio ed all’insegnamento delle verità della fede; le cose di Dio avevano soggiogato il suo cuore e bastavano a colmare la sua vita. 

In tale insegnamento egli eccelleva; non solo come un eminente dottore, ma altresì come un maestro nel senso pienamente umano che Sant’Agostino dà al termine. La sua scienza non era solo erudizione: Bruno non avrebbe esercitato l’influsso spirituale che i Titoli ci manifestano, se il suo insegnamento non fosse stato animato da un profondo interesse per l’uomo e non avesse colto i suoi uditori  nel vivo della loro sensibilità religiosa, della loro inquietudine essenziale. Dei propri allievi egli faceva dei discepoli; sovente degli amici: in non pochi Titoli Funebri vi è un accento nel rimpianto, una commozione nel ricordo che supera l’ordine letterario e muove dal cuore : Bruno destava più che ammirazione, egli offriva e suscitava l’amicizia. Il seguito della seguente biografia lo proverà ancor meglio: erano tre amici nel giardinetto di Adamo il giorno in cui risolsero di darsi interamente a Dio… tre amici che univano un medesimo desiderio delle cose eterne.

Bruno infine appare in questa prima e lunga parte della sua vita come un uomo d’una rettitudine ed elevatezza morale incontestate. Il santo vescovo Gervasio ed il maestro Herimann non avrebbero ceduto a maneggi per conferire ad un giovane non ancora trentenne la carica di gran maestro e direttore delle scuole di Reims! E fu necessario che nei venti anni di esercizio della carica di Bruno, avesse acquistato una reputazione d’integrità ed un’autorità incontestabili perché Manasse I, agli estremi, lo scegliesse quale cancelliere allo scopo di rassicurare Gregorio VII riguardo le proprie intenzioni… 

La rapidità con cui Bruno si dimise dall’ufficio di cancelliere non è forse una nuova prova della sua onestà? Bruno era un giusto nel senso biblico del termine: come Guglielmo, abate del monastero di Sant’Arnulfo, egli avrebbe fatto presto a valutare l’arcivescovo concussionario, e sembra che non avrebbe avuto pace fintantoché non si fosse sottratto ad ogni rischio di compromesso e non avesse ripreso la libertà di giudicare e, qualora fosse stato necessario, di lottare. 

In ogni società, soprattutto quando lo stato di cose si altera, il culto della parola di Dio, l’amore della più elevata amicizia, l’integrità votano l’anima umana ad una certa solitudine. Un essere puro è sempre, sotto un certo aspetto, un essere solo. Bruno, siamone certi, un << Maestro >> lo è già non solo nel senso che ha piena la padronanza della materia d’insegnamento e si guadagna l’animo dei discepoli, ma ancor più nel senso che domina gli avvenimenti e gli uomini: egli sta al di sopra di essi, è più grande, li discerne della sua elevatezza, li vede e li giudica. E codesta potenza di personalità si affermerà nei gravi avvenimenti che sconvolgeranno la Chiesa di Reims, e dei quali dovremmo ora trattare.


Andrè Ravier

  

Fine terza parte.


LAUS DEO


Francesco di Santa Maria di Gesù

Terziario Francescano