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martedì 31 maggio 2016

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA * 1747 + 1770 - PARTE QUARTA.




Teresa Margherita Redi 
del Sacro Cuore di Gesù 
Monaca Carmelitana Scalza 
 (Teresiana) 
Santa 
*1747 +1770 

Anna Maria cresceva intanto nella pietà e nelle scienze, e poteva dirsi il modello dell’educandato. In breve era divenuta così umile, che amava fuggir sempre qualunque singolarità e di non far cosa che in alcun modo la distinguesse dalle altre. L’umiltà era come la via che la conduceva alla santità. 
Per amore a questa virtù, e perché le altre la stimassero migliore di loro, anche col Confessore si tratteneva solamente il tempo necessario alla sacramentale confessione. Così, per questi riguardi e timori, ella non aveva aperto mai ancora intermente il suo cuore al alcun direttore di spirito. 
Dio solo ne conosceva il segreto. Ma dopo che ebbe fatta la prima Comunione, s’accorse che l’anima sua non aveva che un pensiero, che una parola, che un amore, che uno scopo in tutte le azioni: Gesù, lo Sposo Immacolato che le domandava tutti gli affetti e tutto il cuore. Come fare? Come seguire questo impulso divino, senza timore di errare, se ella mancava di una guida che la dirigesse per i sentieri meravigliosi a cui la chiamava il Signore? 
Da se stessa conobbe la necessità di comunicare il suo interno a qualche prudente e saggia persona, e specialmente d’interrogarla sopra alcune difficoltà che incontrava tra il volersi celare agli occhi altrui e il voler praticare con tutta perfezione le virtù in modo da piacere sempre più a Dio. << Combattuta così dall’umiltà e dall’amore - ci dice un suo biografo - non sapeva la buona giovinetta a qual partito appigliarsi per secondare l’amore senza pregiudizio dell’umiltà >> ( Mons. ALBERGOTTI ). 
Pensò un poco; e, ricordandosi delle buone e virtuose istruzioni ricevute dal Cavaliere suo padre, stabilì di tenere con lui un carteggio più frequente che potesse supplire alla mancanza del direttore spirituale. In tal modo, per una disposizione amorosa della Provvidenza che non ricordiamo aver letto in altra vita di Servi di Dio, la nostra Santa fino dai suoi primi passi nel cammino luminoso della virtù ebbe a maestro di perfezione lo stesso suo padre, ricevendo così il primo indirizzo della vita spirituale da colui dal quale riconosceva la vita temporale. 
A lui scriveva lettere << piene di sentimenti altissimi a Dio e di finissima perfezione cristiana >> : lettere che egli bruciava volta per volta per appagare gli umili desideri di lei. 
Quanto è mai buono e fedele Dio! Quali vie apre e di quali mezzi provvede quelle anime che lo cercano con semplicità cuore! Ma chi incomincia a condurre vita perfetta, è senza dubbio nella necessità di un padre spirituale. Anna Maria sentiva questa necessità. L’aprire il proprio cuore a suo padre le fu molto vantaggioso, è vero: ella stessa lo attestò quando disse che << ne aveva trovato tanto vantaggio ne suo spirito per i buoni effetti provati, che sempre, finchè visse, si credè obbligata al padre suo, più di quello che non fosse per la stessa vita temporale >>; ma ora che in quei giorni Iddio mandava a quel Monastero un pio e dotto confessore, certo Don Pietro Pellegrini, era tempo che le aprisse l’animo suo a questo esperto direttore di anime. 
Per consiglio dello stesso genitore, non indugiò a presentarsi a quel sacerdote, il quale rimase fortemente meravigliato di tanta innocenza. Esaminata alquanto la sua ordinaria condotta, trovò che era mirabilmente guidata da Dio ad una eminente perfezione. 
Pensò come avrebbe potuto aiutare quell’anima << tanto ben disposta - sono sue parole - a volare nella via di Dio >>. Finalmente risolve, con fine accortezza, di non distoglierla dalla pace del suo tanto amato nascondimento, non obbligandola a lunghe conferenze di spirito che avrebbero potuto essere facilmente notate; né di lasciarla senza qualche cultura, perché potesse fare maggiori e più veloci progressi nell’orazione mentale e nella pratica delle virtù. Quindi, valendosi solo del giro ordinario delle confessioni destinato a tutte le educande, le dava brevemente e senza la minima apparenza esteriori quei lumi che credeva opportuni, vedendo per esperienza che con lei bastavano pochissime parole per ottenere subito anche più di quello che bramasse. Le approvò quindi alcune maniere di mortificazione; e fra altre dopo molte istanze, le permise di fare qualche volta la disciplina. Non avendo questo strumento e non conoscendo il modo con cui la praticavano le religiose, parlando con la Madre Teresa Luisa Ridolfi, che tanto l’amava, fece cadere il discorso su tale argomento. E seppe far così bene, che non solo quella Madre le concesse di provare quello - come diceva la giovinetta - che facevano le Monache, ma le procurò un luogo appartato perché potesse compiere più liberamente quell’atto di mortificazione, senza che alcuno se ne accorgesse. 
Quale sete inestinguibile di umiliazione e di penitenza non scorgiamo già in questa anima amante! Quali sante industrie per lavare e purificare maggiormente il suo cuore! E a queste mortificazioni si univa l’oblio, il disprezzo, il sacrificio completo di tutto ciò che non fosse Gesù o per Gesù. 
Ella sentiva disgusto per ogni altra bellezza che non fosse il suo Dio, e fin d’allora << con quegli occhi che dovevano contemplare un giorno Cristo, sdegnò guardare qualsiasi altra cosa >>. ( S. HIERONIMUS DE S. JOANNE BAPT. ). 
Tali penitenze e mortificazioni era solita praticare in particolar modo nelle novene e nei tridui precedenti le feste della SS. Vergine, di cui era devotissima. 
Per Lei aveva una tenerezza particolare: era la sua cara Mamma Celeste, e l’amava con affetto filiale, lieta di presentarle continui ossequi, di darle qualche segno determinato d’amore. Erano per Gesù e per Lei tutte le sue mortificazioni; era in modo particolare per Lei, per imitarne gli esempi, che sacrificava anche i più piccoli desideri, benchè pii e santi, quando non fossero voluti dall’obbedienza. Ne parlava spesso; e passando davanti davanti a qualche immagine ( che se ne trovavano molte nel Monastero ) non poteva non dimostrare con qualche atto esterno la sua devozione, fermandosi quasi estatica, mirandola con tenerezza sfogando i suoi più accesi affetti verso la Regina degli Angeli. 
Nella sua cameretta, fin da piccola, teneva sempre una statuetta della Madonna: davanti a quell’immagine aveva passato molte ore della notte pregando la Vergine a renderla buona, virtuosa e santa. La Vergine benedetta non poteva lasciare senza ricompensa tanto amore, e, fin d’allora, le dette prove della sua predilezione materna. Una sera dei primi del 1673 la fanciulla scendeva le scale, tenendo nelle mani uno scaldino con ardenti carboni. Ad un tratto sdrucciola, sente mancarsi gli scalini sotto i piedi e, coscia del pericolo, invoca ad alta voce la Madonna. 
Prodigio! Si trovò, senza saper come, sana e salva in fondo alle scale davanti ad un’immagine quivi venerata. In memoria di così segnalata grazia fu appeso a quell’immagine un voto d’argento; e questo fatto restò tanto impresso nella memoria della giovinetta, che ne parlò spesso durante il breve corso della sua vita. 
Maria l’aveva dunque soccorsa, l’aveva salvata!  
Questo pensiero ricolmò di gioia la fanciulla, ed in cuor suo promise di voler ricopiare in se stessa la santità di sì buona Madre. Quanto doveva esser cara a Maria questa promessa! Quali rivi di grazie non avrà diffuso su questa anima privilegiata! E se Maria è la sola creatura che possa sul Cuore di Dio ciò che vuole ( cantava l’Alighieri: 
Amor ti prego, Regina, che puoi 
Cio che tu vuoli….. ) Paradiso, XXXIII, 34-35 
come si sarà impegnata presso Gesù, perché questo fiore venisse trapiantato nel suo diletto Carmelo! 
E già una voce arcana risuonava nel cuore della giovinetta: un desiderio vivo, chiaro, la invitava a fuggire il mondo tristo, cattivo, e a raccogliersi sicura all’ombra del Chiostro. 
Era questa la voce del Diletto? Era vera vocazione? E qual’era l’Ordine a cui Dio la chiamava? 

FONTE: 
Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano

martedì 24 maggio 2016

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' - MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA * 1747 + 1770 - PARTE TERZA.




Teresa Margherita Redi 
del Sacro Cuore di Gesù 
Monaca Carmelitana Scalza 
 (Teresiana) 
 Santa 
 *1747 +1770 

La prima Comunione segnò per Anna Maria un secondo passo per Gesù. Questo giorno l’aveva bramato con ardore fino dai suoi teneri anni. I soavi effluvi dell’Ostia di amore l’avevano spesse volte commossa, l’avevano rapita; ma ora che il suo desiderio stava per realizzarsi, non poteva frenare la sua commozione e sentiva che il suo cuore era ripieno di una tenerezza infinita. 
Le era stato insegnato che nel Sacro Tabernacolo palpita non solo l’amore, ma il cuore stesso dell’amore; quel cuore che è il Santuario della divina carità; quel cuore che ama tanto gli uomini e che spasima il desiderio di essere conosciuto e riamato nel Sacramento dell’amor suo. Questo cuore l’attraeva con le sue fragranze ed ella se ne innamorò prima ancora di ben conoscerlo e di provarne i mirabili effetti. Un amore ardente verso il Divin Sacramento divenne, anzi, la gloria sua e il suo programma, accendendosi fin d’allora nella sua anima brame sempre nuove di virtù, desideri grandi di santità, aneliti d’amore purissimo. 
Per prepararsi a ricevere la prima volta Gesù avrebbe voluto passare molte ore del giorno davanti al Santo Tabernacolo; ma come ottenere il permesso? 
Altri doveri l’attendevano; quindi, non potendo il giorno, consacrò all’orazione alcune ore della notte. Ed era contenta di poter offrire questo suo sacrificio al Signore, persuasa che ciò resterebbe palese soltanto a Gesù e a lei; ma s’ingannò. 
La curiosità delle compagne, che già s’immaginavano qualche cosa, crebbe tant’oltre che riuscirono ben presto a scoprire il segreto, ed ecco come. La sua sorellina Eleonora, data la sua tenera età, era stata posta a dormire nella camera medesima della Serva di Dio. Di questa creaturina si servirono le compagne per venire a conoscenza di quanto sospettavano. Seppero far così bene, che quella semplicetta narrò che Anna Maria passava alcune ore della notte in orazione. Ciò fu come una freccia al cuore della nostra Santa; se ne rammaricò fortemente con la sorella, la sgridò, pianse; ma il segreto era ormai svelato. 
Giunse finalmente il gran giorno, e fu come balsamo al suo dolore. Esaminò nuovamente la sua vita così pura ed innocente e, sembrandole vedervi qualche macchia, volle detergerla con una confessione generale. Il suo cuore era dunque pronto per ricevere l’Ospite Divino; la preparazione era stata lunga, come lunga fu quella dell’angelico Luigi, di cui aveva voluto seguire l’esempio. La notte che precedette il gran giorno Anna Maria non potè dormire; l’alba la trovò alzata in orazione. Ma quanto fu commovente la scena di quella mattina quando, inginocchiata davanti alle maestre, chiese perdono delle tante colpe che diceva di aver commesso! Poi, vestita di un abito candido, avvolta in bianco velo, si appressò all’altare. E quando il sacerdote scese i gradini e le presentò la candida Ostia, la fissò con uno sguardo di indicibile felicità, e nei suoi occhi brillarono le lacrime. 
Era la mattina dell’Assunzione della Vergine dell’anno 1757. 
Come esprimere le soavi dolcezze del suo cuore? In quel momento sentì che possedeva l’Infinito, che tutte le sue brame erano appagate; si sentì grande, sublime, perché stringeva al suo cuore Dio. Allora le parve che la fragranza dei fiori, che fin da bambina aveva attratto il suo cuore, non avesse che una impercettibile somiglianza col profumo di cui imbalsamava la sua anima questo Fiore divino. Tutte le armonie della terra non avrebbero potuto darle un’idea della melodia soave di quella voce che ora le ripeteva al cuore, come un dì a Santa Margherita Maria Alacoque: 
<< Io sono la tua vita, tu non vivrai più che in me e per me >>. 
In uno slancio, in un trasporto di purissimo amore, pensò allora che cosa avrebbe potuto trovare di meglio per offrirlo a Gesù. Trovò che questo non poteva essere che il suo cuore, la sua volontà, tutta se stessa: e, senza esitare, si donò interamente a Lui. Questo fu il suo trionfo sul Cuore di Gesù: Dio la << accolse e gradì come l’ostia d’olocausto >> ( Sap., III, 6 ). 
Da quel momento il Divino Amante avrebbe lavorato l’anima di Anna Maria: l’avrebbe formata più dolce, più umile, più semplice, più pura, perché potesse essere un giorno uno dei più leggiadri fiori del Carmelo Riformato. 
La gioia era dunque piena, completa: per tutto quel giorno sul suo volto di angelo apparve come il riflesso di una luce che lasciava chiaramente conoscere quale fosse stata l’intensità del fuoco, che durante la Comunione aveva acceso il suo cuore. Così trascorse quel giorno solenne, memorabile; giorno foriero di altri più lieti, nei quali il Cuore di Cristo avrebbe fatto sbocciare in quell’anima eletta fiori ridenti e fragranti di ogni virtù. 
La soavità e la dolcezza di quel giorno, i favori che ne riportò, lasciarono un’orma profonda nel cuore di Anna Maria. L’amore e la riconoscenza crebbero del pari con la grazia divina. Ogni volta che dipoi si accostò alla Santa Comunione, lo fece sempre con la stessa preparazione, con crescente fervore. 
<< Penetrata profondamente della santità del grande Mistero - si legge nelle memorie d’allora - portava ogni volta alla Sacra Mensa le medesime disposizioni e il medesimo cuore. Il frutto che ne raccolse fu una cautela sempre più vigilante nel fuggire l’ombra stessa di ciò che potesse dispiacere a suo Dio, una sollecitudine sempre più operosa nel cercare fedelmente in ogni azione il maggiore piacimento di Lui >>. 
Ma quali non furono le sue apprensioni, i timori di quel vergine cuore, quando riflettè che portava il tesoro delle sue virtù in vaso di creta fragile, e che avrebbe potuto, anche con la più piccola colpa, dispiacere a Gesù? 
Una volta concepì tale timore di esser caduta in un peccato veniale, da piangere una notte intera, e ne ritrovò la pace se non quando, rassicurata dal Ministro di Dio non essere la sua che una vana apprensione, udì dirsi: << Vai in pace, bambina mia; l’assoluzione non è necessaria; non ci pensar più >>. 
Da una tal vita al Chiostro è breve il passo. Mancava solo la voce del diletto che la chiamasse: questa voce non si farà molto attendere. 

FONTE: Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano

giovedì 19 maggio 2016

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' - MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA * 1747 + 1770 - PARTE SECONDA.




Teresa Margherita Redi 
del Sacro Cuore di Gesù 
Monaca Carmelitana Scalza 
(Teresiana) 
Santa 
*1747 +1770 


Come fiore su di un’amena pendice, Anna Maria cresceva tra le pareti domestiche, obbediente alle giornaliere lezioni di timore di Dio, che le prodigava la buona madre. L’amore di Dio, che così grandemente sperimentava in se stessa era come ardore interno destinato a favorire una fioritura più lussureggiante di virtù. La madre godeva e ringraziava Dio di averle dato una figlia tanto cara e tanto obbediente; e, prima che alito profano venisse ad annebbiare quel candido cuore, prima che ogni altra rugiada all’infuori della sua parola lo irrorasse, con accenti inesprimibili le veniva ripetendo che il primo e miglior modo di piacere al Signore è l’obbedienza, l’onore e il rispetto ai genitori. Questi insegnamenti materni operavano meravigliosamente sopra quel cuore tanto proclive al bene, assimilativo di tutto ciò che veniva da Dio. 
Narra la stessa sua madre che molte volte se la vedeva comparire davanti camminando in ginocchio, tutta gioviale e ridente; ed in tale posizione le esponeva i suoi desideri. << Perché - le diceva allora - non cammini coi piedi e vieni in ginocchio? >>. Ed ella, usando grande disinvoltura per nascondere quell’atto di rispetto e di venerazione verso di lei, tutta lieta rispondeva: << Perché così mi diverto e mi fa bene! >>. 
Suo fratello Francesco Saverio ce la descrive, a quell’età, dedita alla preghera e intenta al lavoro. << Attesa la mia piccola età - così egli - mi ero un giorno arrampicato agli scalini della porta per vedere i miei fratellini che facevano il chiasso. Anna Maria faceva la calza con gli occhi bassi, e, come capisco adesso, in orazione. Essa era così assorta in Dio, che non dette segno di vedermi; ma io mi soffermai a guardarla e, vedutala in quell’atteggiamento, dissi fra me: - quanto è buona e come assomiglia ad una madonnina! - >>. 
Non era difficile, a chi l’avesse osservata, scorgere nei suoi modi di fare come un riflesso dell’efficacia esercitata sopra di lei della madre, così intensamente rianimata e profondamente venerata. Queste benefiche << influenze >> avevano arricchito il tesoro morale di quell’anima, che già sentiva un certo qual desiderio di donarsi a Dio tutta e per sempre. 
La sua fanciullezza fu come un’alba limpidissima raggiante d’incantevoli splendori. L’anima sua era come una terra feconda di fiori, i quali al primo bacio del sole aprono le loro corolle olezzanti: dal suo cuore si alzava uno stuolo di desideri santi, simili a’ gemiti della colomba, che << nei forami delle pietre saluta la stagione d’amore >> ( Cantica, II, 12 ). Essa aveva per il << dolce incantatore delle anime >> ( TERTULLIANO ) amore e cantici: sembrava che, riversandosi nel cuore di lei, la poesia dei fiori, dei campi e delle acque, innalzasse al suo Dio in cantico melodioso. Era tempo dunque che quell’angelo tutto ardente 
…… di quel caldo 
che fa nascere i fiori e i frutti santi, ( DANTE, Paradiso, Canto XII.) 
venisse affidato ad una cristiana e squisita educazione, perché si fornisse di un corredo di belle doti e di utili cognizioni a compimento di ciò che aveva appreso sulle ginocchia  materne. 
Ed i buoni genitori, benchè al pensiero di doversi separare dalla loro bambina, provassero una stretta al cuore, stabilirono di porla nel monastero delle Benedettine di Santa Apollonia in Firenze, dove si educavano le giovinette di nobili condizioni. Giunta a Firenze e condotta dal padre a Prato a far visita al fratellino Gregorio, che si trovava in educazione nel Collegio Cicognini, dette prova di una saviezza superiore alla sua età; con delicato sentimento di riverenza verso il genitore, narrò al fratello come il padre avesse smesso anche l’uso della carrozza per dare ai figli migliore educazione. Dipoi, il 23 Novembre 1756, entrò nell’educandato di Santa Apollonia, e il 9 Febbraio dell’anno seguente vi riceveva il Sacramento della Cresima da Mons. Francesco Gaetano Incontri, Arcivescovo di quella città. 
Sentì assai la nostra fanciulla il distacco della famiglia: ma lieta di trovarsi nella casa del Signore, si applicò tutta ai suoi nuovi doveri. Intanto che ella apriva la mente alle più elette cognizioni delle lettere e delle scienze umane, il cuore le si schiudeva alle soavi dolcezze di quella religione che getta nelle anime amanti il seme della santità e della beatitudine. 
Del più tenero amore di Dio erano i suoi discorsi, d’amore i suoi sospiri; tutte le sue azioni spiravano il divino amore: era veramente l’Angelo del Monastero di Santa Apollonia, esempio luminoso alle compagne, oggetto di compiacenza alle maestre, cara a Dio e agli uomini. << Alla maestra - così un suo biografo ( Mons. Albergotti ) - era obbediente come ai propri genitori; mai ne trascurò un comando, sebbene molte volte ciò le costasse il sacrificio più tenero che potesse fare di alcuni suoi spirituali esercizi >>. 
Era così affabile e condiscendente con le compagne, che tutte cercavano la sua compagnia; e per questo molte, edificate dai suoi esempi, bramavano conferire con lei delle cose dello spirito, passando molte volte la ricreazione in santi e devoti discorsi. Modesta, tranquilla, allegra, non perdeva mai di vista l’Ospite divino sotto il cui tetto viveva, e usciva talora con le compagne in quest’espressioni: 
<< Mentre noi ci divertiamo, Gesù pensa a noi! >>. 
Essendo stata posta in educazione nello stesso Monastero sua sorella più piccola, di nome Eleonora, quelle religiose, scorgendo la savia e prudente condotta della Serva di Dio, affidarono alle sue cure non solo la sorellina, ma anche le altre piccole educande. Insegnava loro i lavori, le istruiva nelle meditazioni, nell’esame di coscienza, e soprattutto nella preparazione al Sacramento della Penitenza. Alle più diligenti e devote prometteva sempre qualche dono; al bisogno le riprendeva con modi dolci, e con somma amorevolezza insegnava loro quelle preghiere che aveva apprese nella casa paterna. In breve tempo si guadagnò quei piccoli cuori; tutti l’amavano teneramente, con somma contentezza delle religiose, le quali vedevano il profitto che le bambine ricavavano dai buoni esempi della Serva di Dio. 
Era così amante della pratica delle virtù, che fin d’allora cominciò ad assegnarsi ogni giorno l’esercizio di una di esse in particolare, secondo la festa del Santo che correva. P. e: << Oggi in onore di Santa Scolastica, mortificherò tutti i miei sentimenti e specialmente la lingua >>. 
La sua vita di educanda non fu che un continuo intreccio di preghiera e di studio. Preghiera e studio: ecco le sue parole che esprimono quanto di più grande può in sé avere un’anima bennata ed alle quali, secondo i consigli dei genitori e delle maestre, ella doveva ispirarsi. 
Lo studio era il suo punto d’appoggio, l’amore di Dio e la preghiera erano le ali che, come aquila, dovevano innalzarla ad una conoscenza più aperta delle pure e radianti bellezze della religione. Studiosa e buona, non mirava che all’esatto adempimento d’ogni dovere, mezzo sicuro per spingersi sublime nelle vie della perfezione cristiana. Che meraviglia dunque se ella vi si incamminava a passi da gigante? 
Tanta virtù in una bambina di dieci anni senza dubbio recherebbe stupore, se lo Spirito Santo non ci avesse insegnato che la maturità degli anni non si misura dal numero dei giorni vissuti, bensì dai sentimenti ai quali l’uomo informa il suo vivere. ( Sap., IV, 8-9 ). 

FONTE: Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano

sabato 14 maggio 2016

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' - MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA * 1747 + 1770 - PARTE PRIMA.



Teresa Margherita Redi 
del Sacro Cuore di Gesù 
 Monaca Carmelitana Scalza 
(Teresiana) 
 Santa 
*1747 +1770 

Nel pomeriggio di un giorno d’estate del 1752; nel giardino domestico di villa Redi presso Arezzo si ricreava una graziosa fanciullina, cogliendo dalle aiuole alcuni fiori che, lieta, correva poi a deporre sul sedile di pietra dove si trovava la mamma, ricevendone in cambio una carezza o un dolce sorriso. Le fattezze soavi, e leggiadre della madre, che, con un lungo sguardo d’amore, stava osservandola in ogni suo piccolo movimento, rivivevano in quelle della fanciullina, la quale, per la sua bellezza e più per il candore dell’anima innocente, che la traluceva dal viso, si sarebbe detta uno di quegli angioletti vagheggiati dall’Angelico nelle sue visioni di artista e di mistico. 
Come era graziosa quella creaturina quando, colti uno o due fiorellini, unendogli agli altri che teneva in mano, si sforzava aggiustarli a guisa di mazzolino! Con dolce sorriso li guardava e se compiaceva, perché avevano come un fascino potente sul suo tenero cuore, che già inneggiava con purissimo amore a quel Dio, cui tanto è caro il candore della semplicità e dell’innocenza. 
Dopo che le parve averne colti abbastanza, corse tutta raggiante di gioia alla madre, perché formasse di quei piccoli gruppi un unico mazzo; poi, gettatasi nelle sue braccia, le accarezzò con le tenere manine le guance, e, guardandola fissa negli occhi con un sorriso d’innocenza e di dolcezza, ad un tratto esclamò: - Bastano per oggi non è vero, mammina cara, questi fiori per Gesù? Dimmi dunque: di chi è Dio? Ho udito che è grande; e quale è la sua grandezza? E se vogliamo volergli bene sopra tutte le cose, io, così piccina, che cosa dovrò fargli per piacergli?
E la madre, commossa da queste innocenti domande della sua bambina, soddisfece, come già altre volte, ai desideri di lei, parlandone, in modo facile al suo intendimento, di Dio, della sua grandezza, dell’amore dimostrato all’uomo nella creazione; narrandole, poi come avesse voluto abitare con gli uomini al solo fine di essere riamato; ed infine concluse che Gesù, più dei fiori, ama i cuori amanti, quei cuori che non aspirano ad altro che alla virtù e alla santità. 
Ed oh come allora sussultò nel suo piccolo petto quel cuore già così grande! Il desiderio di farsi santa per piacere a Gesù fu il proposito che concepì nella sua mente. Un bacio in fronte alla madre fu il ringraziamento di quella istruzione, e come il suggello del patto, che faceva con se stessa, di essere ciò sempre più buona e virtuosa, per piacere a Gesù. 
Il Cav. Ignazio Redi, aretino, e la Signora Camilla Ballati sua consorte d’illustre famiglia senese, erano i proprietari di quella villa, le cui memorie di fatti e di persone registrate nella storia, ne avevano rese venerato ed illustre il casato. Famiglia nobilissima e nello stesso tempo timorata di Dio, aleggiava in essa sovrano quello spirito di cristiana pietà che oggi purtroppo in tante famiglie viene rimpianto come lontana memoria di un’età più felice. 
Iddio li aveva regalati di quell’angelo di bambina che abbiamo veduto scherzare nel giardino domestico e che, al nostro sguardo, ha lasciato trasparire un raggio di quella santità che l’avrebbe resa una delle gemme più fulgide e preziose della sua patria. 
Aveva cominciato a gustare le prime aure della vita il 15 Luglio 1747, vigilia della festa di Maria SS. del Carmine; e, nel giorno dedicato alla Vergine, l’angioletto sorgeva immacolato dalle acque battesimali col nome di Anna Maria. Suo padre ci lasciò questa memoria: << Le feci amministrare il SS. Sacramento del battesimo il 16 Luglio 1747 nella Chiesa Cattedrale di San Pietro di Arezzo, e le fu amministrato dal Sig. Canonico Giovanni Battista mio fratello, e fu compare la chiara memoria dell’Eminentissimo Sig. Cardinale Enrico Enriquez, allora Legato di Ravenna, e per esso fu alzata al Sacro Fonte da Monsignore e Balì Gregorio Redi, mio Padre >>. 
Oltre ad Anna Maria, che fu la secondogenita, i signori Redi ebbero altri dodici figli: cinque dei quali fra maschi e femmine - come si rileva anche da una lettera del cavaliere Ignazio datata da Arezzo il 10 Aprile 1770 - volarono in cielo in tenera età. 
Anna Maria fu la più privilegiata e benedetta; si può dire che fin dalle fasce una luce amorosa se le posasse sulla fronte, e ne rendesse bella la mente, bellissimo il cuore. Innamorata dalle bellezze celesti sin dall’infanzia, lasciava trasparire dal suo sembiante la luce di uno spirito sincero e docile; lo spirito proprio dell’innocenza e tanto caro a Dio. Aveva cinque anni, quando l’abbiamo veduta intenta a raccogliere i fiorellini dal giardino domestico; e se in quella graziosa bambina ci parve ravvisare un angelo, e perché il Cuore di Gesù aveva lasciato piovere sopra quella piccola anima un primo suo raggio. Sembrò che ella comprendesse il segreto della missione a cui Dio la chiamava: cioè che Dio è Amore, come ha scritto San Giovanni, e che quindi, per piacere a Dio, tutte le sue opere avrebbero dovute essere fin d’allora opere d’amore. 
Che veramente amasse Dio, l’ha dimostrato quel desiderio grande che ella aveva di sapere << che Egli fosse, quale fosse la sua grandezza, che cosa si potesse fare per piacergli >>. Lo confermò più tardi ella stessa quando, parlando della sua tenera età, potè dire: << Lo sa ben Gesù che io, fin da piccolina, non ho mai voluto altro che piacere a Lui e farmi santa >>. 
Infatti s’incamminava alla santità, cominciando fino dai suoi teneri anni ad accoppiare alle doti del suo animo quelle virtù che devono gradatamente formare l’uomo perfetto, il santo. 
Delicatezza di coscienza, amore al ritiro, al raccoglimento, alla preghiera; rispetto ai genitori, umiltà con tutti, assennatezza superiore all’età, ecco quanto preludeva all’adolescenza della nostra fanciullina. 
Più tardi interrogata dal Padre Ildefonso di San Luigi Gonzaga, religioso carmelitano scalzo, se avesse cominciato fin da piccola a rendere qualche ossequio del cuore a Dio, persuasa che ogni uomo, appena venuto alla conoscenza di questo Sommo Bene, debba seguire necessariamente i dolci affetti d’amore verso di Lui, rispose ingenuamente: << Lo fanno tutti! >>. Quasi volesse dire: E come non avrei dovuto amare anch’io il Signore, se tutti lo amano? 
<< Detta frase - così il medesimo - era quella colla quale mi rispondeva in altre cose, benchè eccellentissime, che non credeva essere in lei singolari, ma conformi al tenore o uso universale dei cristiani; e venne anche in chiaro che questa sua prima innocenza conversione di amorosa volontà al bene incommutabile era seguita d’intorno al quinto anno della sua età, e rilevai con ugual chiarezza da tutta la serie e confessione della sua vita, che non aveva ammesso mai altro affetto nel suo cuore fuori di quello di Dio o per Iddio, ed aveva anzi posto tutto il suo studio per imparare sempre più a conoscerlo ed amarlo, come a misura dell’età venne sempre più conoscendolo ed amandolo, onde era giunto fino a quel segno di carità pura, illuminata ed ardente che ho altrove descritto. Compresi altresì che, ricevuta sì presto questa bella fiamma di amore nel di lei animo innocente, fu quella che le fe’ concepire, prima anche di conoscerlo, un odio mortale non solamente ad ogni sorta di peccato o di difetto che quella potesse estinguere o illanguidire, ma ancora a tutto ciò che eziandio remotamente potesse indurre a colpa o difetto, e perciò ritrovai nelle sue confessioni, anche generali, la sua bell’anima immacolata nella stola dell’innocenza battesimale e tanto aliena da vera colpa pienamente avvertita, che difficilmente era capace appena di assoluzione sacramentale >>. 
Quale meraviglia dunque se, narrandole alcuno le azioni dei Santo, le pene egli stenti dei Martiri, oppure qualche tratto della Passione di Gesù, la fanciullina ne piangeva teneramente? I suoi vergini affetti, le sue speranze, avevano trovato il loro riposo nel Signore. Dio era l’unica sua letizia; ne parlava spesso; come Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, anche il muto linguaggio dei fiori e delle altre creature la invitava ad ammirare la grandezza di Dio, la sua bontà, ad esclamare anche essa: << Quanto siete buono, Gesù! >>. E questa facilità di passare dalle cose create all’amore del Creatore, fu cosa abituale in lei. Anche dopo che fu religiosa, le erbe, i fiori, le piante, perfino gl’insetti stessi attraevano quel cuore e l’accedevano del divino amore. << Oh quanto queste innocenti creature - diceva un giorno al suo Confessore - m’insegnano ad amare e corrispondere all’amore del mio Dio! >>. E insieme coi fiori, offriva a Gesù il suo cuore, e Lo pregava a benedire insieme col babbo e la mamma , lei piccina, ripetendo con dolce affetto le preghiere apprese sulle ginocchia materne. 
La Signora Sisti, sua zia - in una lettera scritta dopo la morte della nipote al Cav. Ignazio per consolarlo - fa quest’elogio dell’infanzia di lei: << Voi avete un assai motivo di consolarvi, mentre la detta figlia fin da bambinella, e da me molto osservata nell’anno 1753 per lo spazio di nove mesi, scorsi avere un pensare ed operare non proprio di quell’età se stata non vi fosse la mano superiore. io saziar non mi potevo di rimirarla e posso dirvi con verità che sentivo nel mio interno consolazione inesplicabile. Osservai ancora in certe congiunture stavasi come una che facesse offerte al Signore e meditasse tenendo gli occhi fissi al cielo con una compostezza, serietà e gioialità che m’ispirava meraviglia e mi rapiva. Questo è quanto posso dirvi colla più scrupolosa verità, quantunque più volte abbia ciò riferito colla viva voce >>. 
In casa Redi si pregava ogni sera in comune: questo Angelo s’inginocchiava con la mamma; e, le manine congiunte, lo sguardo rivolto all’immagine della Madonna pregava questa dolce Madre a vegliare sopra di lei, imparando così a schiudere il suo tenero cuore alle sante ispirazione del Cielo. 
Quale e quanta efficacia possiede la preghiera di una mamma fatta per i figli ed insieme con loro! Oh se tutte le madri facessero inginocchiare ogni sera i loro figlioletti davanti a quel Dio che tante predilige i fanciulli! Quante lacrime si risparmierebbero e quanta pace regnerebbe nelle famiglie! D’altra parte se la nostra bambina cresceva sì buona e virtuosa, dando alla famiglia le più brillanti e dolci speranze, i genitori di lei non mancavano di darle l’esempio di quelle virtù, che dovevano infondere nel suo tenero cuore un sentimento sì vivo d’amore e di rispetto filiale. 
All’età di sette anni, cioè nel 1754, potè accostarsi ala Sacramento della Penitenza. Con quali sentimenti faceva le sue confessioni! Quale orrore concepiva anche delle più piccole colpe! Il solo nome di peccato, una sola parola che potesse in qualche modo racchiudere la menoma offesa del Signore, bastava per farla arrossire; e, considerando quanto siano miseri coloro che non amano un sì gran Bene, ne gemeva amaramente e piangendo esclamava: << Guardate, che cosa fanno mai le creature! >>. 
I suoi Confessori, oltre il sopra citato i quali poi concordamente affermarono che ella conservò sempre una << purità angelica e l’innocenza battesimale >>, restavano meravigliati e commossi di tanto amore di Dio e di tanta innocenza; ma, più di tutti, rimase commosso ed ammirato il Cavaliere suo padre un giorno che, avendo ella nove anni compiti, e tornandosene della vicina Chiesa dei PP: Cappuccini, dove insieme andavano spesso a confessarsi, ella gli parlò di questo Sacramento con parole sì infuocate, che rivelavano l’ardente fiamma di cui era acceso il suo cuore. Era questo come il preludio di ciò che poi sarebbe avvenuto in Monastero, dove all’udire un giorno da una consorella il racconto di un certo reo misfatto , tutta accesa nel volto: << Possibile - esclamò - che il nostro buon Dio sia offeso! >>. 
E, così dicendo, immersa con lo spirito nelle sovrumane bellezze della purità verginale, cadde al suolo svenuta; dando a conoscere con quale trasporto elle seguisse lo Sposo Immacolato, che le avrebbe poi coronato la fronte dell’aureola luminosa preparata alle anime vergini. 
Tali furono i primi palpiti di quel tenero cuore che, simile al sole in una splendida mattina di primavera, sorgeva limpido per versare torrenti di luce nel folgorante meriggio. 

FONTE: Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano

domenica 1 maggio 2016

MODELLO DI NOVIZIO FRA CANDIDO MARIA DA MAZZARINO CAPPUCCINO - DODICESIMA ED ULTIMA PARTE.




XXIII 
Morte 

Terminato l’anno del noviziato, emise la sua professione nelle mani del nuovo Maestro Padre Bernardino da Sortino, poiché Padre Simplicio aveva dovuto ritirarsi per motivi di salute. Degli ultimi mesi di noviziato non troviamo nessuna indicazione nel suo Diario, che termina con la metà di Ottobre 1935 (1). Possediamo una lettera diretta ai genitori, in cui dice:<< Ieri, 4 Febbraio, alle ore 5 del pomeriggio, ho fatto la mia professione, promettendo al Signore di osservare i voti di povertà, castità e obbedienza. Proprio ieri, mentre mi professavo, cadeva la neve. Sembrava che il Signore volesse dirmi: Ti chiami Fra Candido, e candida come la neve deve essere l’anima tua. Com’ero felice ai piedi dell’altare, con le mani giunte in quelle del sacerdote a fare i santi voti! Non ho provato mai felicità uguale. Non dimenticherò questo giorno. Pregate affinchè sia fedele >>. 
Che sentimenti nobili e belli, e in armonia perfetta coi suoi precedenti! Non sembrerebbero d’un ragazzo. 
Dopo alcuni giorni partì per Modica, a riprendervi lo studio, e vi trovò i compagni del seminario di Gela e del noviziato stesso. Anche là fu benvoluto da tutti, e particolarmente dal Direttore, come attestano i suoi compagni: << Il Direttore di Modica talora gli diceva: - Sta qui Fra Candido, vicino al Padre Direttore; non te ne allontanare, perché diversamente diventerai cattivo (2) - >>. 
Vi stava contento, proseguendo la sua vita di fervore e di pace interiore. Scriveva ai suoi il 10 Febbraio 1936: << Io qui sto bene e contento. E perché non dovrei essere contento servendo il Signore e facendo il mio dovere? >>. E alla zia Agnese diceva: << Volete sapere se sto contento? Se chiunque al servizio d’un re si stima felice, quanto più io al servizio del Re dei re? Un religioso potrà vivere mille anni, ma non giungerà mai a comprendere pienamente il beneficio della vocazione religiosa >>. 
Si vede che gli insegnamenti del noviziato gli rimasero beni impressi, poiché Padre Simplicio su questo punto batteva spesso bene. Egli poi, appunto perché fervoroso, gustava, può dirsi precocemente, le gioie della vita religiosa, e quindi godeva e stava contento. 
Ma Dio voleva presto trapiantare in cielo questo candido e verginale fiorellino, che forse in terra sarebbe appassito. 
<< Il 18 Ottobre - racconta un compagno (3) - dopo la ricreazione Fra Candido chiese al decano il termometro
- Che è? - gli disse quello - volete forse mettervi a letto? 
Non rispose. Dopo dieci minuti torno a dire che aveva la febbre a 38 e mezzo… Si mise a letto, non si alzò più >>. 
Si trattava di tifo, e la febbre talora raggiunse i 40 gradi. Dietro cure diligenti era entrato in convalescenza, quando il 18 Novembre - ad un mese preciso - incominciò a sentire forti dolori all’intestino e si manifestò la peritonite, che ne fece presagire la prossima fine. Però egli anche durante la malattia proseguì la sua vita di preghiera, di immolazione e di virtù. Uno dei compagni che talora gli faceva di infermiere (4) racconta che una volta per sollevarne il morale, gli disse scherzando: - Fra Candido niente zucchero oggi nel latte, perché il Direttore l’ha proibito. - Egli non rispose; ma allorchè quello in seguito gliel’offerse inzuccherato, egli ricordò: - No, fratello, poiché il Direttore l’ha proibito.
Più della salute a lui interessava l’obbedienza. 
Pur essendo grave, non lasciava di seguire con attenzione gli affari degli altri. - Fra Candido - gli diceva un altro compagno (5) - sei un privilegiato! La mattina latte, la sera riso, e poi uova, carezze e altro. Bella vita, n’è vero? - Ha ordinato così il Padre Direttore - rispose egli con quel soave sorriso. 
<< Quando già s’era aggravato, passando vicino alla sua stanza, sporsi la testa e chiesi all’infermiere, ch’era Fra Giustino, come stesse l’infermo. Non mi rispose, ma semplicemente me l’indicò, quasi a dire: Ecco com’è Fra Candido. Egli intanto aveva inteso la mia richiesta, e disse a sua volta all’infermiere: - E a lui è passato il mal di capo? - Oh! Da un pezzo, risposi io allora . - Questo fatto mi commosse profondamente e mi rimase indelebile (6) >>. 
Intanto il male s’aggravava: << Come soffriva! (7) Lì vicino al letto c’era un quadro della Madonna, e ad esso erano sempre rivolti i suoi sguardi. Si appressava alla morte senza saperlo, e nessuno ebbe il coraggio di dirglielo (8). Ricevette i Sacramenti, e forse l’avrà capito che doveva morire, ma indirettamente >>. 
Era un ragazzo. E poi, a chi non fa paura la morte? 
Nessuna meraviglia dunque ch’egli la temesse. Per timore d’impressionarlo, gliene nascosero il pericolo. Ma se il timore della morte è umano, naturale, ed è anche dei Santi ( ed ha voluto averlo il nostro adorabile Maestro Gesù Cristo ), non dispensa però agl’interessati di svelarlo, sia pure con le dovute precauzioni. All’anima ch’è abituata a vincere se stessa e ad abitare con la mente in cielo, molto più che Fra Candido era tanto sensibile per le cose dello spirito, poiché da piccino viveva con l’ansia di Dio e del Paradiso, egli che alcuni mesi innanzi aveva scritto ai suoi ( 10 Aprile 1936 ): << Viviamo in modo che un giorno possiamo tutti insieme trovarci riuniti nel santo paradiso. Che gioia allora! Che Gesù ce lo conceda! >>. 
Magari che in un primo momento ne avesse ricevuta cattiva impressione, la volontà e la grazia gli sarebbero venute in aiuto per dominare lo sgomento della natura. Del resto anche lungo quella malattia i compagni vi alludevano con frequenza, ed egli vi faceva volentieri eco: << Quando soffriva maggiormente gl’indicavo il quadro della Madonna, e ricordandogli l’Angelo Custode, gli dicevo: 
- Fra candido ci pensate al Paradiso? 
- Si - mi rispondeva con un fil di voce. Io allora soggiunsi: 
- Vi ricorderete di noi tutti?  
- Si - rispose di nuovo (9) >>. 
Oh! Se gli fosse detto chiaro che Gesù l’attendeva in cielo e che aveva fretta di renderlo beato! Tutto sarebbe cambiato sicuramente. Del resto la sua occupazione a letto era di unione con Dio. Diceva: << Gesù, tutto per voi (10) >>. Poi nei periodi più acuti del male esclamava: << Mio Dio, che strazio! Che dolore! In così dire emetteva flebili lamenti; però stringeva il Crocifisso e vi stampava fervorosi baci… Fissava il quadro della Madonna, e quando gli uscivano lamenti, appena qualche confratello gli ricordava la Passione del Signore, si rasserenava (11) >>. 
Nel ricordo del dramma divino del Calvario - da lui sovente meditato - ritrovava la serenità e la pace. Scrive uno dei Padri più rispettabili che furono presenti (12): << E’ sempre viva nella mia memoria la sua pietà nelle ore di agonia. Come ben ripeteva le giaculatorie e recitava con fede le preghiere!… A notte inoltrata, recitando noi le litanie della Madonna, egli tenne sì fissi gli occhi nel quadro di essa, da sembrare in estasi. Bisogna dirlo, sentiva speciale devozione alla Madre di Dio >>. 
Sotto l’oppressione della febbre e dei dolori non fa meraviglia che la sua natura in certo modo s’abbattesse; ma appena gli si richiamava l’idea di Dio, della Vergine, di Gesù Crocifisso, dell’eternità insomma, egli era subito dominato ed attratto, rientrava nella sua abituale atmosfera di sopranaturale, ripigliava a vogare - più tra gli affanni di morte - con decisione e con slancio nel cammino del cielo dove sempre era stato diretto. 
<< Rimasi molto edificato - scrive un compagno - della rassegnazione durante la malattia, poiché io gli facevo da infermiere (13) >>. 
Il dolore sovente si acuiva, ma egli non s’impazientiva mai. << Talora il dolore lo sopraffaceva, ed egli si metteva a piangere, ma non si lamentava (14) >>. 
Era evidente, quando si voleva distrarlo dal grave fardello dei dolori che l’opprimevano, non c’era da parlagli di Dio, che da richiamargli al pensiero cose sante. << Richiesto dal M. R. P. Carmelo se avesse voluto farsi la croce, rispose che volentieri, e porgendogli l’acqua benedetta, si segnò con tanta devozione e perfezione da meravigliare anche i circostanti. E dopo segnatosi, guardando il dito ancora bagnato, tornò a segnarsi di nuovo con la medesima devozione e perfezione (15) >>. 
Due cose mantenne integre fino alla morte: la lucidità e la sensibilità per le cose dello spirito e di Dio, come del resto aveva sempre fatto in vita. << Conservò la lucidità mentale sino agli ultimi istanti >>, dice un compagno (16); << Teneva gli occhi fissi al quadro della Madonna >>, aggiunge uno dei Padri (17). Ivi s’era ancorata dall’infanzia l’anima sua, e ivi ritrovava il riposo e la pace. 
La peritonite durò dal 18 al 21 Novembre. Il 20 Novembre giunsero i suoi genitori; ma non poterono che costatarne la gravità. Sul mattino, e proprio verso le ore due del 21, festa della Presentazione della Madonna, entrò in breve agonia, e poco dopo, assistito dai religiosi, se ne volò in Paradiso, che tanto aveva sospirato. 
<< Agonia e morte, furono placide e serene (18) >>. << La sua morte fu uno schianto per tutti (19) >>, però << il volto del caro estinto non rimase sfigurato, anzi sembrava più bello (20) >>. 
Fra Candido, l’angelico giovinetto che tante speranze faceva nutrire sulla sua ottima riuscita, era dunque morto; Dio l’aveva preso con sé. Il piccolo devoto della Vergine se ne salì in cielo proprio il sabato e in una festa di Lei. Egli l’aveva tanto pregata di sostenerlo nelle lotte, per rimanerle sempre fedele; e la Madre Celeste lo volle in cielo presto, per cantare l’inno eterno, nello stuolo di coloro che seguono l’Agnello. Oh! - come questa dolce Madre favorisce sempre i suoi devoti figli! 
Ma i compagni, ma i superiori, ma tutti quelli che avevano ammirato le sue virtù e concepite tante speranze, rimanevano nel duolo, inconsolabili. << Fu uno schianto per tutti - dice uno dei giovani (21) - Il Padre Direttore fu costretto ad uscire e scoppiare in pianto dirotto; lo stesso il vice direttore. I funerali furono imponenti. Le generose Terziarie vollero con noi accompagnarlo fino al cimitero. Quando si giunse vicino al ricovero di mendicità, il Direttore si provò a dargli l’ultimo addio. Ma che! - il pianto gli strozzò la voce. Non potremo dimenticarlo mai! >> 
Uno di coloro che si sentì colpito maggiormente dalla scomparsa del caro Fra Candido fu proprio il Direttore, Padre Agostino da Sortino, il quale alle condoglianze dei suoi antichi alunni, che si trovava in Sortino, rispondeva al 26 Novembre 1936 con queste frasi accorate: << Sento un vuoto ed uno sconforto inesprimibili… Vorrei non andare più a scuola, perché il vuoto di Fra Candido mi strazia l’anima. Ogni cosa mi parla di lui: il coro, la stanza, il refettorio. E’ come una tentazione che mi trascina a portare gli occhi dov’ero solito vederlo! La notte successiva alla sua morte mi sveglio di soprassalto, perché mi pareva che Fra Candido mi dicesse: Padre Direttore, dorme? Accendo la luce, guardo l’orologio: le due. Proprio l’ora precisa in cui 24 ore prima era volato in cielo. Che spavento! Era buono, umile, silenzioso, puro come un angelo, ingenuo come un bambino, a parte ch’era molto intelligente.  
>> Si manteneva sempre uguale, come voi lo lasciaste: non si sentiva, non si vedeva, raccolto sempre, sempre pietoso. 
>> Mi ci ero affezionato, perché la sua bontà sempre mi consolava. Chi avrebbe potuto pensare che la morte ce l’avrebbe rapito sì presto?… Avrei dato tutto, tutto per salvarlo. Ma quello ch’è scritto in cielo non si muta! Ora siamo rimasti col nostro dolore, che ci tormenta sempre, a tutte le ore! Il tempo forse lo attenuerà. Ma ci vorrà un bel pezzo!  
Pregherà dal cielo per noi, compagni vedovati della luce del suo sorriso!… >>. 
Più in là, a Natale, scriveva ancora ai medesimi: << Preghiera di ricordarvi nelle vostre orazioni di chi è ancora sotto il dolore per la perdita del buono, caro e indimenticabile Fra Candido! >>. E terminava con queste parole: << Sento ancora lo strazio per la perdita di lui, così buono e così promettente (22) >>. 
Allorchè si trattò di raccogliere le relazioni sul defunto, egli fece tenere da Padre Bernardino da Sortino, in Calascibetta, le seguenti espressioni: << Ho sofferto!… ma più per il carissimo Fra Candido, che mi era di grande consolazione. Lo ricordo ancora. Due giorni prima d’ammalarsi venne ad aprirsi (23), e questo m’è rimasto scolpito indelebilmente.  
>> Era ingenuo come un bambino. La sua mente era serena come quella di chi ancora non conosce la malizia umana. Pensava ai libri e allo spirito; fuori di questo non c’era nulla per lui. Come non mi dovevo affezzionare? …Mi gli raccomandò come ad angelo protettore, perché mi voleva così bene, che non è possibile che dal Paradiso debba dimenticarmi. Lo porterò nel mio cuore, finchè non lo raggiungerò, spero, anch’io. 
>> Abbiamo collocato nella biblioteca la sua fotografia. Così l’avremo sempre sott’occhio, per ricordarci di lui e suffragarne l’anima >>. 

FINE 

(1) Probabilmente lo scrisse tutto l’anno, fino al giorno della professione. Quello in nostro potere pare sia una copia in bello fatta da lui stesso. Siccome il Maestro Padre Simplicio raccomandava ai novizi di rilegarlo in fine d’anno, per conservarlo, egli, forse per non averne avuto il tempo o l’opportunità nel noviziato, pensò a Modica, prima di rilegarlo, di rimetterlo in bello e unico tipo di carta, quando fu colto dal malore. Se tale sospetto fosse affiorato ai compagni, Subito, avrebbero probabilmente trovato il resto. 
(2) Totò Levi, da Mazzarino. (3) Idem. (4) Fra Pacifico da Sortino. (5) Fra Giovanni da Palazzolo. (6) Fra Cesare da Leonforte. (7) Fra Gerardo da Sortino. 
(8) Non fa meraviglia dunque se per fargli ricevere gli ultimi Sacramenti ci sia voluto << del bello e del buono >>, come dice Fra Aurelio. Convinto che pericolo non c’era, non vedeva motivo di fare la Comunione fuori tempo e non digiuno. In tali casi il coraggio di chi assiste e rivela il pericolo, è santo e la franchezza divina. 
(9) Fra Gerardo da Sortino. (10) Fra Candido da Modica. (11) L’Araldo del Gran Re, Modica, Gennaio 1937. (12) Padre Carmelo da Mazzarino. (13) Fra Massimo da Sortino. (14) Fra Anselmo da Modica. (15) Fra Massimo da Sortino. (16) Fra Cesare da Leonforte. (17) Padre Carmelo da Mazzarino. (18) Fra Venanzio da Mazzarino. (19) Fra Cesare da Leonforte. (20) Fra Gerardo da Sortino. (21) Fra Cesare da Leonforte. (22) In data 26 Dicembre 1936. (23) Cioè per << l’apertura di cuore >>, della quale si parlò nei capitoli precedenti; pratica che aveva appreso nel noviziato. 

FONTE: PADRE SAMUELE CULTRERA - MODELLO DI NOVIZIO FRA CANDIDO MARIA DA MAZZARINO CAPPUCCINO SCUOLA SALESIANA DEL LIBRO ROMA 1944 - VIA TUSCOLANA 361 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù 
Terziario Francescano