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sabato 11 gennaio 2014

IL ROSARIO NELLA VITA CRISTIANA DI PADRE RAIMONDO SPIAZZI O. P. - PARTE QUARTA.




IL ROSARIO 
 NELLA VITA CRISTIANA 
di PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P. 
 8 gennaio 1918 - +24 ottobre 2002 
Parte Quarta 

2) Il Rosario attua mirabilmente anche un altro aspetto e valore della preghiera, in quanto essa è il mezzo principale che la Chiesa ha a sua disposizione per compiere la sua opera nel mondo. Il compito della Chiesa è di grandezza immensa: dare il divino all’uomo, rinnovare l’uomo nella grazia divina. Non è un’impresa che possa compiersi con forze umane. Quello che è soprattutto necessario, per compierla, è ottenere che Dio stesso agisca sull’uomo.
E la preghiera chiede ed ottiene questo intervento Divino. Come Mosè sul monte nell’ora della battaglia, così la Chiesa è l’orante che implora la divina onnipotenza nella grande lotta con il male che i fedeli sono impegnati a combattere nel mondo. Essa non ha << armi carnali >>, ma conta solo sulla virtù di Dio, come dice San Paolo (II Cor. 10,11). Non << in curribus et equis >> sono le sue speranze; non nelle divisioni militari o nei poteri politici; non nelle organizzazioni sociali o nei mezzi offerti dalla tecnica, ma nella virtù di Dio ottenuta con la preghiera. Tutto può essere utile alla Chiesa nel compimento della sua missione nel mondo, ma << porro unum est necessarium >>: ed è che Dio sia con la Chiesa, sia con l’umanità, come pastore, signore e padre. 
Il Rosario è la preghiera con cui il popolo cristiano invoca l’aiuto di Dio. E’ dunque l’umile arma della sua battaglia. Proprio perché è umile, è potente. Dio sceglie le piccole cose per abbattere le grandi: egli che anche per l’incarnazione di suo Figlio scelse un’umile creatura umana e ne fece sua madre, come canta la stessa Vergine di Nazareth: << respexit humilitatem ancillae suae; ecce enim hoc beatam me dicent omnes generationes >> (Lc. 1,48). Dio esalta gli umili (Lc. 1,52), riserva ai piccoli anche il dono della sua rivelazione di Padre, negato a chi purtroppo presume della sapienza terrena (Mt. 11,25). 
Ed ecco che proprio nei secoli della massima infatuazione razionalistica, la Madonna ha ripetutamente additato nell’umile preghiera del Rosario l’arma della salvezza. Si direbbe quasi che è un gioco Divino nella storia. Mentre gli uomini si inebriano in concezioni e sistemi che esaltano la loro ragione, la loro scienza, la loro autosufficienza, la Madonna chiede di pregare con il Rosario e appare con l’umile corona tra le mani; chiede a Bernadette di scavare nel terreno, di lavarsi la faccia con l’acqua che ne sgorga, di baciare la terra....; chiede delle umili cose a delle umili persone – Bernadette a Lourdes e tre pastorelli a Fatima: dei poveri, dei fanciulli, come ha sottolineato il papa Paolo VI nel suo discorso del 3 maggio 1967 sul cinquantenario di Fatima (Cfr. L’Osservatore Romano, 4 maggio 1967) –, per dimostrare che tra i sistemi, le scuole, le organizzazioni, le immani potenze economiche e politiche del mondo attuale, il regno di Dio può farsi strada nel cuore dell’uomo e nella società per l’unica via su cui può avvenire l’incontro tra l’uomo e Dio: quella della fede semplice, della preghiera fiduciosa, della carità ubbidiente, che la Chiesa è chiamata a predicare come itinerario della universale salvezza. 
3) Il Rosario, infine, attua magnificamente un terzo aspetto e valore della preghiera della Chiesa come corpo sociale dei pellegrini del cielo che hanno trovato la << tenda di Dio >>: ed è che con la preghiera corale della Chiesa è come il canto nuziale con cui essa loda e invoca lo Sposo, colui che ha da venire a portarle perfezione e pienezza, colui che, già in essa presente, sempre viene quando con la preghiera gli si apre un nuovo cammino nell’anima, sempre accresce il dono della sua speranza, sempre più accompagna i membri della Chiesa e di tutta la ecumene della grazia, fino al giorno del suo ultimo avvento, quando alla fine della storia raccoglierà tutta la Chiesa, come una sposa perfezionata nella grazia, splendente di gloria celeste, libera ormai da ogni macchia, o ruga, o altra cosa simile ( Ef. 5,27), ricca di << vesti di tela fine, che sonole opere dei Santi >>, come dice l’Apocalisse (19,8), e la presenterà al Padre, ossia farà entrare tutta l’ecumene della grazia nella definitiva pienezza del regno di Dio (Cfr. Ef. 2,29; I Cor. 15,14ss.). 
La Chiesa canta e invoca lo Sposo con la liturgia, e il popolo cristiano ripete il canto. Il Rosario è una partecipazione collettiva a questo canto, pieno di tensione finalistica, escatologica, cerso colui che riempie l’anima di una speranza infinita: << Vieni, Signore Gesù>> (Apoc. 22, 17, 20). Tutto il Rosario gravita verso il Cielo, cui innalza le meditazioni e le preghiere dei fedeli, e si conchiude con il quinto mistero glorioso, dove l’anima già si inebria nella contemplazione della gloria di Dio partecipata agli angeli e ai santi. Così si allargano gli orizzonti dello spirito e si innalzano i pensieri e i desideri del cuore. Fiorisce nell’anima la stessa poesia del Cielo, che ha fatto comporre alla Chiesa il poema della liturgia. Il popolo cristiano trova il vero punto di riferimento anche per la vita sociale: la vita eterna, che fornisce la ragione di vivere anche quaggiù. 
Nel cuore dei fedeli si radica sempre più la certezza che sostiene la Chiesa nel suo duro cammino nei secoli: la sua vocazione a una Patria immortale (Lumen Gentium, nn.48-68). Nel Rosario il canto dell’eterna speranza è ripetuto con la Chiesa e con Maria. La Madonna nè è ispiratrice e mediatrice; che sa raccogliere e ripetere il suo canto, con la Chiesa, pone in sé la principale premessa della diffusione del regno di Dio anche nella società terrena: l’elevazione dell’anima al gusto delle cose eterne. Ed è soprattutto questa legge dell’eterno che noi cristiani d’oggi dobbiamo ricordare e applicare anche nell’occuparci delle cose di quaggiù, in forme di servizio, per il bene delle nazioni, lo sviluppo dei popoli, la pace del mondo, la realizzazione della giustizia sociale e la elevazione culturale di tutte le classi. 
E’ nella luce di Cristo, Alfa ed Omega della storia (Apoc. 22,13), che noi siamo chiamati a fare tutto questo. Sicché è e sarà sempre attuale anche l’umile pratica del Rosario, che con lo stesso cuore delle nostri madri, delle nostre nonne, dei pii fedeli di ogni tempo, ci fa pensare a Cristo in unione a Maria, ci fa invocare la sua grazia con l’intercessione di Maria. Capire il Rosario, oggi come sempre, è capire Maria, la sua funzione salvifica nella storia come collaboratrice e ministra di Cristo, la sua maternità nelle anime e sulla Chiesa. 
Praticare il Rosario è partecipare come membri del corpo di Cristo alla sua missione salvifica, in comunione con tutta la Chiesa e specialmente con Maria; è portare il più valido contributo all’avvento del regno di Dio che, come un lievito, si inserisce nella pasta umana per tutto santificare ed elevare fino all’altezza delle cose eterne ( Cfr. Mt. 13,33). 

segue 

FONTE: PADRE RAIMONDO SPIAZZI, O.P., Il Rosario nella vita cristiana, Istituto Padano di Arti Grafiche-Rovigo, 1978. 






LAUS  DEO

Pax et Bonum 


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano