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giovedì 6 febbraio 2025

IL PATRIARCA DEI CERTOSINI SAN BRUNO - PARTE QUINTA terza

 


L'ultima dote che sembra aver colpito coloro che lo han visto vivere a Reims e dal conte Ebal è la << probità >>: egli è << vir egregiae probitatis >>, l'uomo d'una singolare probità; mai si coglie in fallo tale probità ed essa conferisce a Bruno una reputazione d'integrità, di rettitudine, d'equilibrio, di fedeltà, di onestà che nessuna prova, neppure la sua contesa con Manasse, riesce a compromettere; << il suo spirito era inaccessibile allo scoraggiamento nelle prove come alla presunzione nella prosperità >>. Egli era veramente il << giusto di Dio >>. Codesto equilibrio tra la sua celebrità di Dottore e la propria vita morale va cercato, senza tema di sbagliare, nella sua fede, una fede viva che lo riempie di amor di Dio, una pietà nel puro senso del termine << purae pietatis amator >> : << Ipse pius, simplex, plenus Deitatis amore, impiger et mundus fuit, omni dignus onore >>. Egli domina il suo tempo; è l'Uomo secondo Dio, perché, al di sopra delle cose del mondo aderisce a Colui che ha creato il mondo: << Exit ex mundo Vir, mundi spretor,  ad Illum qui mundum fecit >>. una sola espressione sintetizza tutta codesta ammirazione: egli fu l'onore del clero tutto, << totius cleri decus >>. Ancora una volta, in tali elogi va tenuto conto del genere letterario e dell'amplificazione poetica. Ma se si rileggono i 178 Titoli Funebri, non si può non notare una tonalità e soprattutto delle dominanti che s'impongono; tanto più che i commossi e più commoventi di detti Titoli sono precisamente quelli mediante i quali gli autori, senza usar la forma poetica, han detto in semplice posa quanto volevano esprimere. Di fronte a tali attestati si comprende quale spirituale irradiazione  bruno esercitasse sui propri discepoli. Non solo la sua erudizione o la profondità del pensiero attiravano attorno alla sua cattedra la gioventù studiosa remese o lo univano in amicizia con tanti contemporanei, ma altresì la sua vita, la sua persona. Da lui attendevasi quella << scienza che si volge in amore >>. con una espressione semplicissima, ma quanto mai ricca e significativa allorché si conoscono gli atti di severità di Ugo di Die, il Legato manifestava le doti, si potrebbe dire il carisma, la grazia particolare di Bruno: << Dominum Brunonem... in omni honestate magistrum >>. La si potrebbe tradurre: << Il signor Bruno è Maestro in tutto ciò che onora " l'uomo nell'uomo >>; od anche: << Il signor Bruno è Maestro in tutto ciò a cui gli uomini rendono omaggio in un uomo >>. Dette doti di Bruno, già manifestatesi in tutto il suo modo di condursi durante l'episcopato di Gervasio assunsero ovviamente maggior risalto - a così dire, per contrasto - dopo l'occupazione della sede episcopale in Reims da parte di Manasse. Bruno << in omni honestate magistrum >> faceva tanto più contrasto al prelato simoniaco e prevaricatore in quanto lo stesso prevosto dei canonici, Manasse non era indenne da simonia e se n'era pubblicamente accusato. Dello stato di cose in cui, suo malgrado, si trovava preso, Bruno non poteva non avere coscienza, Né poteva non soffrirne profondamente, anzitutto nel suo amore per la povertà, la carità, la giustizia, l'onestà, ed altresì nel suo amore per la Chiesa: la miseria morale di un Manasse I, quel decadimento dello spirito evangelico in un arcivescovo responsabile di una delle Chiese più importanti della Francia non poteva provocare nell'illibato, intransigente Bruno che una delle sue reazioni: la resistenza o l'evasione verso una vita più pura. Sulle prime scelse la lotta, ma, una volta che questa avesse ristabilito pressa poco l'ordine , quell'esperienza dell'umana mediocrità non lo avrebbe forse spinto a cercare nella solitudine, dico, senza che venga necessariamente precisata la forma secondo cui essa sarebbe vissuta. La necessità in cui egli si trovò di dover lasciare Reims per le terre del conte Ebal, le nuove audacie dell'arcivescovo Manasse, le astuzie mediante le quali questi riusciva a ritardare la punizione che lo minacciava, tutto quell'insieme d'intrighi dovette singolarmente confermare Bruno nei suoi sentimenti. Più lo stato di cose si aggravava, più egli si sentiva ad un tempo obbligato a condurre la lotta e attirato dalla solitudine. Tale intima tortura giunse di certo al parossismo verso la fine del 1079, tempo in cui il prevosto Manasse accettò di riconciliarsi con l'arcivescovo, traendo con sé tutti i canonici esuli, tranne Bruno e Ponzio, come ci è reso noto dall'apologia. Restar solo con Ponzio in esilio, nella resistenza all'arcivescovo, quando questi sembrava nuovamente riconciliato con Roma e quindi vittorioso di tutti i suoi oppositori!... quale caso di coscienza! Ma Bruno è troppo avveduto da poter cadere nelle insidie dell'arcivescovo, troppo onesto da poter accettare checché abbia parvenza di compromesso, meno ancora di atto compromettente... Egli ricusa; si ricusa a rischio di perdere definitivamente i propri beni, gli amici, i discepoli, i vincoli che lo univano alla Chiesa remese e forse la stima del Vicario di Cristo. 

Continua....

Andrè Ravier 


                                                                                    LAUS  DEO 

                                                                    Francesco di Santa Maria di Gesù
                                                                              Terziario Francescano