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lunedì 8 agosto 2016

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA * 1747 + 1770 - PARTE UNDICESIMA.




Teresa Margherita Redi 
 del Sacro Cuore di Gesù 
 Monaca Carmelitana Scalza 
(Teresiana) 
Santa 
*1747 +1770 

Il 10 Marzo 1965 Anna Maria ( come allora si usava ) era rientrata per sempre in Monastero, accompagnata dal padre, seguita dalla nobiltà fiorentina con cui aveva vincolo di parentela, e ne aveva varcate le soglie stringendo nelle mani il Crocifisso. Il giorno seguente riceveva con solennità la bruna veste e il candido mantello del Carmelo, e insieme il nome nuovo di Suor Teresa Margherita del Sacro Cuore di Gesù. Del Sacro Cuore di Gesù! Oh, quel nome l’aveva chiesto con umili istanze, mossa da quello spirito d’amore che le aveva infusa ardente nell’anima la devozione al Divin Cuore, devozione allora non poco contrastata. L’altro di Margherita doveva esserle tutto un programma di santità. Come la Vergine di Paray, che ella chiamava sua maestra, nelle sua breve vita non doveva aspirare al’altro che alla totale immolazione di tutta se stessa a quell’amore che vive di umiliazioni e di sofferenze. 
Come descrivere lo slancio di lei nel vedersi vestita del Sacro Scapolare della Vergine? L’anima sua esultò di pura gioia. Dal giorno della vestizione - non ebbe che un sol pensiero; quello di rassomigliarsi con una vita mortificata e penitente del suo Amore Crocifisso; di farsi santa, come le aveva suggerito lo zio gesuita; e, con l’obbedienza, con l’annegazione di se stessa, con la preghiera, offrirsi al Cuore Divino come vittima di espiazione e d’amore per gli altrui peccati. 
La sua contentezza si rileva anche dalla seguente lettera ( Si trova riportata negli scritti della Madre Teresa Maria della SS. Concezione ( Ricasoli ) che si conservano in Monastero ) scritta in quei giorni al Can. Giuseppe Maria Tonci, quello che aveva esaminata e approvata la sua vocazione: << Ho adempito alle mie ardenti brame di vestire questo santo Abito, come Lei ben sapeva esser questa la chiamata che mi faceva il Signore. Conosco che mi ha fatto una gran misericordia e mi rimiro immeritevole; ma adesso Egli è arrivato a tal segno che mi ha fatto rimaner convinta ed obbligata non solo a mutar vita, ma a constringermi ancora a farmi santa; poiché nel luogo ove mi ha collocata, è quasi più difficile non essere, che esserlo. Ora vede quanto devo al mio caro Gesù; e perciò mi raccomandi perché possa corrispondere a tanti favori e perché si adempiano in me quelle mire che Egli ha avute nel chiamarmi alla santa Religione >>. Negli stessi otto giorni dopo la sua vestizione mostrò quanto le fosse cara quella vita mortificata che le aveva ispirata il Signore, esercitandosi negli uffici più vili e abietti del Monastero; come nello spazzare, nel rigovernare i piatti, nel servire in cucina e al refettorio, ed altre faccende manuali, dalle quali in quegli otto giorni, secondo il costume, sarebbe stata dispensata come Sposa novella di Gesù. 
Ricercata dalle Superiori se le dessero qualche incomodo i sandali, come nei primi tempi avviene per lo più a tutte, rispose di sì; ma furono tante le sue preghiere che in ciò non volle accettare alleggerimento alcuno. Allora le fu concesso di stare seduta in Coro ogni volta che avesse sentito il bisogno, ma ella non si valse che poche volte di questa facoltà, per cui le monache nel vederla esercitare con prontezza tutte le sue azioni credettero che quell’incomodo dei piedi le fosse cessato. Ma il Giovedì Santo, facendo la Madre Priora, come è costume, la lavanda dei piedi a tutte le religiose, vide che quelli di Suor Teresa Margherita erano molto enfiati. Terminata la cerimonia, la interrogò domandandole se ciò derivasse dall’uso dei sandali, e la Serva di Dio, divenendo rossa in viso, non lo negò, ma, sorridendo, disse che era cosa da nulla. 
Con tali disposizioni intraprese il suo Noviziato, essendo allora Maestra delle novizie della Madre Teresa Maria di Gesù ( Guadagni ) ( Sorella del Servo di Dio Padre Giovanni Antonio di San Bernardo, Carmelitano Scalzo, Vescovo di Arezzo e poi Cardinale. Fu Vicario del Papa sotto il Pontificato di Clemente XII suo zio, di Benedetto XIV e di Clemente XIII. Morì in Roma il 15 Gennaio 1759, in età di 84 anni. Per sua intercessione Dio operò prodigi e grazie singolari ), religiosa molto austera, ma di tanta esperienza e prudenza, da sapere bene formare il cuore delle novizie secondo lo spirito della Serafica Madre Santa Teresa. Dotata di finissimo discernimento, la Madre Teresa Maria intuì nella Novizia grande fortezza e generosità d’animo, e, certo non senza divina ispirazione, si diede ad esercitarla in ogni maniera più dura ed anche insolita di austerità e di mortificazioni. Riprensioni, esercizi d’umiltà d’ogni genere furono adoperati dalla austera maestra per formare quella giovane anima. La povera Novizia faceva male, sempre male… non dava mai segno o, se riusciva in qualche cosa, era tacciata d’orgoglio. Suor Teresa Margherita Redi affrontò coraggiosa tutte le umiliazioni, le prove più austere, con le quali lo spirito rigido della Maestra la sperimentava di continuo. Memore della promessa fatta di volersi assomigliare a Gesù, in occasione si ricordava delle umiliazioni che Egli sostenne fino alla morte di croce; pensava che chi non sa conformare la propria volontà a quella degli altri, non potrà mai essere perfetto, e perciò abbracciava col cuore la sua umiliazione e ne faceva l’unica espressione del suo pensiero. Con tali sentimenti la nostra giovinetta proseguiva il suo Noviziato sempre con lo stesso fervore; e - come affermano i suoi biografi - sempre con maggior spirito, rendendosi ammirabile nell’esercizio delle ammirabili virtù in modo superiore all’ordinario. Il metodo troppo austero che usava con lei la Madre Maestra, cagionava alle religiose compassione e pietà per la Novizia, ma non per questo l’altra cessava dal suo rigore, anzi si sentiva consolata e ringraziava Dio - come ebbe dipoi a confessare - di trovar sempre Suor Teresa Margherita << obbediente, fedele, costante e uguale a se stessa nella naturale sua ilarità di volto e nella pace del cuore >>. 
In quell’anno, che fu l’ultimo del suo ufficio, volle esigere dalle sue novizie più che in altri tempi esatta, minuta a tutto rigore l’osservanza dell’Istituto; ma soprattutto volle esigerlo dalla Serva di Dio, giacchè, avendo conosciuto qual grazia dava il Signore alla nostra Santa per soffrire la mortificazione, non solamente studiava di trovare difetto nella stessa sua virtù, onde riprenderla, ma le faceva debito di qualche mancanza delle compagne; in segreto però le proponeva sovente quel modello di perfetta novizia alle altre. 
Un giorno a Suor Teresa Margherita venne comandato d’imparare, durante la ricreazione, a pieghettare la biancheria fine della chiesa. L’obbediente giovinetta si alzò subito da sedere, e, per meglio osservare, genuflessa ai piedi della Madre sotto-Maestra, seguiva con grande attenzione tutti i movimenti con cui l’abile religiosa faceva quelle fine increspature. Poco tempo dopo, rivolta a lei con allegra vivacità: << Dia qua - disse - ( accennando il lavoro ) perché ho già capito come devo fare >>. Aveva appena pronunziate queste parole, che la Madre Maestra, li vicina: << Suor Teresa Margherita, - le disse - la credevo più umile; lasci stare e seguiti a imparare dell’altro >>. Riputandosi colpevole e degna di riprensione, si prostrò allora la Novizia con la faccia per terra, mentre la Maestra proseguiva: << Non sa che il fondamento della perfezione è l’umiltà? Cerchi di ricordarsene e si alzi >>. E la Serva di Dio, senza replicare e per niente turbata, si alzò e ringraziò la Madre in questi termini: << Nostro Signore le paghi la carità >>. Si pose quindi di nuovo ad osservare la Madre sotto-Maestra per meglio imparare il lavoro come le era stato prescritto. << La feci porre a sedere - così la Madre sotto-Maestra - e si continuò la nostra ricreazione con allegria, come se nulla fosse accaduto; ed io notai in lei un atto di grande virtù perché, avendo sofferto quella mortificazione, che non mi pareva che si fosse meritata, non ne mostrò alcun dispiacere, anzi comparve di volto ilare e tutta quieta e contenta; e molto più la notai perché, oltre all’aver continuato a parlare con ilarità e rispetto alla Madre Maestra, dato il segno del termine della ricreazione, nell’atto di partire per portarsi ciascuna al Signore Iddio perché non fosse tento superba; difetto che per altro io non riconoscevo in lei >>. 
Il silenzio e il prostrarsi a terra, come in simili occasioni si usa al Carmelo, erano l’unica sua risposta ad ogni riprensione. Tali prostrazioni, ordinariamente di breve durata, venivano prolungate assai per Suor Teresa Margherita, così che la poveretta se ne rialzava con viso contraffatto, benchè tranquillo e sereno. Con Santa Margherita Maria Alacoque, di cui si era prefissa di imitare la vita, in simili occasioni ripeteva anch’essa dal fondo del cuore: << Prendi ciò che il Sacro Cuore ti manda per unirti a lui! >>. 
Ma ella anelava a consacrarsi per sempre a Dio con la santa Professione: non potendo abbreviare quel tempo, troppo lungo per i suoi desideri, prima che terminasse il mese in cui aveva vestito l’abito religioso, il 7 Aprile, Domenica di Resurrezione, fece i tre voti col consiglio ed approvazione del Padre Gregorio Maria di Sant’Elena ( Italiani ) Carmelitano Scalzo, allora confessore ordinario del Monastero e poi provinciale. Nei giorni seguenti scrisse questa protesta obbligandosi ad osservarla esattamente fino al tempo determinato dall’obbedienza: << Mio Dio, Padre, Figliolo e Spirito Santo, alla presenza dell’infinita Maestà Vostra io Teresa Margherita del Cuore di Gesù, creatura vilissima, e la minima delle vostre serve, prostrata col più umile e vivo sentimento che posso, vi prego ad accettare quest’atto di rinnovazione de’ miei voti già fatti nella solennità del vostro gloriosissimo risorgimento , non perpetui, ma a tempo determinatomi dall’obbedienza, intendendo che questa rinnovazione sia un complesso di tutti gli atti di virtù ch’io possa praticare. Che perciò con questo mio sentimento che Voi mi ponete nel cuore con vostra bontà, alla vostra presenza, o mio Dio, davanti a Voi, o mio Sposo Gesù, davanti a Voi, Vergine Santissima, mia amabilissima Madre, chiamo in testimonio il mio Angelo Custode, il mio Protettore San Giuseppe, la mia cara Madre Santa Teresa, tutti i miei Santi Avvocati, tutti gli Angeli e tutti gli Eletti, acciò mi siano presenti alla mia costante protesta; anzi intendo di farla non solo alla presenza alla presenza di tutto il Paradiso, ma vorrei poterla fare in faccia di tutto il mondo, e la faccio nel cospetto di tutto l’inferno, perché tutto l’inferno sappia qual è e sarà sempre l’animo mio verso il mio Divino Sposo Crocifisso Gesù . 
<< io pertanto, o mio amatissimo Iddio, volontariamente, spontaneamente, e liberamente con tutto il pieno concorso della mia volontà, con tutto il gaudio del mio cuore, rinnovo, ratifico, e riprometto a Voi con voto, Obbedienza, Castità e Povertà nella forma e fin a quel tempo che mi è stato permesso e prescritto da chi sta in luogo vostro, e stabilmente Vi propongo di perpetuarmi in questi santi voti nel sospiratissimo giorno in cui dovrò fare la mia solenne Professione, alla quale io aspiro colla maggior vivezza del mio cuore, e con pienezza di desiderio. Deh dunque, mio caro Gesù, porgetemi aiuto, vigore e coraggio per rendermi degna di giungere a quel giorno felicissimo in cui desidero di più strettamente unirmi a Voi, e rendere compito, stabile e perpetuo il sacrificio di tutta me stessa a Voi, mio Divino, unico, e vero Bene. << Degnatevi intanto d’accettare queste mie sincerissime proteste, che per rendervele più gradite, Vi presento per mano di Maria Santissima, mia cara madre, in unione della sua esemplarissima povertà, della sua Immacolata Verginità, e della sua ammirabile obbedienza >> ( Questa protesta intitolata << Rinnovazione di spirito >> porta la data 1765 ). 
Era divenuta così umile ed era tanto compresa del proprio nulla, da credersi piena di difetti. Questo suo sentimento è bene espresso nei seguenti versi: 

Chi vide, seppe, immaginò, conobbe, 
Più misera di me fin dalla culla? 
E che son io dal dì che uscii dal nulla? 
Pugnano in me, più che Esaù e Giacobbe, 
Il vizio antico e la virtù fanciulla, 
Che mai si stanca e sempre si traslulla 
Senza dar tregua allor che Dio vorebbe. 

Al Confessore mostrava sempre un sommo timore dei divini giudizi, non solo per i grandi difetti che credeva ritrovare in sé, ma per non avere corrisposto, come ella diceva, alle grazie che continuamente e copiosamente riceveva da Dio. Per questo gli chiedeva di raccomandarla al Signore, perché << avesse misericordia di lei e non mirasse alla sua ingratitudine e infedeltà, o perché ella una volta si convertisse davvero; oppure, perché non le dovessero essere un giorno di eterna confusione tante anime, lasciate miseramente per imperscrutabili giudizi di Dio alla loro naturale debolezza, senza neppure una stilla di quella celeste rugiada, di cui ella tanto abbondava in quel terrestre paradiso >>. 
Questi sentimenti però non la mettevano già in quello scoraggiamento che è un’illusione del demonio e una prova d’orgoglio; ma, nutrendo essa l’anima sua di cordiale fiducia in Dio, le erano invece di incitamento maggiore ad opere più grandi e più virtuose per l’onore e l’amore dello Sposo Celeste. 
<< Da me nulla - ripeteva spesso - in Dio tutto; quanto in me sono più povera e miserabile, tanto più son ricca e forte in Lui. Egli sarà più glorioso nella sua misericordia, quanto sono in più vile e dispregevole nel mio nulla, nei miei peccati e nelle mie debolezze >>. 
Fu udita più volte ad esclamare: << Onde, o Signore, a me tante misericordie? Che vi ho reso di buono fino ad ora che non sia vostro interamente? Oh, quanto deteriorato ed infetto vi rendo ciò che è vostro, o mio Dio!… tuttavia mi sostenete sulla terra… >>. Mille e mille volte il giorno - così Mons. Albergotti suo biografo - faceva nel suo cuore questa mistica scala di Giacobbe, ed uscendo da essa sempre più umile quanto più ricca di virtù e di merito, desiderava di essere da tutto il mondo conosciuta per quale essa si reputava davanti a Dio, e di essere vilipesa dalle creatura, calpestata come la feccia peggiore della terra . 
<< Ma perché, Padre, - diceva un giorno il Confessore - il Signore permette che io non sia conosciuta da questi angeli in carne ( così chiamava le altre religiose ), per quella indegna che sono davanti a Sua Divina Maestà? Forse perché non serva loro di tanto scandalo? Oppure perché, essendo esse tanto buone, non sanno giudicare se non bene di chi è tanto cattiva? E Iddio perché permette che mi soffrano in questo loro paradiso e mi facciano tanto bene? Padre, per amore di Gesù m’insegni come posso far conoscere a queste sante religiose quello che io sono davanti a Dio: se crede che non sia scandalo, la prego di dire a tutte i miei difetti e le tante mie miserie, affinchè conoscano quello che io sono, che così me ne verrà gran bene, perché si muoveranno più a pietà di me nel raccomandarmi a Dio e non mi serberanno tutta la confusione al giorno del giudizio >>. 
Era tale la stima che aveva da tutti, che tutti reputava migliori di sé; quindi scusava e dava buona interpretazione alle azioni altrui, e non avrebbe mai finito di lodare a propria depressione non solo le religiose, ma anche le ragazze destinate al servizio del Monastero. << E’ una gran cosa, Padre, - diceva allo stesso Confessore -: tutte, anche queste povere ragazze, appena toccano la soglia di questo paradiso si fanno subito sante, ed io sono sempre peggiore un giorno più dell’altro, e non fo che essere di scandalo e di male esempio a tutte >>. E parlando delle religiose: << Creda, sono tutte sante e veri angeli. Sono vere figlie della Santa Madre Teresa; io credo che tutte si poterebbero canonizzare. A me pare che in loro non ci sia atto che non sia eroico; mi fanno una gran paura, mi fanno tremare, perché mi vedo tanto dissimile e lontana dai loro esempi: assolutamente non sono degna di stare sotto i loro piedi e di servir loro da vile pavimento. Questa è la pura verità: io credo però di essere a tutte di grande esercizio di pazienza e di virtù per i miei continui mali esempi, e non so come facciamo a soffrirmi. Arrossisco, e non ho ardire di alzare un occhio in faccia a loro >>. 
E ciò lo diceva con tanta persuasione, che il Confessore ne rimaneva ammirato e ringraziava Dio d’averlo eletto a guidare un’anima sì candida, in cui rigoglioso germogliava l’amore di Dio e il disprezzo di se stessa. 
Temi preferiti alle sue meditazioni erano le dolci parole di Gesù: << Imparate da me che sono mite ed umile di cuore >>: oppure le altre di San Paolo: << Si è umiliato e si è fatto obbediente fino alla morte >>. E bisognava che il Confessore fosse molto cauto quanto la Serva di Dio entrava in tali argomenti. Bastava infatti che le accennasse uno solo di questi tratti della vita umiliata di Nostro Signore, perché ella restasse priva di sensi, oppure, piena di confusione, esclamasse: << Questa sì, Padre, che è umiltà; questa è vera virtù ed eccesso di virtù; dove possiamo noi umiliarci, dopo un Dio così umiliato per noi? >>. 
Queste due virtù, amore di Dio ed umiltà, furono il fondamento della santità di Suor Teresa Margherita, e il principio della sua grandezza e della sua gloria. E l’umiltà le suggerì la santa abitudine, che non lasciò più fino alla morte, di andare ogni sera dalla Madre Maestra o dalla Madre Priora ad accusarsi dei suoi supposti difetti ed a pregarle umilmente a volerla mettere sull’avviso, scongiurandole - sono sue parole - << per l’amore che portavano a Gesù e per lo zelo che, come tanto buone, dovevano avere dell’eterna sua salute, a farle questa carità, che l’avrebbe gradita più di qualunque cosa del mondo >>. Ed esse erano costrette a contentarla. Ma molte volte, per appagare i suoi umili desideri, per non dire ciò che in lei non ritrovavano, le parlavano della perfezione della regolare osservanza, oppure di qualche eccellenza di qualche virtù; e così ella rimaneva contenta, perché prendeva ciò che dicevano come veri avvisi di difetti da lei commessi. Quindi tutti quei buoni avvertimenti che dalla Superiora si davano nei Capitoli conventuali o altrove, li applicava a se stessa e, umiliando davanti a Dio, soleva dire: << Alle altre sono avvisati i difetti per loro esercizio d’umiltà, ma io sono la rea e la vera difettosa >>. Pochi mesi di noviziato erano bastati a farla giungere ad un più alto grado di umiltà; ad imitazione di Gesù, più che di parole, essa era umile di cuore. 
Un grazioso fatto registrato nei Processi Canonici, avvenuto circa un anno avanti la sua preziosa morte e che ci piace anticipare e riferire qui perché rientra nella materia del presente capitolo, rivela ancor più quanto profonda fosse la sua umiltà. Una sera, dopo cena , la Santa si recava alla ricreazione con le sue consorelle. Una di esse, di carattere allegro e vivace, Suor Teresa Crocifissa di Gesù, al secolo Albergotti, che fu tanta parte per la venuta al Carmelo, dopo aver sussurrato qualche parola alla Madre Priora, dice ad alta voce: << Sorelle, stasera ha da far baciare una reliquia insigne >> e facendo il giro delle Religiose porge loro un involtino di carta, che tutte baciano con devozione, me senza sapere di che santo fosse quella reliquia, giacchè Suor Teresa Crocifissa non lo volle dire. Arrivata al turno di Suor Teresa Margherita: << Lei - disse - bisogna che si metta in ginocchio per baciarla >>. E la Santa sempre mite ed obbediente, sorridendo, s’inginocchia e bacia devotamente la reliquia. Dopo che l’ebbe baciata, Suor Teresa Crocifissa dice: << Vogliamo sapere di che santa è questa reliquia. Sono i capelli di Suor Teresa Margherita! >> ( La preziosa carta in cui furono involti i capelli della Santa, si conserva ancora in Monastero e sopra porta scritto, di carattere di Suor Teresa Crocifissa, queste parole: << Reliquia insigne che applicata con grande fede a qualsiasi male, se ne spera la perfetta guarigione >>. ). 
Le Religiose risero dello scherzo, ma la Santa tutta rossa in viso, umiliata e confusa corse a nascondersi. In verità fu uno scherzo un po’ strano, eppure oggi è divenuto realtà: la più insigne reliquia della Santa che tutti possono baciare sono appunto i suoi capelli, giacchè il suo corpo incorotto ed intero non può essere toccato da alcuno. 
Intanto Suor Teresa Margherita ricomparve agli atti comuni ancora confusa, ma, piena di umiltà e non parlò mai dell’accaduto. Solo quando, qualche tempo dopo, Suor Teresa Crocifissa trovandosi sola con lei, gli ne fece cenno, la Santa affabilmente e senza nessun risentimento le disse: << Da lei non mi sarei aspettata una simile celia >>. 
Per le cose che riguardavano lo spirito, il suo amore al nascondimento era ancora più ammirabile. I doni che riceveva da Dio mai li palesava ad alcuno, tanto era industriosa nell’osservare il proposito fatto, d’imitare Gesù nella vita nascosta. Il suo contegno esteriore, sempre composto, che la faceva apparire astratta ed occupata mentalmente in una continua meditazione e in un profondo raccoglimento di spirito, fece nascere in alcune delle sue consorelle il dubbio che tale applicazione fosse effetto di melanconia e che potesse in seguito pregiudicare alla stessa sua salute corporale. Se ne informò il Padre Provinciale, allora Padre Vincenzo Maria del Santissimo Sacramento, il quale, dopo avere esaminato la Serva di Dio, rassicurò le religiose dicendo: << Che stessero pure in pace, perché quella non era melanconia né poteva recare alcun pregiudizio alla sanità: avrebbe anzi desiderato che tutte le religiose avessero patito di simile melanconie, come era quella di Suor Teresa Margherita >>. Anche il Padre Generale dell’Ordine, in altra occasione, aveva detto alle religiose: << Oh, madri mie, le vorrei tutte com’è Suor Teresa Margherita! Ciò è affetto del lavoro interno che ella ha continuamente con Dio >>. E una religiosa d’allora lasciò questa testimonianza: << Credo che fosse effetto della sua continua presenza di Dio quel mostrarsi così astratta, che alle volte pareva sbalordita, e per farci credere che provenisse veramente da tal difetto, sorridendo ci raccontava che di ciò se ne era avveduto ancora suo padre e che per riscuoterla soleva dire: “ Signorina Anna Maria, torni a noi ” e nell’ultimo di sua vita, occorrendole andare al parlatorio dalla Signora Alessandra Borghesi, quando fu per prendere congedo, s’inginocchiò a chiederle la benedizione, e dopo partita raccontò a più d’una di noi questa sua balordaggine ( come ella la chiamava ) dicendo: “ Mi pareva di parlare con mia madre ” >>. 
<< Abituarsi alla mortificazione della vista - così la Madre Anna Maria di Sant’Antonio da Padova - in tutto il rimanente del tempo di sua vita stette sempre con gli occhi bassi e colla mente a Dio elevata, come io e queste mie consorelle avevamo compreso dal vedere che nell’andare per il Monastero non guardava ove si portasse, onde ne seguì molte volte battè la testa or nelle imposte delle finestre del dormitorio, ed or nelle inferriate di quelle che abbiamo nei corridoi del loggiato, e così fu da me e da altre religiose osservata, e per essere ella così immersa nella contemplazione non eravamo da lei vedute né osservate, onde ne seguiva che, improvvisamente chiamata, si riscuoteva, ed in una di quelle volte in cui la vidi imbattersi in una delle dette inferriate, avendola ripresa perché non v’avesse avvertito, tutta umiltà mi rispose: “ Ha ragione, cercherò di osservarvi per un’altra volta ”, rimanendo piuttosto confusa sembrandole aver commesso un qualche difetto >>. 
Per i ministri del Santuario e molto più per i prelati della Chiesa e dell’Ordine aveva sommo rispetto e profonda venerazione. << Parlava loro - afferma il Padre Idelfonso - sempre in ginocchio e con somma riverenza e il puro necessario o per l’anima sua o per rispondere con brevissime ed ossequiose e quasi tremanti parole alle loro interrogazioni, come io stesso posso testificare e testifico rapporto a me, col quale, attesa la continua e sincera comunicazione del suo spirito, pure doveva avere maggiore confidenza che con qualche altro, e come generalmente ho udito e in qualche occasione da me veduto, da lei praticato con tutti i sacerdoti e religiosi avanti ai quali si fosse trovata. E quante volte si presentavano al parlatorio alcuni prelati, sì dell’Ordine come di fuori di esso, e che fosse occorso dovervi andare tutta la comunità, ella se ne stava per ordine al suo posto, come tutte le altre, ma alquanto indietro, tutta modesta nel volto e raccolta profondamente nel suo spirito… Simile riverenza portava poi a tutte le religiose che rimirava come persone dilette a Dio, e nel tratto con esse traluceva sempre sommo e profondo rispetto qe quel sentimento intimo che di loro aveva che fossero come tanti angeli del Paradiso in terra. 
Dotata di una semplicità estrema, ella rifuggiva altresì da qualunque dimostrazione di stima e d’affetto. A lei bastava l’amore del suo Dio. In occasione della vestizione religiosa di Suor Teresa della Santissima Concezione ( Ricasoli ), che ebbe luogo nell’Ottobre di quello stesso anno 1765, essendo entrata in Monastero Maria Luisa Granduchessa di Toscana e le dame del suo seguito, rapite dalla singolare angelica modestia della Serva di Dio, e più del candore di santità, che, come attastano molto, le traspariva dal volto, le si accostarono rivolgendole benevoli parole. Suor Teresa Margherita arrossisce a tali segni di distinzione, abbassa gli occhi, non parla, risponde gentilmente con gesti ed atti di ossequio, e si ritira dietro le altre religiose per non essere più osservata. Ma ancora più ammirabile fu quest’amore al nascondimento per ciò che riguardava la nobiltà dei suoi natali. Aborriva talmente proferirne parola, che, se costretta, ne rimaneva dispiacentissima, animata sempre dallo spirito della Serafica Santa Teresa, la quale lasciò scritto alle sue figlie: << Non dirai mai cosa propria che meriti lode, come del tuo sapere, virtù o linguaggio, se però non si spera probabilmente che ciò sia per recare grande umiltà, ed allora lo dirai con umiltà e considerazione, attesochè sono doni della mano di Dio >>. 
Il fiore dell’umiltà era dunque sbocciato per la pia Novizia! Possedeva già quello spirito vero di quella virtù che, secondo San Francesco di Sales, consiste non nel fare qualche atto, ma bensì nel compiacersi dell’umiliazione, nel ricevere l’abiezione in ogni cosa. E il sommo; l’umiltà spinta fino al grado eroico. Quest’Angelo toccava ora quella nobile e ferma virilità, chiamata da San Paolo << l’età perfetta del Cristo >> ( Ad Ephésios, IV, 13, 14 ). 

FONTE: 
Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano