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mercoledì 29 gennaio 2014

SUOR VERONICA BARONE 1856 - 1878 L'ESTATICA CAPPUCCINA DI PADRE PIO LA SCALA DA MAZZARINO MIN. CAPPUCCINO - INTRODUZIONE DELL'AUTORE . .




SUOR VERONICA BARONE 
1856-1878 
L'ESTATICA CAPPUCCINA 
di Padre Pio La Scala 
da Mazzarino 
Min.Cappuccino. 


Introduzione dell'Autore
Quando alcuni amici mi parlarono di Suor Veronica (Febronia) Barone da Vizzini e mi raccontarono alcuni fatti meravigliosi della vita di lei, giudicai trattarsi di una delle tante visionarie o allucinate, che, raccontando visioni e rivelazioni, ingannano facilmente il popolo tanto trasportato allo straordinario ed alla superstizione. E poiché qualcuno insistette per convincermi del soprannaturale di questa serva del Signore, non potei fare a meno – per essere equilibrato e sincero nel mio giudizio – di leggere il piccolo compendio della vita di lei, dettata da un indifferente riavvicinato alla fede per la lettura di alcune pagine scritte da essa per comando del suo confessore. (Ecco come egli si esprime: << Colpito da un repentino malore nel bel fiore degli anni miei, quando mi si apriva un vasto e sorridente orizzonte, restai attrappito nelle membra a guisa di un fiore, che, sbocciato d'allora e abbattuto da una raffica violenta, resta appassito e pendente dal suo stelo contorto. Intanto, poiché ogni tentativo dell'arte salutare riuscì inefficace, riposi per avermi la salute, le mie speranze in Colui che tutto può. Ma che! Anche questa dolce speranza vennemi meno. Passai tutto il resto della mia virile età abbandonato e derelitto, solo sentivo il vigile conforto della mia amata famiglia, la quale prolungava l'esistenza dei miei giorni con affettuoso servizio e con sollecite cure. Non pertanto esperimentai in me tale conforto che mano mano che il mio cuore si chiudeva alla speranza di ottenere la guarigione, mi si affievoliva la prisca fede, e con essa quel sacro vincolo di amore che unisce le creature al loro Fattore. Non pregai, né ebbi fede alle preghiere che si facevano dai miei, rinunziai al conforto dei Sacramenti, e tutti i dubbi sull'esistenza del sovrannaturale nell'animo mio ebbero presa sì tenace, che consideravo la fede come un fatto subbiettivo. Così menai la vita per parecchi anni, quando nel Maggio del 1899 mi venne fatto leggere, più per curiosità che per buona voglia, alcuni manoscritti di Suor Veronica Barone da Vizzini, ricapitati dalle mie buone e pie sorelle. La semplicità dello stile con cui Suor Veronica Barone esprimeva pensieri elevatissimi, mi colpì a segno che non seppi staccarmene e tornai più volte a rileggerli. Frattanto la lettura di essi mi confortava a sperare che l'un giorno che l'altro, ed era di balsamo salutare al mio cuore, travagliato pur troppo dalla infermità prolungata. E' certo che a me non tornò la salute corporale; ma non pertanto mi sentii rinascere alla fede cattolica, e l'azione del sovrannaturale per me divenne un fatto obbiettivo, indubitato, certo, innegabile. Sentivo il bisogno del perdono dei miei trascorsi; la vita – menata fra amarezze – mi sembra ora sopportabile, e, sarei per dire, dolce e soave, perché da qui a non lungo andare ne rieverò il guiderdone; i Sacramenti sono l'unico sostegno mio fra tanti acciacchi che mi tormantano e mi minacciano la vita. Un sentimento vivo di speranza in Dio mi distacca sensibilmente dalle cose caduche di questa vita; ma quello che più d'ogni altra cosa sparge un senso misterioso di gioia inenarrabile sul mio cuore è la santa Comunione del Pane Eucaristico, poiché rinfocola in me quella carità appassionata verso Gesù, che io amo in terra colla dolce speranza di godermelo in Cielo. Oh bella, immortale, benefica fede a'trionfi avvezza! Chi avrebbe preveduto, o mio caro lettore, che la lettura dei manoscritti di Suor Veronica Barone era per operare in me sì nobile cambiamento? Egli però, << colpito la seconda volta da paralisi, intese in sé stesso i sintomi della vicina morte, alla quale ebbe tempo di apparecchiarsi con vero spirito cristiano. Si confessò prima con il Cappellano Sacramentale il Sac. Antonino Castello, poi con Padre Serafino dei Cappuccini, che era tornato in Ragusa Inferiore. Ricevette ravveduto e pentito gli altri Sacramenti e tutti i conforti che in tale infausta congiuntura appresta la Chiesa del Redentore, consegnò al suddetto Padre Serafino, oltre quelli di Suor Veronica Barone, i suoi manoscritti che riguardavano la di lei vita, e da questa, perché purificato nel sangue dell'Agnello di Dio, passò all'altr vita il 27 Gennaio del 1901, nell'età di 43 anni, lasciando la famiglia e la patria meravigliati di questo intreccio di cose, tutte in favore all'anima sua, alla quale auguriamo pace ed eterno riposo nel seno di Dio>>). Quella breve lettura fu per me una rivelazione: attraverso quelle poche pagine intravidi un'anima grande, grande non per le sue visioni e i suoi rapimenti di spirito, che nascondono spesso frodi del demonio ed inganni delle stesse veggenti, ma per l'umiltà profonda, per la purità angelica e per l'obbedienza eroica di cui appare adorna sino all'ultimo sospiro della breve sua vita. La vita di questa “estatica” è la storia meravigliosa di un'anima bella, che, come raggio di sole, rifulge sulla terra senza macchiarsi di fango; è la storia di un'anima ardente, che, tra le domestiche mura vive in seno alla famiglia da vera religiosa con la nostalgia del Cielo, aspirando del continuo a Dio; è la storia di un'anima coraggiosa ed impavida, che, combattendo quotidianamente con gli spiriti dell'inferno in un'epoca a noi così vicina, dimostra non essere favolosi i combattimenti dei Santi, vissuti in epoche a noi remote, infestati ed assaliti dal demonio; è la storia di una eroina che, chiamata dal Cielo a battere le vestigia del Figliolo di Dio nella via dolorosa del Calvario, lo segue, l'imita e si trasforma in Lui – secondo l'ardita frase dell'Apostolo – a traverso una serie non interrotta di infermità, di sofferenze, di sacrifici, di dolori, di veri martiri! Ci troviamo di fronte a certi fatti straordinari, meravigliosi al tutto singolari, che forse non abbiamo mai udito o letto, ci insorge un qualche dubbio intorno alla loro realtà, così ineffabile ed incomprensibile nel governo delle anime, non può essere costretto a non uscire dai limiti consueti, nei quali si esplica la vita umana; e quando molte persone diverse tra loro per condizione, per età, per sesso, tra le quali non pochi avversari della nostra suor Veronica, convengono nel narrare siffatte meraviglie della sua vita, quando una generazione intera di una città come quella di Vizzini, è unanime nell'attestare i fatti accaduti sotto i loro occhi – qualunque sia la stranezza di tali fatti, - è necessario, secondo la retta ragione, storicamente ammetterli; padrone ciascuno, entro i limiti della sana critica, attribuirli ad una causa naturale o soprannaturale, finché non pronunzia il suo giudizio la Chiesa, solo Maestra infallibile e colonna di verità. Tutte le notizie riguardanti la vita di Veronica Barone, sono state da me attinte dai suoi manoscritti, da pubblici documenti e dalle testimonianze giurate di persone fede-degne; poiché esortato da alcuni miei Confratelli a scrivere questa vita, ho voluto prima recarmi personalmente sul luogo ove nacque, visse e morì la nostra angelica Veronica. Ho interrogato i suoi genitori, le sue compagne d'infanzia, le sue amiche, i suoi conoscenti, i suoi stessi avversari e quanti la poterono vedere o avvicinare. Iddio ci conceda d'imitare con gioia e costanza le belle virtù di cui questa innocente fanciulla. 
Mazzarino, Festa della Natività di Maria, 1905.
Fra Pio La Scala da Mazzarino, M.Cappuccino.



LAUS  DEO 

Pax et Bonum 


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano 

lunedì 27 gennaio 2014

IL ROSARIO NELLA VITA CRISTIANA DI PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O. P. - UNDICESIMA ED ULTIMA PARTE.




IL ROSARIO 
NELLA VITA CRISTIANA 
di 
PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P. 
8 gennaio 1918 - +24 ottobre 2002 
 I Misteri Gloriosi 
Il tempo della gloria 


Primo Mistero Glorioso. 
La gloria di Cristo nella nostra fede. 
Il significato della Risurrezione. 
Secondo San Paolo, la fede e la vita cristiana si fondono sulla risurrezione di Cristo: <<Se Cristo non è risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati>>  (I Cor. 15,17). Anche la predicazione degli Apostoli, da cui dipendono la fede e la vita cristiana, ha la sua base nella resurrezione: << Se Cristo non è risuscitato, vana è dunque la nostra predicazione...>> (I Cor. 15,14). Questa fondazione ha un motivo “apologetico”: la risurrezione, infatti, è il segno finale e decisivo, per testimonianza e promessa di Gesù stesso, della Sua messianicità, della Sua missione salvifica, della Sua figliolanza divina. Ma noi dobbiamo cercare di indagare più a fondo il senso “teologico” delle parole di San Paolo, cui risponde anche la legge fondamentale della esistenza cristiana: quella che la fa consistere in una riproduzione dei misteri di Cristo nella vita soprannaturale dei suoi fedeli. Ci sembra che il mistero della Risurrezione abbia la sua riproduzione nella fede. L’anima cristiana, che si è incontrata con Dio nei misteri del gaudio e gli è rimasta fedele anche nei misteri del dolore, è ammessa a contemplare il Rosario della sua vita nei misteri della gloria, come partecipazione iniziale alla vita gloriosa di Cristo, con Maria e come Maria. La fede è la prima forma di questa partecipazione
Secondo Mistero Glorioso. 
La gloria di Cristo nella nostra speranza. 
Il significato dell’Ascensione. 
La vita gloriosa di Cristo è partecipata in noi sotto il suo aspetto di comprensione di Dio, ormai perfetta nella sua anima che, riunita al corpo per la risurrezione, ha raggiunto con esso la definitiva beatitudine e pace nel possesso di Dio. Il mistero dell’Ascensione, che noi contempliamo nella seconda parte della cantica gloriosa del Rosario, ci dice sia il trionfo dell’umanità di Cristo in Cielo sia l’iniziale partecipazione della sua gloria in noi, sotto forma di speranza, alla luce di Maria, prima partecipe della gloria di Cristo e misericordiosa madre della nostra speranza. 
Terzo Mistero Glorioso. 
La gloria di Cristo nella nostra carità. 
La promessa dello Spirito Santo. 
Se lo Spirito Santo discende sugli Apostoli e dà inizio alla vita della Chiesa è perché Gesù è stato glorificato e la sua umanità, raggiunta oramai la pienezza di potere e di gloria, è ammessa a partecipare all’azione del Verbo che con il Padre manda lo Spirito Santo, su raggio universale. Una volta Gesù, durante la festa dei tabernacoli, forse nel momento della libazione mattutina che, secondo il rito della festa, aveva luogo nel Tempio, levatosi in piedi esclamò:<<Se uno ha sete, venga a me e beva. Come ha detto la Scrittura, dal seno di chi crede in me sgorgheranno fiumi di acqua via>>  (Gv. 7,37-38). I testi della Scrittura cui si riferiva Gesù, sono quelli dell’Esodo (17,6) e dei Numeri (20,21) che probabilmente venivano letti durante la libazione simbolica, fatta per ricordare le acque che Mosè aveva fatto scaturire dalla roccia (Es. 17,6). Gesù applicava tali testi e lo stesso rito della libazione ai credenti in lui, che sarebbero stati come un nuovo Oreb spirituale, fecondo di vita. E’ lo Spirito Santo a partecipare alle anime, in pienezza, la vita di Cristo e a riprodurre spiritualmente in esse tutto il suo mistero: nascita, crescita, magistero, passione e morte, sacrificio, risurrezione nella giustificazione e nella glorificazione. Lo Spirito Santo si espande nelle anime, comunicando loro una partecipazione della stessa vita gloriosa di Cristo: nella fede partecipa la gloria della sua visione, nella speranza la gloria del suo possesso, nella carità la gloria del suo amore. 
Quarto Mistero Glorioso. 
La gloria di Maria e la nostra vita spirituale. 
La vita di Maria. 
Il mistero dell’Assunzione è riassunto dal Venerabile Papa Pio XII nella Costituzione << Munificentissimus Deus>> del 1° Novembre 1950, con queste parole: << L’Immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo>>. Già da queste parole appare chiaro che l’Assunzione è come il culmine glorioso di tutta la vita santa di Maria e che in essa convergono gli altri suoi misteri, ricordati nella definizione dogmatica: l’immacolato concepimento, la maternità divina, la perpetua verginità. Perciò il quarto mistero glorioso offre alla nostra contemplazione, in modo più diretto e globale degli altri, la vita di Maria, e ci presenta il paradigma secondo il quale attuare l’Imitazione di Maria e riprodurre in noi i suoi misteri lungo tutto il nostro cammino verso il Cielo. La vita di Maria è delineata dal Vangelo dove troviamo anzitutto il suo profilo storico e spirituale. Poche parole bastano al Libro Divino per darcelo nella sua bellezza e completezza. E quasi sempre è Maria stessa che parla e ci parla. 
Quinto Mistero Glorioso. 
La gloria di Maria e la nostra vocazione celeste. 
La gloria celeste. 
Il quinto Mistero Glorioso ci fa contemplare Maria incoronata Regina del Cielo e della terra nel seno glorioso della Santissima Trinità, che è il vero Paradiso. Maria è la Primizia dell’umanità glorificata, insieme con Cristo: primitiae dormientium, come San Paolo dice, che descrive il processo della risurrezione e della glorificazione dei figli di Dio: prima Cristo, e dopo di Lui, per Lui, in Lui, noi tutti, predestinati e chiamati alla nuova vita dello spirito e del corpo: << Cristo è risuscitato dai morti, primizia di quelli che dormono. Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ciascuno, però, a sua volta: Cristo, è la primizia; poi, alla Sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi verrà la fine, quando Egli rimetterà la Sua corona reale nelle mani di Dio Padre, dopo avere annientato ogni principato, ogni potestà ed ogni potenza. Perché bisogna che Egli regni finché sia messo sotto i piedi tutti i nemici>>. << L’ultimo nemico che sarà distrutto, sarà la morte...>> ( I Cor. 15,20-26). 
Maria, che costituisce con Cristo-Uomo la Diade umana che è al vertice della creazione e che, per Cristo-Dio, è intimamente unita alla Trinità, rappresenta la parte più alta dell’umanità che, con Cristo, per Cristo, in Cristo, è già inoltrata nel seno della Trinità – ossia nella infinita luce, verità, vita, gioia, pace di Dio – con la pienezza della sua umanità ricostituita nell’Assunzione. Perciò da una parte è unita a Dio nella gloria, dall’altra stringe a sé noi tutti, suoi figli, per la solidarietà naturale e soprannaturale che fa di noi tutti, insieme con lei, l’unico genere umano e l’unico corpo mistico di Cristo. Il quinto Mistero Glorioso è dunque l’ultimo capitolo della storia di Maria e anche della nostra vita spirituale, che si conchiude nella gloria infinita della Trinità da cui è sbocciata la nostra vita nel tempo portando in sé un crisma e uno slancio di eternità. 

Fine 

Fonte tratta liberamente da: PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P., Il Rosario nella vita cristiana, Istituto Padano di Arti Grafiche-Rovigo, 1978 






LAUS  DEO 

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano

giovedì 23 gennaio 2014

IL ROSARIO NELLA VITA CRISTIANA DI PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O. P. - PARTE DECIMA .



IL ROSARIO 
NELLA VITA CRISTIANA 
di 
PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P. 
8 gennaio 1918 - +24 ottobre 2002 
Parte Decima 
 I MISTERI DOLOROSI 
 IL TEMPO DEL SACRIFICIO 

Quarto Mistero Doloroso. Il sacrificio del Cuore. 
La Croce della solitudine. 
Condannato dalle autorità religiose della Sua patria e, dietro loro istigazione, da quelle politiche che ne avevano la dominazione, Gesù si avvia al Calvario, circondato da soldati romani, da nemici giudei, da qualche curioso, da qualche fanatico, forse da qualche amico silenzioso e nascosto, il quale però, nella esiguità del suo coraggio e nella scarsezza del suo amore, non dà certo a Gesù la prova della sua fedeltà e la testimonianza della sua presenza. Gesù è l’Uomo-Dio che se ne va, solo, portando sulle spalle una Croce di legno ma in cuore una croce ancora più pesante: quella della solitudine, che egli abbraccia con grandezza di amore, per espiare il nostro attaccamento alle cose, la nostra servitù alle creature che amiamo, la nostra idolatria per le realtà terrestri e i valori umani, che, certo hanno una loro ragion d’essere, una loro bontà, una loro importanza nella vita, ma che spesso si sovrappongono a realtà e a valori più alti e diventano i supremi criteri secondo i quali si giudica e si agisce: per esempio la patria, la famiglia, gli amici, il piccolo mondo di cose care che ognuno costruisce intorno a sé giorno per giorno e che sembra costituire addirittura una parte della sua stessa persona, o un fondo nel quale è saldamente radicata la sua vita, tanto che non vede come se ne possa distaccare. Gesù espia il nostro eccessivo attaccamento, la nostra peccaminosa radicazione nel mondo, e soffre i dolori di un distacco per lui anche più atroce, perché imposto da ragioni di spiritualità, a lui che non conosce peccato né attaccamento a cose che possono essere occasioni di peccato, ma determinato da un insieme di fattori che dicono ciò che di peggiore cova nel seno dell’umanità che Egli è venuto a salvare. Solo una presenza sente Gesù: quella di Sua Madre. Su qualche strada secondaria, o forse mescolata tra la gente dello stesso corteo che lo accompagna al patibolo, Maria c’è e va con Gesù verso il Calvario. Accanto alla Croce assiste silenziosa nella sua agonia, agonizzando in cuore con Lui. Ma Gesù sa tutto il dolore di quel cuore di madre, sa che cosa significhi per Maria essere stata chiamata alla terribile missione di madre dell’Uomo-Dio redentore. Se il suo dolore si riversa nel cuore di sua madre, si direbbe che esso ritorna ingrandito a Lui, che soffre, a sua volta, anche il dolore dell’anima di Maria, trafitta dalla spada.
Quinto Mistero Doloroso. La consumazione del sacrificio. 
L’Offerta totale.
Lo spirito della Croce è quello della totale offerta e immolazione di Sé, come Ostia d’amore che giunge alla consumazione, sicché si possa dire, dell’anima che si è consacrata al Signore, come di Antonietta de Geuset, <<Consummata>>. Allora l’anima entra intimamente e vitalmente nel mistero del << Consummatum est>> di Gesù. La consumazione è nella logica del sacrificio. Le vittime immolate, negli antichi riti, erano consumate dai sacerdoti e dai fedeli. Specialmente nell’olocausto era rappresentata in modo più evidente questa necessità di consumazione, perché la vittima veniva distrutta con il fuoco. Qualche volta, anzi, il fuoco consumatore discese dal cielo, come manifestazione di una divina esigenza di offerta totale da parte dell’uomo. L’intimo concetto animatore del sacrificio dev’essere dunque la consumazione. Tale era il motivo di tutta la vita di Gesù, cui si ispirava con ardente slancio dell’anima anche Maria: il misterioso <<battesimo>> con cui doveva essere battezzato nel versamento del Suo sangue, perché compisse così pienamente la volontà del Padre. E la consumazione nella vita di Gesù Cristo fu, come conclusione della Sua Passione: la morte in Croce. Non solo Santa Caterina de’Ricci, ma anche San Tommaso d’Aquino si rifugiava nella contemplazione della Croce, con ardore mistico: 
Crux mihi certa salus. 
Crux est quam semper adoro. 
Crux Domini mecum. 
Crux mihi refugium. 
<<La Croce è la mia certezza di salute. E la Croce che io sempre adoro. La Croce del Signore con me. La Croce mio rifugio>>.

Fonte tratta liberamente da: PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P., Il Rosario nella vita cristiana, Istituto Padano di Arti Grafiche-Rovigo, 1978 





LAUS  DEO 

Pax et Bonum 


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano 

martedì 21 gennaio 2014

IL ROSARIO NELLA VITA CRISTIANA DI PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O. P. - PARTE NONA .




 IL ROSARIO 
NELLA VITA CRISTIANA 
di 
 PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P. 
8 gennaio 1918 - +24 ottobre 2002 
Parte Nona 
I MISTERI DOLOROSI 
IL TEMPO DEL SACRIFICIO 

Primo Mistero 
Il Sacrificio della Volontà. Il mistero del Getsemani.
I Misteri dolorosi sono i misteri della prova e del sacrificio. Si trovano necessariamente in ogni vita, poiché questo è il piano dell’Amore infinito che ci vuole bene, ci vuole salvare; dopo averci attratti, dopo averci dato le gioie del fidanzamento spirituale, ci chiede una prova, una dimostrazione d’amore. In quella prova ci purifica, ci rende più degni di sé, ci prepara al trionfo glorioso nell’unione più perfetta con Dio. I Misteri Dolorosi sono doni della Misericordia del Signore, che ci chiede l’immolazione di noi stessi, poiché attraverso il Calvario vuole portarci alla festa della Risurrezione: “Per Crucem ad Lucem. Sono beate le anime che hanno capito che la vita spirituale e soprattutto la vita religiosa è vita di sacrificio, di rinuncia, di prova perenne e con semplicità, senza fare della retorica o del romanticismo spirituale, hanno accettato la “crocifissione”, hanno deciso di dare a Dio, con Gesù e Maria, la prova d’amore. Sono anime che non svuotano né immiseriscono la loro professione di vita spirituale. Rendiamoci conto finché siamo sulla terra, se non ci mancano i momenti di Tabor, siamo chiamati però a seguire Gesù sulla via dolorosa, portando anche noi la nostra croce. Guardiamo a Gesù nel Suo Getsemani, Egli ha amato gli uomini, ha predicato la buona novella, ha convertito, ha guarito, ha consolato. Ora è solo e prega nell’oscurità. Avrebbe bisogno, per il suo cuore umano, almeno per un istante, di consolazione. Ma dove può trovarla? Che cosa vede intorno a Sé? Vede dei discepoli che....dormono! E’ il primo atteggiamento che Gesù riscontra in molti seguaci, lungo i secoli.
Gente che dorme. L’inazione, la neghittosità, la resistenza alla sua attrattiva, l’incapacità o il rifiuto di darsi eroicamente alla Sua causa. Ma vi è anche un altro atteggiamento: quello di Giuda, il discepolo che tradisce con un bacio, con il segno dell’amore. E’ l’atteggiamento dei suoi, specialmente delle anime consacrate, quando peccano. I nemici approfittano dell’ignavia degli uni, della venalità spirituale degli altri, e si muovono nell’ombra, catturano Gesù per consumare il loro deicidio. Gesù si sente solo nel Suo dramma. L’ha attesa quest’ora, ma ora ne sente tutta l’angoscia, non tanto per coloro che avanzano contro di Lui, quanto per coloro che dormono o lo tradiscono. Il Suo sguardo abbraccia i secoli. Vede che in certe zone il Suo sacrificio non servirà a nulla. Vede noi tutti, con i nostri egoismi, le nostre grettezze, i nostri tradimenti, le nostre pigrizie, i nostri peccati. Vede la storia del mondo convergere alla Sua Croce, e che intorno al Suo cuore trafitto vi è tanto bene, ma anche tanto male, soprattutto freddezza, indifferenza, disprezzo, sacrilegio. Ci vede tutti e ciascuno e sente che deve assumere su di Sé il nostro peccato, la nostra miseria; sostituirsi a noi per essere punito ed espiare in nostra vece. Ma sente ribrezzo, Gli riesce insopportabile il nostro peccato. E’ un movimento istintivo della Sua psicologia umana, da cui nasce il Suo dramma. Egli che è il Santo, assumere le responsabilità e la pena del nostro peccato, soprattutto di quello che ci siamo ostinati a commettere anche dopo la Sua Passione e Morte! Gesù accetta pienamente il mandato del Padre, ma ciò non impedisce uno sconvolgimento interno che si ripercuote in tutto il Suo essere, che sembra quasi devastato dalla massa immane del peccato umano. E dal Suo spavento, dal Suo orrore, dallo sforzo compiuto per superare quest’ora, dipende il Suo sudore di sangue. Egli vince e il Suo animo si placa in una più abbondante donazione di Sé al Padre; ma gli rimane in cuore una profonda tristezza, soprattutto per la Sua solitudine. Noi siamo gli assenti, noi che non sappiamo soffrire, donarci, immolarci; noi che non corrispondiamo alle Sue richieste; noi che non partecipiamo a questa agonia di Cristo che al dire di San Leone Magno si prolunga nella storia sino alla fine dei tempi; noi che forse impediamo il compiersi dei disegni di Dio in noi e nel mondo.
Nel primo Mistero Doloroso vi è la lezione dell’ubbidienza di Maria, ubbidienza eroica, che si intravede fra le ombre del Getsemani, unita a Gesù dal vincolo perfettissimo del “Fiat”, che fonde la sua anima con quella di Suo Figlio nella carità desiderosa di immolazione. Maria ci insegna, come per riflesso dell’esempio di Gesù, il sacrificio più importante e più gradito a Dio: “Melior est oboedientia quam victimae”. Come scrive San Tommaso d’Aquino (S.Th., II-II,q.186,a.8.), l’ubbidienza è il voto fondamentale su cui poggia tutta la vita religiosa. Immolata la volontà, che è la radice della vita morale, tutto nell’uomo partecipa a questo stato di vittima e riceve consacrazione. Si sviluppa così in tutta la vita lo spirito del Getsemani.
Secondo Mistero Doloroso. Il Sacrificio della sensibilità. 
L’Espiazione Vicaria 
Gesù lo avevo predetto: il Figlio dell’Uomo, a Gerusalemme, sarebbe stato flagellato (Mt. 20,19).
Una punizione da schiavi e anzi da bestie. Un infierire contro l’uomo per punirlo, provocando il dolore fisico e sensibile, facendogli male. Gesù che volle subire ogni forma di dolore umano per vincere il male, che è la radice del nostro dolore, provò anche la flagellazione. Il motivo della Flagellazione è dato dalla sostituzione che Gesù fa di Sé, a noi, nella pena dei sensi. L’umanità vive in gran parte sotto l’impero dei sensi. La grande ferita del peccato originale ha scatenato le forze delle passioni, fuori del giusto ordine di ragione, di carità, di grazia. Specialmente in certe epoche storiche, come quella in cui Gesù venne nel mondo, e come nell’attuale, sembra che la scala dei valori sia stata capovolta, e domini sovrana, non la forza dello spirito, ma una concupiscenza sfrenata.
L’attuale pansessualismo ne è la peggiore manifestazione, che pretende appellarsi persino a principi teoretici: perversione e degenerazione estrema dell’ordine delle cose. Si forma così un tipo d’uomo << insipiente>>, come lo chiama la Sacra Scrittura, <<simile al cavallo e al mulo, che sono senza intelletto>> (Salmo 31,9), uomo che ripiega sempre più verso il mondo inferiore delle passioni e dei sensi, e di lì trae la ragione di vivere e di agire. E’ quello che si potrebbe chiamare l’uomo-specie, facilmente trasformabile in uomo-massa: senza personalità vera, perché sena Luce di spiritualità nella coscienza e nella intelligenza. A redimere l’uomo da questa condizione è venuto Gesù: per riportarlo al primato dello spirito, per ristabilire in lui il regno dei valori più alti. 
La sua missione esigeva un sacrificio, che ristabilisse il giusto ordine leso con il peccato. Questo aspetto della riparazione e della redenzione lo si può vedere particolarmente attuato nella Flagellazione, che il Rosario ci fa contemplare nella seconda tappa del cammino spirituale tra i misteri del sacrificio. 
Il Signore ha voluto espiare in Sé, nella Sua umanità, nelle Sue carni vive, i peccati commessi dagli uomini con il rovesciamento dell’ordine naturale delle proprie energie e della propria vita nel campo dei rapporti tra corpo e anima: i peccati contro la supremazia dello spirito, contro l’amore spirituale, contro la ragion d’essere dei sensi e delle passioni. Sono specialmente tutti i peccati contro le virtù della temperanza e, sopra tutti gli altri, la lussuria, che rappresenta il massimo di sensualizzazione dell’uomo e di soffocamento dello spirito tra i <<desideri della carne>> (Gal.5,16). 
A questo disordine Gesù ha rimediato sottoponendosi alla pena della flagellazione. E con Lui Maria, che sentiva ripercuotersi nel suo cuore di Madre tutti quei colpi. Vicina o lontana che fosse, non poteva ignorare quella tribolazione. Anche la flagellazione era come una spada di dolore per la sua anima e si affondava nel suo cuore, nei suoi sensi, in qualche modo nel suo stesso corpo. Madre e Figlio, così erano uniti da un solo amore non solo nella sofferenza, ma anche nella riparazione. Da quel loro amore flagellato, sofferente, sbocciava la salvezza del mondo. Il dolore di Gesù e di Maria era una fonte di sollievo per il “nostro dolore”. Si trattava di dolore fisico, quel poco o tanto che tutti nella vita soffriamo. Molti peccano anche contro questo dolore, perché non lo sanno sopportare o consolare. C’è chi non lo sopporta con pazienza, e spesso diventa a sua volta, quando soffre, insopportabile. C’è chi non prova nulla nel cuore quando vede un altro soffrire, non sa accostarsi a lui come un fratello e dirgli, con la parola o con il silenzio, la sua partecipazione d’amore. Sono tutti peccati contro il dolore, che Gesù, con Maria, espia per noi. Il Suo dolore è per noi anche un esemplare per il nostro dolore, un invito alla Speranza, una Luce sulla Croce che ognuno è chiamato a portare, almeno in qualche ora, con la malattia o con l’indisposizione fisica. Quale altezza spirituale noi contempliamo nel dolore fisico di Gesù Flagellato! Altro che la fuga dal dolore che caratterizza specialmente il nostro tempo: quella schiena lacera sotto i colpi della flagellazione è l’immagine fisica, corporea, sanguinante dello spirito di immolazione con cui Gesù ha accettato e ci ha insegnato ad accettare il dolore anche più atroce. 
Terzo Mistero Doloroso. Il Sacrificio dell’Orgoglio. 
L’umiltà di Cristo 
Quando si pensa che Dio, l’Infinito, l’Eterno, l’Immutabile Dio, vivente in Cristo, si sottomette a quella farsa soldatesca, che di Lui, ridotto allo stato di <<obbrobrio degli uomini>> (Salmo 21,7), fa un re da burla, coronato di spine, con una rossa tunica addosso e una canna in mano per scettro, si può capire che cosa è costato a Gesù il nostro orgoglio, e quanta sia la gravità di tale peccato. Dio si è incarnato ed è disceso tra noi per praticare l’umiltà. Nella Sua eterna vita non ci può essere l’umiltà, che è la virtù moderatrice della tendenza ad una disordinata affermazione di sé. In Dio non ci può essere nessun disordine. La Sua <<affermazione di Sè>> coincide con l’infinita perfezione del Suo essere, che non può non volere la propria gloria sopra ogni cosa, perché la Sua gloria è la stessa Sua volontà trascendente, piena di maestà e di onore, che è fine di tutte le creature da essa dipendenti per via di creazione, di governo, di provvidenza. Ma sulla via dell’amore, Dio discende verso di noi, si fa come uno di noi – un povero nato da donna –, come dice San Paolo – prendendo la forma di “servo”. Exinanivit semetipsum. Factus usque ad mortem. (Filip. 2,7). E Gesù stesso, Figlio di Dio fattosi uomo e servo, invita ad imparare da Lui l’umiltà di cuore. L’uomo tende ad esaltarsi. Anche dopo l’Incarnazione e la Passione, quanta superbia, vanità, ambizione nel mondo! Quante di queste male erbe anche nei giardini consacrati! Sono le spine con le quali si fa la corona di Gesù che soffre quella irrisione per espiare il nostro orgoglio. Dinanzi a questo spettacolo, noi siamo più che mai invitati da San Bernardo a vergognarci. Erubesce, superba cinis....<< arrossisci, o cenere superba. Dio si umilia e tu ti esalti?>>. 
Pensiamo alla sofferenza intima dell’anima di Gesù nella Sua coronazione di spine. Egli aveva la coscienza piena della Sua divinità e della Sua regalità sulla terra e sul Cielo. Aveva anche proclamato questa certezza, prima, dinanzi a Pilato : << Sì, sono Re. Il mio Regno non è di questo mondo. Io sono venuto per rendere testimonianza alla verità>> (Gv. 18,37). 
Un Re di verità! La più alta Regalità! Eppure ora subisce quell’oltraggio, in silenzio. Ciò rientra nella economia generale della Sua Passione, che implica la espiazione e la soddisfazione per i nostri falli. Nell’ora della coronazione di spine Maria dovette sentire nel suo cuore tutta la crudeltà di quella farsa celebrata a spese di suo Figlio. Non smarrì la fede in Lui, ma proprio per questo fu più atroce il suo dolore. A Lei l’Angelo dell’Annunciazione aveva parlato di un << Regno senza fine>>, ed ecco a che cosa era ridotta la regalità promessa: un re da burla schernito dai soldati. 
Il terzo Mistero Doloroso ce la fa sentire vicina a Gesù, partecipe della Sua umiliazione e del Suo obbrobrio. 

segue 

FONTE: PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P., Il Rosario nella vita cristiana, Istituto Padano di Arti Grafiche-Rovigo, 1978. 





LAUS  DEO 

Pax et Bonum 


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano 

domenica 19 gennaio 2014

IL ROSARIO NELLA VITA CRISTIANA DI PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O. P. - PARTE OTTAVA .




IL ROSARIO 
 NELLA VITA CRISTIANA 
di PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P. 
 8 gennaio 1918 - +24 ottobre 2002 
Parte Ottava 
La Vita spirituale 
alla scuola del Rosario 


L’Amore 
Dio ci ha amati per primo e per questo ci ha chiamati. Anzi, egli ci è venuto incontro, si è fatto carne, abitò fra noi. Ecco Gesù. Dobbiamo noi pure andare da lui, penetrare sempre più intimamente in Lui, viverlo, credendo e amando. Diamo a Gesù un trono, un altare, sia pure con la Croce, nel nostro cuore. Cerchiamo di capirlo, di studiarlo, di averlo vicino come amico, come sposo dell’anima.
Diamogli importanza, facciamogli posto nella nostra vita. In Gesù possiamo godere la vera gioia: quella di saperci filialmente uniti a Dio. Ma per questo è necessario amare. E’ vero che nessuno va a Gesù, se il Padre non lo attrae, ma è anche vero che raggiungere Gesù è impossibile senza l’amore.
Ecco l’Ancella del Signore”. (Lc.1,38): parola di Maria, parola di ogni anima. “Amiamo Dio, perché Egli ci ha amati per primo”. (I Giov. 4,19). Egli stesso è la forza attrattiva del nostro amore: “Ti ho amato di un amore eterno e per questo ti ho attratto a me con un cuore pieno di misericordia”. (Geremia. 31,3). Cediamo all’attrattiva del Signore. Entriamo in Cristo. Lasciamo che Cristo con il suo Spirito ami il Padre in noi. In Cristo saremo consumati nell’amore. Tutta la nostra vita sarà riassunta da questa parola dei Santi: “Amo Christum”. Amore di compiacenza, certo, ma amore efficace, come quello di Maria, espresso dal “Fiat”. “Non chi grida: Signore, Signore, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei Cieli”. (Mt. 7,21). L’amore di Maria è la copia più perfetta dell’amore di Gesù al Padre. E’ il modello del nostro amore. Il “Fiat” è la vera parola dell’amore. Senza il “Fiat” non ci sono che parole senza vita. Il “Fiat” deve essere la sintesi della nostra vita: << FIAT >> della bocca, ma soprattutto del cuore e delle opere fino a rendere realtà del nostro essere l’invocazione del “Pater”: “Fiat voluntas Tua sicut in coelo et in terra”. (Mt. 6,10). Allora avremo noi pure l’assicurazione dell’Angelo: “Dominus Tecum”. (Lc. 1,29). Il Signore, l’Emmanuele, il Dio con noi, sarà veramente con noi. 

Secondo Mistero 
Dio che visita 
L’intervento di Dio 
Quando l’anima, convertendosi, va a Dio nella fede e nell’amore, ha ben presto la gioia di sentire Dio che viene a lei in Gesù e per mezzo di Maria. Il secondo mistero gaudioso ci svela e ci fa meditare la verità della Provvidenza che interviene nella nostra vita e nella nostra storia; ci invita ad abbandonarci a questa provvidenza amorosa del Padre Celeste. Dio viene a visitare il suo popolo. Dio si comunica all’anima in visite incessanti. Secondo la Sacra Scrittura, Dio può visitare il suo popolo per due motivi: per una giusta punizione o per benedirlo. Gesù che viene nel mondo è Dio che visita il suo popolo per benedire e per salvare. Non è solo una manifestazione della giustizia, è soprattutto una Epifania della Misericordia. Gesù che viene nella casa di Zaccaria è un portatore di grazia e di gioia. Viene come un raggio di sole in una casa che ha conosciuto giorni lunghi di oscurità nella afflizione. Gesù che viene all’anima, viene come raggio di luce, dono di amore. Viene per annunciare la divina misericordia, per invitare alla fiducia, al coraggio, all’abbandono. 
Egli è Dio-Provvidenza che visita l’anima. Ogni momento che passa è una sua nuova visita; perché con la grazia del momento presente, non cessa mai di illuminarci, sostenerci, stimolarci al bene, facendo esultare l’anima nello Spirito Santo. 

Terzo Mistero 
 Cristo Salvatore 
La salvezza 
Ora ci incontriamo con Gesù-Salvatore. L’Aspettato dei secoli, viene. Colui che solo può dare vita all’anima si fa incontro a noi. L’Angelo annuncia << oggi a Betlemme è nato il Salvatore >> (Lc. 2,11). Nella Betlemme di Giudea e nella Betlemme del nostro spirito finalmente germina la salvezza: <<germina attraverso Maria>>. La salvezza che Gesù porta alle anime e al mondo include due momenti: la liberazione dal peccato e la riorganizzazione della vita nella santità. Il peccato è inimicizia con Dio, dissacrazione dell’anima. Storicamente esso è stato la causa del grande disastro umano: perdita della grazia, ferita della natura, decadimento. In ogni anima che affiora all’essere unita al corpo, secondo la normale economia della discendenza di Abramo, il peccato viene contratto come legge che sovrasta, come deficienza che angustia, come macchia che insozza. La ripetizione della triste esperienza dei progenitori nei nostri peccati personali, aggrava la situazione. Quante volte ci chiediamo, quante volte si è chiesto l’uomo nella storia; chi ci salverà? Chi ci potrà salvare? La risposta è venuta dal Cielo. Come è possibile non accendersi della più gioiosa speranza, se c’è in mezzo a noi l’onnipotenza salvatrice del nostro Dio, apparso in Gesù proprio per liberarci dal peccato? Noi possiamo ben dire con Giobbe << Credo che il mio Redentore vive....e nulla è impossibile a Dio>> (Giob.19,52). Accostiamoci a Lui con fiducia, crediamo alla benignità e all’umanità (Tit.3,4) del Salvatore nostro Dio. La sua forza è infinità. 

Quarto Mistero 
Cristo Sacerdote 
Nel Tempio 
L’anima che nel convertirsi alla vita spirituale cerca Gesù, per avere da Lui la luce e la forza della nuova vita, oltre che come “Dio con noi”, “Provvidenza”, “Salvatore”, lo scopre come Sacerdote. 
La redenzione e la salvezza sono opera sacerdotale. Gesù è il mediatore tra gli uomini e Dio, quindi il Sacerdote eternamente voluto dal Padre e consacrato nell’Incarnazione, quando, come leggiamo nella Lettera agli Ebrei, il Padre gli rivolge le grandi parole: << Tu Sei Sacerdote in eterno!>> (Ebr. 5,6; 7,17). Sul Calvario Gesù compie solennemente il Sacrificio in cui offre Se stesso come Vittima: Egli è Sacerdote e Ostia per la nostra salvezza. Ma nella Presentazione si ha la prima manifestazione di questa offerta sacrificale e l’anima che si accosta a Gesù deve riprodurre in sé anche questo mistero di Cristo Sacerdote. Il Tempio è il luogo del Sacrificio. Finora ciò che nel Tempio veniva offerto aveva il valore di figura o simbolo. Era il segno della grande Offerta che sarebbe stata compiuta. Adesso il simbolo e la realtà si ricongiungono, si fondono. Cristo non è nella Sua offerta soltanto un simbolo. Gli Ebrei dovevano per ordine divino consacrare a Dio tutti i primogeniti come sacerdoti; poi questa consacrazione era stata limitata alla tribù di Levi e i primogeniti delle altre tribù venivano riscattati dopo essere stati offerti. Da un punto di vista legale anche per Gesù avvenne il riscatto. Ma c’era nell’atto della Sua offerta un valore sacrificale unico, insostituibile e incancellabile. Nella Presentazione al Tempio Gesù veniva per la prima volta offerto ufficialmente al Padre per le mani di Maria. Tutta la vita di Gesù, fino al Calvario, sarebbe stata una continua offerta, un succedersi di atti religiosi, una realtà essenzialmente religiosa per se stessa. Ma nel Tempio tale religiosità aveva una manifestazione più piena e più splendida, quasi a riconsacrare nello spirito della Nuova Legge il luogo del culto e a concentrare in Cristo Sacerdote la devozione e la preghiera universale. 
La Madonna che offrì Gesù nel tempio, che poi gli fu ministra e socia sul Calvario, ci è accanto per offrirlo in noi e con noi. La sua anima è la più intonata e la più intima all’anima religiosa di Gesù. Nel tempio di Gerusalemme e in quello di ogni anima in grazia è la migliore e più santa coofferente di Cristo e con Cristo. Mettiamoci dunque nelle sue mani, lasciandoci unire da lei a Cristo Sacerdote, offrire da lei, piccole ostie con Cristo Vittima. 
L’uomo vecchio che è in noi canterà allora il suo << Nunc dimittis>>. Soltanto nell’intima adesione della nostra anima all’Anima Christi sacerdotale, possiamo dare a Dio un culto che gli sia accetto.

Quinto Mistero 
Gesù Maestro 
La parola di Cristo 
Gesù nel Tempio di Gerusalemme parla di Suo Padre: << Non sapete che devo occuparmi delle cose del Padre mio?>> (Lc. 2,49). Questa è la Sua missione: rendere testimonianza al Padre, rivelarne la gloria agli uomini, comunicare loro la vita divina. A ogni anima Gesù rivela la gloria del Padre. 
Bisogna farsi piccoli accanto a Lui e allora si apprendono da Lui le parole della sapienza. 
La Madonna si è fatta piccola discepola di Gesù. Per questo ha conosciuto i misteri di Dio, ha veduto la gloria del Padre. I dottori del Tempio si sentirono presi di ammirazione per quanto Gesù diceva: ma tutto fa credere che non si siano fatti piccoli e semplici e che quindi non siano entrati del Regno di Dio. L’anima che vuole unirsi a Dio deve invece, in umiltà e semplicità di spirito, mettersi alla scuola di Gesù, maestro di vita, che ai suoi discepoli rivela il Padre e tutte le verità che lo riguardano e tutte le norme da seguire per giungere in possesso della Sua gloria. 
Gesù Maestro parla prima di tutto interiormente, nell’intimità dell’anima che a Lui si apre e lo ascolta docilmente. Egli è il Maestro interiore, come diceva Sant’Agostino. E’ un Maestro che non manca mai all’anima, anche quando questa si trovasse sprovvista di maestri e di direttori umani. Attraverso la luce e la forza del suo Santo Spirito, Gesù Maestro illumina, conduce, sostiene l’anima lungo le sue vie. Egli risiede e parla in lei come in un tempio: ciò che è necessario è che l’anima nel tempio di sé stessa si raccolga e ascolti e ubbidisca. 

FONTE: PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P., Il Rosario nella vita cristiana, Istituto Padano di Arti Grafiche-Rovigo, 1978. 



  
LAUS  DEO

Pax et Bonum 


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano 

venerdì 17 gennaio 2014

IL ROSARIO NELLA VITA CRISTIANA DI PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O. P. - PARTE SETTIMA .





IL ROSARIO 
NELLA VITA CRISTIANA 
di 
PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P. 
 8 gennaio 1918 - +24 ottobre 2002 
Parte Settima 
La Vita spirituale 
alla scuola del Rosario 

I misteri Gaudiosi: tempo dell’incontro.
Primo Mistero Gaudioso: il Dio con noi.
Dio cerca l’anima. L’anima e Dio sono due termini che devono incontrarsi, due abissi che si richiamano: il primo, per un profondo incoercibile bisogno; il secondo, per un impulso di eterno, gratuito, generosissimo amore. L’anima è una mendicante di Dio, una pellegrina del Cielo. Sant’Agostino ha espresso magnificamente questa indigenza umana, questa invocazione e nostalgia di Dio che spiega le nostre più vive inquietudini e i nostri più magnanimi ardimenti:
Ci hai fatti, o Signore, per Te, e il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in Te! ”.
Tutto il movimento della storia, il progresso della cultura, ogni attività e avventura dell’uomo hanno radice in questo bisogno di Dio, termine ultimo della nostra sete e dei nostri aneliti. Dio chiama l’anima. E’ questa sua eterna vocazione che accende in fondo allo spirito umano i desideri e scava le indigenze. L’anima sente il bisogno di dare una risposta a colui che eternamente la chiama per amore.
Il pastore conosce le sue pecorelle, una ad una, da tutta l’eternità; le segue, le vigila, con uno sguardo di profondità infinita; le chiama per nome, nella vocazione alla vita, alla grazia, alla santità, al Cielo; questa chiamata penetra in loro, le scuote, le agita poiché la Parola di Dio è forza onnipotente; esse riconoscono la voce del Pastore e rispondono al suo richiamo.
Maria è la pecorella più amata, eternamente prescelta. Grande è la sua missione. Quello che fu il desiderio e il tormento dei secoli: raggiungere Dio, si compirà in lei. L’uomo da solo, non può raggiungere Dio; anzi se ne è allontanato, come sperduta pecorella. Il buon Pastore si è messo alla sua ricerca, discende giù nella valle del suo smarrimento. “ Dio si fa uomo, perché l’uomo diventi Dio ”.
E Maria è chiamata a dare a Dio un volto e un cuore d’uomo, ad essere la cooperatrice dell’eterno Padre nel dare al Verbo la natura umana. Questa è la sua vocazione, che la voce di Dio le svela per mezzo dell’Angelo. Finalmente sta per compiersi il grande avvenimento atteso per millenni, poiché “ nulla è impossibile a Dio ” come dice l’Angelo. Si incarna il Verbo, che viene ad abitare fra noi.
La terra ha l’Emmanuele, il Dio con noi: Gesù. Dio discende a noi, in Cristo, affinché noi, in Cristo, saliamo a Dio. Gesù è vero uomo; è il Verbo che si fece uomo come noi, perché nella misteriosa solidarietà spirituale, che a lui avvince, fossimo purificati, redenti, santificati; ma Egli è anche vero Dio, il Dio eterno entrato nel mondo, a cui ogni anima può e deve unirsi, attraverso l’umanità di Gesù, per appagare l’anelito profondo, per rispondere alla vocazione eccelsa. Se il senso della nostra vita è Dio, noi ora possiamo e dobbiamo vivere in Cristo per raggiungere Dio.
L’Incarnazione è il fatto centrale della storia, ma deve misticamente diventare anche il valore fondamentale dell’anima. Il primo passo della vita spirituale è scoprire Gesù, incontrarsi con l’Uomo-Dio, vivere in Lui. Cristo deve diventare la vita dell’anima. Senza di Lui non si può raggiungere la santità e la salvezza. A Lui bisogna dare un trono, un altare al centro del nostro essere. A Lui deve consacrarsi come sposa, a Lui tornare come a Buon Pastore, essa, l’umile, indigente, sperduta pecorella....
Accanto a Gesù, al centro della storia umana e della nostra anima, c’è Maria, Madre di Dio, cooperatrice dell’Incarnazione. Anche la Madre dell’Uomo-Dio deve avere il posto centrale nella nostra anima. Incontrarsi con Gesù è impossibile senza incontrarsi anche con Maria: è Maria che dà Gesù al mondo, che lo dà alle anime. 
Il primo Mistero Gaudioso ci offre questo primo insegnamento. La vita cristiana, la vita spirituale non può svolgersi che inserendosi in Cristo, in unione con Maria. L’unione con l’Emmanuele è la prima pietra che sostiene tutta la costruzione dell’uomo nuovo.
La risposta alla vocazione di Dio 
Dinanzi a Dio che viene, che chiama, come deve comportarsi l’anima? Come deve rispondere alla grande vocazione? Gesù è l’Uomo-Dio, l’Emmanuele che ci chiama a vivere con Lui, in Lui, per vivificarci attraverso la sua Santa Umanità con la forza divina della Grazia. La vocazione al Cristianesimo, alla vita spirituale, alla vita religiosa, è una chiamata a vivere in Cristo e a far vivere Lui in noi. Cristo deve essere concepito nell’anima, misticamente, spiritualmente, come fu concepito corporalmente nel seno di Maria. Egli deve diventare pensiero del nostro pensiero (nella Fede), vita della nostra vita, luce della coscienza, forza del nostro lavoro. Noi dobbiamo scrivere nella nostra vita la più bella biografia di Lui. Il Battesimo segna l’ora del concepimento mistico di Cristo in noi, di noi in Lui. Noi allora siamo rifatti e rigenerati come figliuoli di Dio, cominciamo a vivere, a crescere in Cristo. Ma Cristo pure, si direbbe con molti Padri, rinasce, ricomincia la storia della Sua vita in noi. In ogni persona umana santificata dalla Grazia si sviluppa tutto l’itinerario di Gesù, dal concepimento nel seno di Maria (Madre dell’Emmanuele e Madre spirituale di ogni uomo), fino alla suprema glorificazione celeste. Si tratta di un mistero: quello della vita di Grazia, prolungamento della vita di Cristo in noi che come membri formiamo con Lui un solo Corpo, spirituale e invisibile, ma realismo nel quale solo è per noi possibilità di vita e di salvezza.
Dinanzi a questo mistero, più che scrutare, bisogna adorare. Ma bisogna anche chiederci come rispondere alla vocazione di Gesù che ci chiama a vivere in Lui, come deve avvenire il nostro primo incontro con Lui e in Lui, nella vita spirituale. Vi è chi crede che quell’incontro e quel cammino debbano essere caratterizzati dal “ sentimento ”, o richiedere molto “ sapere ”, o consistere in molte “penitenze e rinunce”. E senza dubbio vi si gusta un certo senso del divino, si provano le gioie purissime del fidanzamento spirituale. E’ anche necessario studiare noi stessi e soprattutto Dio, apprendere la “ scienza dei Santi ”, avere una certa conoscenza delle dottrine spirituali e delle vie e dei mezzi di perfezione.
E’ altresì indispensabile il distacco dal mondo e da se stessi, e quindi la pratica ascetica, la penitenza, la mortificazione cristiana. Siamo nella via “purgativa”, ossia della purificazione. Ma l’essenziale della nostra risposta a Gesù che chiama, è ben più profondo e ricco. Fin da principio la vita spirituale deve essere poggiata su di un fondamento saldo. Essa è vita di Fede e di Amore. La Fede Dinanzi al mistero della sua vocazione, nell’ora dell’Annunciazione, Maria ha un ben chiaro atteggiamento. Ne sente tutta l’arduità, certo; ha molto vivo il sentimento della sua piccolezza dinanzi alla grande Presenza; si accorge di essere sui confini dell’invisibile, dell’intangibile, dell’ineffabile. Ci sarebbe da smarrirsi al pensiero che quella Realtà misteriosa si sta avvicinando, sarà il Dio con noi, per questo diventerà frutto del suo seno verginale! Maria sente il bisogno di fare qualche domanda, di chiedere qualche spiegazione.
Ma avuta la spiegazione dell’Angelo, la sua risposta è semplice e precisa. E’ una risposta di Fede. E’ l’accettazione del mistero dell’Uomo-Dio, l’adesione dell’intelligenza a una Verità che infinitamente la supera e quasi sembra annientarla. Maria crede. Un giorno sarà salutata così: “Beata Te che hai creduto!” (Lc. 1,45). Ma si tratta di una “Fede Viva”. Ossia di una adesione mentale suscitata e comandata dall’amore, di un trasporto di tutto l’essere in Dio, amato, scelto, accolto come sposo.
Da quell’unione sponsale, nella Fede e nell’Amore, nascerà Gesù, non soltanto nel seno, ma anche nello spirito di Maria. Il “fiat” dell’ubbidienza è il supremo atto nel quale Fede e Amore si esprimono e si esaltano. Mentre Gesù entra nel seno materno con un atto di ubbidienza e di annientamento al cospetto del Padre, Maria si unisce a Lui, comincia la sia vita in Lui – prima fra tutti i membri del Corpo Mistico – conformandosi a Lui nella generosa dedizione a Dio:
“Eccomi, o Padre”. “Sia fatto di me come tu vuoi”.
Il primo capitolo della nostra vita spirituale dovrà dunque essere quello della Fede, e di una Fede viva, vibrante di amore. Questa Fede è l’inizio della salvezza. E’ la sostanza della vita cristiana e della perfezione. Bisogna credere a Gesù “Dio con noi”, abbandonando a Lui la propria intelligenza e il proprio cuore, accettando il suo mistero, dando a Lui un’adesione completa e irremovibile. Il desiderio di conoscerlo ne seguirà infallibilmente; il distacco e quindi la mortificazione saranno un bisogno dell’anima che vuole aderire a Lui e lasciare tutto ciò che non è Lui e rendersi sempre più degna di Lui; il sentimento vivo della Sua presenza potrà essere una ricchezza e una gioia interiore, non necessaria, ma benefica, se giustamente valutata. Ma l’essenziale è sempre quello: credere amando, abbandonarsi pienamente a Gesù e quasi “perdersi” in Lui.
Di questa Fede e di questo Amore deve essere fatta la “corrispondenza” alla vocazione: risposta continua, fedele e diciamo pure “esistenziale”. La vita stessa cioè deve essere la nostra risposta.

segue

FONTE: PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P., Il Rosario nella vita cristiana, Istituto Padano di Arti Grafiche-Rovigo, 1978. 







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mercoledì 15 gennaio 2014

IL ROSARIO NELLA VITA CRISTIANA DI PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O. P. - PARTE SESTA .



 
IL ROSARIO 
NELLA VITA CRISTIANA 
di 
PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P. 
 8 gennaio 1918 - +24 ottobre 2002 
Parte Sesta

Misteri Gaudiosi 
 Ecco dunque i misteri gaudiosi dell’anima che, lasciato il peccato, si è rivolta a Gesù. E’ il primo incontro con Gesù, il fidanzamento spirituale con lui, caratterizzato da gioie ineffabili, da delicatezze squisite. L’anima di Cristo trova Dio!
I cinque misteri gaudiosi ci presentano i vari aspetti di questo incontro e di questa unione iniziale.
Primo mistero:
incontro con l’Emmanuele, il Dio con noi (Verbum caro factum est);
Secondo mistero:
incontro con il Dio che “visita”, suprema Provvidenza (come nella visita di Maria a Elisabetta e nel canto di Zaccaria: quia visitavit et fecit redempltionem plebis suae);
Terzo mistero:
incontro con il Salvatore ( Natus et nobis hodie Salvator);
Quarto mistero:
incontro con il Sacerdote (come nel primo ingresso di Gesù nel Tempio);
Quinto mistero:
incontro con il Maestro (come tra i dottori nel Tempio e nel suo ministero).
Misteri Dolorosi 
L’incontro e fidanzamento dell’anima con Gesù Dio, Provvidente, Salvatore, Sacerdote, Maestro, le riempie di pace, di gioia, di luce. Essa è ebbra di entusiasmo, di fervore, di slancio. Sono gli albori della vita spirituale, le prime ascensioni a Dio. Ma Dio chiede all’anima la “prova” di fedeltà nell’amore; chiede che questo amore sia pieno, profondo, coerente, perseverante.
E’ una tappa necessaria nell’economia della salvezza. Il sacrificio è inseparabile dall’amore. Ed ecco i misteri dolorosi della vita spirituale, misteri della “prova” e del “sacrificio”:
Primo mistero:
il sacrificio della volontà (spirito di Getsemani);
Secondo mistero:
il sacrificio della sensibilità (spirito della Flagellazione);  
Terzo mistero:
il sacrificio dell’orgoglio (spirito della Coronazione di spine);
Quarto mistero:
il sacrificio del cuore ( spirito del distacco nel viaggio al Calvario);
Quinto mistero:
la consumazione del sacrificio (spirito della Croce).
Misteri Gloriosi 
Attraverso questa prova, questa immolazione mistica di Gesù e con Maria, si raggiunge la vittoria; per crucem ad lucem! L’anima, purificata e distaccata da tutto ciò che è terreno, conformata a Cristo Crocifisso e a Maria Addolorata, conquista la vera gioia, entra nel regno di Dio. Ha inizio allora, già sulla terra, per perfezionarsi in Cielo, la vita con Dio in Gesù e in Maria. Sono i misteri gloriosi della vita spirituale. Si ha un aumento continuo della vita di grazia, una intimità sempre più grande con Dio, fino alle grazie mistiche più eccelse, fino alla vetta del matrimonio spirituale, che è l’anticipo e il pregustamento della vita d’unione nella gloria del Cielo:
Primo mistero:
la vita di fede (fondata sulla Resurrezione);
Secondo mistero:
la Speranza cristiana (garantita dall’Ascensione);
Terzo mistero:
la carità e i doni dello Spirito Santo (dono della Pentecoste che sempre si rinnova misticamente nella Chiesa e nelle anime);
Quarto mistero:
l’unione a Maria (glorificata nell’Assunzione);
Quinto mistero:
la piena espansione della vita di grazia, fino alla gloria (contemplativa in Maria, negli Angeli e nei Santi).

Il Rosario dunque contiene, con i misteri di Gesù e di Maria, anche i misteri dell’anima cristiana. E’ una buona scuola di vita spirituale. Bisogna imparare a meditare e a contemplare con il Rosario e a ripeterne le preghiere come supplica dello Spirito del Signore perché discenda a trasformare l’anima in Maria e in Gesù, a condurla sul cammino della vita spirituale tracciato da Maria e da Gesù. Allora esso è una preghiera bella, viva, feconda. Allora esso è una forza di santificazione e di salvezza. Possiamo seguire questo itinerario di vita spirituale tracciato dal Rosario, meditando i singoli misteri e la loro inserzione nella nostra vita. Con l’aiuto di Maria forse cammineremo più facilmente sulla via di Dio.

segue 

FONTE: PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P., Il Rosario nella vita cristiana, Istituto Padano di Arti Grafiche-Rovigo, 1978. 




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Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano