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domenica 27 dicembre 2015

ATTORNO ALL'ALTARE CON SAN FRANCESCO D'ASSISI - PARTE QUINTA.




Lettera a tutti fedeli 

A tutti i cristiani, religiosi, chierici e laici, uomini e donne, a tutti coloro che abitano nel mondo intero, frate Francesco, loro servo e suddito, manda ossequio riverente, e invoca dal cielo vera pace e sincera carità nel Signore. 
Essendo io di tutti servo, sono tenuto a servire tutti e a diffondere le fragranti parole del Signore. Quindi con la mente considerando ch’io non posso personalmente per la infermità e debolezza del corpo mio visitare ciascuno, mi son proposto con la presente lettera e messaggio, di riferire le parole del nostro Signore Gesù Cristo, il quale è il Verbo del Padre e le parole dello Spirito Santo le quali sono spirito e vita. 
Questo Verbo del Padre tanto degno, tanto Santo e tanto Glorioso, lo annunziò l’Altissimo Padre che dovesse venire dal cielo, per bocca del suo Santissimo Angelo Gabriele, alla Santissima e Gloriosissima Vergine Maria, dall’utero della quale prese la vera carne della nostra umanità e fragilità. Questi essendo ricco sopra ogni cosa, volle con la sua Beatissima Madre eleggere la povertà. E vicino al tempo della sua passione volle celebrare la Pasqua con i suoi discepoli. E pigliando il pane e avendo reso grazie e benedettolo, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: << Pigliate e mangiate, questo è il Corpo mio >>. E pigliando il calice disse: << Questo è il Sangue mio del nuovo Testamento, il quale per voi e per molti sarà sparso e versato in remissioni dei peccati >>. 
Di poi pregò il Padre dicendo: << Padre sia fatta la volontà tua, non come io voglio, ma come vuoi tu >>.  
La volontà del Padre fu tale che il suo Figlio Benedetto e Glorioso, che egli ci ha dato, offrì se stesso il proprio Sangue, Sacrificio e Ostia, sull’altare della Croce, non per sé, per il quale tutte le cose sono fatte, ma per i nostri peccati, lasciando l’esempio acciò seguiamole sue vestigia, e lo riceviamo con puro cuore e casto corpo. Ma pochi sono che vogliono riceverlo e per lui essere salvati, benché il gioco suo sia soave e il peso suo leggero. 
Coloro che non vogliono gustare come sia soave il Signore, non volendo adempiere i Comandamenti di Dio, sono maledetti, di loro dice il Profeta: Maledetti quelli che si discostano dai tuoi Comandamenti. Ma, oh, quanto beati e benedetti sono quelli cha amano Dio, e fanno come il Signore stesso dice nell’Evangelo: Ama il tuo Signore con tutto il cuore tuo e con tutta l’anima tua, e il prossimo tuo come te stesso. Amiamo dunque Dio e adoriamolo con puro cuore e con pura mente, perché egli sopra ad ogni cosa cerca questo quando dice: I veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità. E’ necessario che tutti quelli che l’adorano, l’adorino in Spirito e Verità. E diciamogli laude e orazioni giorno e notte dicendo: Padre nostro che sei nei cieli, perché è necessario sempre pregare e non stancarsi. 
Dobbiamo anche confessare al Sacerdote ogni peccato e da lui ricevere il Corpo e il Sangue del nostro Signore Gesù Cristo, perché il Signore dice: Chi non mangia la Carne mia e non beve il mio Sangue non può entrare nel regno di Dio. Degnamente però lo mangi e lo beva, perché chi lo riceve indegnamente mangia e beva il proprio giudizio, non giudicando il corpo del Signore, cioè non discernendolo dagli altri cibi. Facciamo ancora degni frutti di penitenza,e amiamo i nostri prossimi come noi medesimi. 
E se alcuno non vuole o non li può amare come se medesimo, almeno non faccia loro male; ma faccia loro del bene… 
Dobbiamo anche visitare le chiese frequentemente e riverire gli ecclesiastici, non tanto per loro che possono essere peccatori, ma per l’ufficio e il ministero del Santissimo Corpo e Sangue del nostro Signore Gesù Cristo che essi sacrificano sull’altare o ricevano e amministrano agli altri. E sappiamo tutti fermamente che nessuno può essere salvo se non per il Sangue del nostro Signore Gesù Cristo e per le sante parole di Dio, che i chierici dicono e annunciano e amministrano: ed essi soli debbono amministrare e non altri. Specialmente i religiosi, i quali hanno rinunciato al secolo, sono tenuti a fare ancora cose maggiori, ma non a lasciare queste. 
E tutti quelli che non fanno penitenza e non ricevono il Corpo e il Sangue del nostro Signore Gesù Cristo, ma operano vizi e peccati, e vanno dietro la mala concupiscenza e i mali desideri e non osservano quelle cose che hanno promesse e servono al mondo corporalmente e ai desideri carnali e alle cure e sollecitudine di questo secolo e con la mente servono al diavolo, ingannati da lui, del quale sono figliuoli e fanno le opere sue, son ciechi, perché non vedono il vero lume, cioè il Signore nostro Gesù Cristo. 
Questi non hanno la vera sapienza spirituale, perché non hanno in loro il Figlio di Dio, il quale è la era Sapienza del Padre. 

FONTE: Luciano Canonici - Francescano, 
Attorno all’altare con San Francesco d’Assisi. Edizioni FIAMMA NOVA ROMA 1968. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano 

venerdì 25 dicembre 2015

NATALE DEL SIGNORE 2015.




AUGURI DI SERENO NATALE

Pace e Bene

Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano

domenica 20 dicembre 2015

ATTORNO ALL'ALTARE CON SAN FRANCESCO D'ASSISI - PARTE QUARTA.



Gli scritti di San Francesco sull’Eucaristia 
( raccolta antologica ) 



Questa raccolta 


Dagli scritti di San Francesco, noi abbiamo scelto soltanto i brani più significativi che riguardano l’Eucaristia, che del resto, come abbiamo fatto notare, è il tema su cui il Santo torna più frequente. Quelli da noi scelti non sono gli scritti ufficiali o burocratici ( come le regole ); ma i più intimi: le lettere, le ammonizioni, il suo testamento spirituale. C’è dentro la sua voce viva, il suo desiderio di dialogo con tutto il mondo e con ognuno di noi. 
Oltre ad aver presentato San Francesco come santo dell’Eucaristia ed averne sintetizzato il pensiero, ci è sembrato necessario metter ognuno a contatto immediato con la sua parola, per una lettura ed una meditazione personale. 
Soprattutto i suoi figli spirituali ed i suoi amici non dovrebbero fare a meno di questa presa di contatto, proprio per potersi misurare con lui e poter verificare quanto lo segue e quanto gli somiglia, almeno nelle cose fondamentali: e la fede e la venerazione per l’Eucaristia e senz’altro fondamentale nella vita del cristiano, soprattutto quando fosse indispensabile una messa a punto con inesattezza o errori di pensiero e di atteggiamento. 
Abbiamo seguito quest’ordine: lettere, ammonizioni, testamento.
Non abbiamo elementi sicuri per datare questi scritti. Accenniamo a quelli a quelli riportati, dandone la datazione più probabile: 
a) Lettera a tutti i fedeli ( la maggioranza la pone tra il 1215 ed il 1223; io penso piuttosto al 1224-25 ); 
b) Lettera a tutti i chierici ( forse 1226 ); 
c) Lettera al Capitolo generale ( non ci furono capitoli generali dal 1223 al 1227; ma forse fu scritta anche questa verso il 1225-26, in occasione di qualche << capitolo >> particolare, quando San Francesco era giunto alla fine della sua vita ); 
d) Lettera ai governanti ( è anteriore alla precedente inviata al Capitolo; comunque risulta scritta dopo il 1223 ); 
e) Lettera a tutti i custodi ( verso il 1223 ). Siccome San Francesco stesso precisa di aver scritto le lettere ( e non soltanto quella ai fedeli ), quando non poteva recarsi di persona a comunicare il suo pensiero, io ritengo che tutte siano state scritte negli ultimi due anni della sua vita, 1224-26. 
f) Ammonizioni. Impossibile datarle. Sono raccomandazioni che il Santo ripeteva spesso ai suoi frati o ai fedeli. Forse sono state raccolte da altri, dalla viva vocedel Fondatore. Noi ne abbiamo riportate soltanto due: quelle che interessano direttamente l’insegnamento sulla Eucaristia e il rispetto del sacerdote. 
g) Testamento. Scritto come documento spirituale, per aiutare i suoi frati ad << osservare più fedelmente la Regola >>. Databile agli ultimi mesi della sua vita, settembre-ottobre 1226. 

La traduzione è fatta sull’edizione Quaracchi ( Opuscula sancti Patris Francisci, Quaracchi 1949 ). 
Sono state consultate anche le edizioni italiane: 
a) Gli scritti di San Francesco d’Assisi e i Fioretti, a cura di Augusto Vicinelli, Milano ( Mondadori ), 1995; 
b) Tutti gli scritti di San Francesco seguiti dai Fioretti, a cura di Henry Furst, Milano ( Longanesi ), 1951; 
c) Gli scritti di San Francesco d’Assisi, introd. E note di V. Facchinetti, testo riveduto e aggiornato da Fr. Giacomo Cambelli O.f.m., Milano ( Vita e Pensiero ) 1967. 
Inoltre l’edizione francese: Les Ecrits de Saint François d’Assise, Paris, 1955. 
Per le lettere a tutti i fedeli e ai reggitori di popoli, si può utilmente consultare il libro di Silvio Antonio Riva: Lettere di San Francesco agli uomini di oggi, Brescia ( Ed. Franciscanum ), 1961. 
Per un approfondimento più ampio sul tema da noi trattato, vedere: L’Eucaristia nella Spiritualità francescana, nella serie << Quaderni di Spiritualità francescana >>, n. 3, pp. 148, S. Maria degli Angeli, Assisi 1962. 
Per una visione completa dell’argomento e i suoi addentellati, si possono utilmente consultare, nella stessa collana di << Quaderni >>, anche quelli dedicati a: 
Gesù Cristo nella Spiritualità francescana; 
- Il Sacerdote nella Spiritualità francescana


FONTE: Luciano Canonici - Francescano, 
Attorno all’altare con San Francesco d’Assisi. 
Edizioni FIAMMA NOVA ROMA 1968. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano 

lunedì 14 dicembre 2015

ATTORNO ALL'ALTARE CON SAN FRANCESCO D'ASSISI - PARTE TERZA.




III - Sintesi teologica sull’Eucaristia 


Gli scritti di San Francesco ci offrono per intero e per esteso la dottrina teologica sull’Eucaristia: l’istituzione, il << memoriale della Morte e della Risurrezione del Signore >> ( cfr anche Sacr. Concilium, 47 ), il sacrificio di Cristo, la presenza reale e il Pane di vita eterna. Il Santo insiste sulle condizioni per ricevere il Corpo di Cristo e su quelle per amministrarlo degnamente: da qui, il sommo rispetto per i sacerdoti, per le chiese, per la Sacra Scrittura. 

Vediamo nei particolari questi insegnamenti.
 

a) Istituzione dell’Eucaristia. 
Nella lettera a tutti i fedeli, viene ripetuta la descrizione dell’ultima cena, con le parole del Vangelo ( soprattutto di San Matteo ) e del Canone della Messa.
 

b) Memoriale del Signore. 
Nella lettera al Capitolo Generale, è ricordato: << Ha detto Egli stesso: “ Fate questo in memoria di me ”; se qualcuno agisse diversamente, diventerebbe un altro Giuda traditore, e si renderebbe colpevole verso il Corpo e il Sangue del Signore >> . Un richiamo simile è nella lettera ai governanti. 
Nel commento al Pater noster, San Francesco chiede come << pane nostro quotidiano >> al Padre: << il diletto Figlio tuo, Signore nostro Gesù Cristo… perché possiamo ricordare e capire e onorare l’amore che Egli ebbe per noi, e tutto ciò che per noi disse, fece, sopportò >>. 
Ecco, dunque, l’Eucaristia << memoriale >> perenne di tutta la vita del Cristo per noi, è centro della vita cristiana. 
 

c) Sacrificio di Cristo. 
Del sacrificio di Cristo, rinnovato sull’altare dal sacerdoti, parla nella lettera a tutti i fedeli; nella lettera al Capitolo generale, in cui è posto l’accento sul fatto che << Egli solo opera in questo mistero, come a Lui piace >>; e che il merito e il valore della Santa Messa si estendono ed applicano ai << presenti ed assenti che ne sono degni >> . 
 

d) Gesù Eucaristia esempio di umiltà. 
Nelle Ammonizioni, San Francesco invita a considerare l’umiltà del Figlio di Dio che, dopo essersi umiliato nell’Incarnazione, << viene a noi tutti i giorni sotto apparenze umili; tutti i giorno discende dal seno del Padre sull’altare, tra le mani del sacerdote >>. Un inno a questa sublime degnazione è contenuto nella lettera al Capitolo generale.
 

e) Presenza reale.  
L’Eucaristia è << la sola cosa che noi in questo mondo abbiamo corporalmente dell’Altissimo >>. 
Questa presenza reale è affermata e confessata in continuazione da San Francesco: nella lettera ai chierici; nella lettera al Capitolo generale; nel Testamento; nelle Ammonizioni
Si può, anzi dire che questa è la realtà che maggiormente entusiasma il Santo, lo invita alla devozione per le chiese, e per i sacerdoti. Da questo insegnamento, avranno origine anche molte forme della devozione eucaristica di tutti i francescani. Nella lettera a tutti i fedeli, s’insiste sulle visita: << Dobbiamo fare frequenti visite nella chiesa >>.
 

f) Rispetto per l’Eucaristia. 
Dalla fermezza di fede nel mistero eucaristico e nella presenza reale, consegue l’altissimo rispetto che se en deve avere: << Io voglio che questi santissimi misteri siano onorati e venerati al di sopra di ogni altra cosa e che siano riposti in luoghi preziosamente ornati ( Testamento ). 
La stessa povertà francescana, a questo riguardo, deve essere proposta, poiché non si tratta più dei frati, ma del Signore dell’universo ( Lettera ai custodi ). 
Ma il rispetto esterno sarebbe soltanto ipocrisia, se non fosse accompagnato o non fosse originato dalla purezza interiore di chi riceve nel proprio corpo il corpo di Cristo ( Lettera ai fedeli ), o da chi lo consacra e lo amministra ( Lettera al Capitolo generale ).
 

g) Condizioni per amministrare e ricevere l’Eucaristia.  
Il discorso di San Francesco si fa più insistente, quando si rivolge ai sacerdoti che debbono consacrare ed amministrare l’Eucaristia o ai fedeli che la ricevano. 
E’ necessaria non soltanto la grazia abituale, ma anche la speciale grazia che faccia distinguere con attenzione e devozione il cibo eucaristico da ogni altro cibo: << Tutti coloro che videro il Signore Gesù Cristo nella sua umanità, e non videro né credettero, non ubbidendo alla voce del Divino Spirito, che Egli era il vero Figlio di Dio, sono condannati. Così, ora, tutti coloro che vedano il Sacramento del Corpo di Cristo, che viene consacrato per mezzo delle parole del Signore sull’altare, dalle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non credono, ubbidendo alla voce del Divino Spirito, che sia veramente il Corpo e il Sangue del Signore Gesù Cristo, sono condannati >> ( Ammonizioni ). 
<< Badiamo, quanti siano chierici, di evitare il grande peccato e l’ignoranza che alcuni hanno intorno al Santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo… 
Tutti quelli, poi, che amministrano così sacrosanti misteri, e specialmente coloro che li amministrano senza il dovuto rispetto, considerano tra loro quanto poveri siano i calici, i corporali, i lini che vengono usati per la consacrazione del Corpo e del Sangue del Signore nostro Gesù Cristo: il quale è lasciato da molti in luoghi indegni, viene portato per via in modo lacrimevole, viene consumato senza le dovute disposizioni e amministrato senza riverenza >> ( Lettera a tutti i chierici ). 
Ai fedeli pure va il richiamo: << L’uomo disprezza, contamina e calpesta l’Agnello di Dio, quando - come dice l’Apostolo - non distinguendo nel suo giudizio né discernendo il Santo Pane del Cristo dagli altri cibi o azioni, lo mangia con leggerezza e senza le dovute disposizioni. Dice infatti, il Signore per bocca del Profeta ( Ger. 48, 10 ): << Maledetto colui che compie con frode l’opera del Signore >> ( Lettera a tutti i chierici ).
 

h) Preparazione alla comunione. 
Perché la comunione sia devota ed efficace, e produca quindi i frutti voluti da Cristo, è necessario lo stato di grazia ( Ammonizioni ); la fede e la devozione, la purezza di cuore e d’intenzione ( Lettera ai fedeli; e Lettera al Capitolo Generale ); ed inoltre una abituale santità o almeno un costante proposito di tendere verso la santità ( Lettera al Capitolo generale ). 
Da qui, l’insistenza sulla confessione sacramentale e sulla contrizione abituale: << I frati non debbono omettere di ricorrere ai Sacerdoti, poiché la potestà di legare e di sciogliere è stata accordata soltanto ai sacerdoti. Così contriti e confessati, essi riceveranno il Corpo e il Sangue del Signore nostro Gesù Cristo, con molta umiltà e venerazione, ricordando ciò che dice il Signore stesso: Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue ha la vita eterna; fate questo in memoria di me >> ( Ammonizioni XX ). 
E nella Lettera ai fedeli: << Noi dobbiamo confessare al sacerdote tutti i nostri peccati, e ricevere da lui il Corpo e il Sangue del Signore nostro Gesù Cristo >>. 
Né basta un semplice atto di penitenza, ma è necessario vivere in uno stato di pentimento abituale, apportando in continuazione frutti degni di penitenza nel distacco del peccato: << Ora, tutti coloro che non vivono nella penitenza e non ricevono il Corpo e il Sangue del Signore nostro Gesù Cristo; ma si danno ai vizi e ai peccati; che seguono la propria concupiscenza e i loro cattivi desideri; che non osservano quanto hanno promesso; coloro il cui corpo è schiavo del mondo, dei desideri carnali, delle preoccupazioni e sollecitudini secolari, schiavi del diavolo che l’inganna ( essi infatti sono suoi figli e compiono le sue opere9: tutti costoro sono dei ciechi, poiché non vedono la vera luce, il Signore nostro Gesù Cristo >> ( ibid. ).
 

i) Rispetto per i sacerdoti.
Strettamente collegato con la venerazione per l’Eucaristia, San Francesco inculca in tutti i suoi scritti il più alto rispetto per i sacerdoti, dei quali non vuole considerare la vita privata, ma soltanto la dignità eccelsa di ministri dell’Eucaristia. Forse nessun altro Santo ha tanto insistito su questo concetto: eppure egli, per umiltà, non volle essere consacrato sacerdote! E c’è anche da considerare quale disistima verso i sacerdoti era diffusa nel periodo storico in cui egli visse. 



l) Il sacramento dell'Amore.
Per San Francesco, l’Eucaristia non è soltanto questione di fede; ma è principalmente questione di vita. L’uomo diventa abitazione di Dio, viene inserito nella vita divina ( Lettera a tutti i fedeli ). Anzi, al momento della comunione, lo Spirito Santo, presente con la grazia, accoglie Gesù nell’anima del fedele ( Ammonizioni ). Inseriti nella vita divina, dobbiamo amarci come fratelli e figli dello stesso Padre ( Lettera a tutti i fedeli ). 
L’Eucaristia deve essere veramente il simbolo e la forza d’unione della comunità. Per questo, nella Lettera al Capitolo generale, San Francesco insiste che nelle chiese francescane ci sia l’unica Messa della comunità, per sentirsi tutti partecipi della stessa mensa e quindi totalmente fusi: un cuore solo, un’anima sola ( Lettera al Capitolo generale ). 
Il quadro è completo; San Francesco ci si presenta così non solo fortemente basato sulla migliore tradizione dogmatica della Chiesa Cattolica, ma anche aperto all’insegnamento che nessuna revisione e nessun aggiornamento teologico potrà rinnegare. 
Tanto vero, che anche oggi noi possiamo riprendere in mano i suoi scritti e riscontrare la perfetta consonanza con i decreti del Concilio Vaticano II e con il magistero di tutti i Papi, fino a Paolo VI. 
E, del resto, la fedeltà all’insegnamento della Chiesa, la scrupolosità nel rispettarne i riti, sia nella celebrazione eucaristica che nella recita dell’Ufficio Divino, è un altro dei punti su cui San Francesco ha particolarmente insistito. 
 


MOMENTI DI RIFLESSIONE 
1. Quali sono i punti fondamentali dell’insegnamento eucaristico di San Francesco? 
2. Quali altri insegnamenti sono dati da San Francesco, che abbiano rapporti diretti o indiretti con l’Eucaristia? 
3. Quali conclusioni pratiche potresti tirare per la tua vita spirituale dagli insegnamenti di San Francesco? 

FONTE: 
Luciano Canonici - Francescano, 
Attorno all’altare con San Francesco d’Assisi. 
Edizioni FIAMMA NOVA ROMA 1968. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano 

martedì 8 dicembre 2015

ATTORNO ALL'ALTARE DI SAN FRANCESCO D'ASSISI - PARTE SECONDA.




II - L’Eucaristia 
preoccupazione fondamentale 


Il Dio con noi 

Non avremmo davanti San Francesco in tutta la sua grandezza e spiritualità, se trascurassimo - come, purtroppo, la maggioranza dei biografi ha fatto - il suo impegno di parlare e di scrivere a tutti, di ripetere in ogni circostanza la sua esperienza mistica e di invitare gli altri a fare altrettanto. 
Mentre ai fedeli in genere ( o, forse, in particolare ai Penitenti che, pur restando nelle loro case, avevano deciso di seguire le sue indicazioni ) scrisse una sola lettera, per i suoi frati, per i suoi intimi, impegnò molto maggior tempo e carta. Alle due Regole note ( quella del 1221 e quella del 1223 ) potremmo aggiungere soprattutto la raccolta di Ammonizioni, che forse il Santo non ha mai scritto ( almeno come raccolta sistematica ), ma che erano l’argomento delle sue quotidiane conversazioni con i frati, e rappresentano senz’altro il sustrato della Regola stesso, e di tutto il pensiero e il messaggio di San Francesco. 
Il fatto che esse ci siano state conservate dalle più antiche raccolte di Fonti Francescane ( almeno dall’anno 1245 ) sta a documentare non solo la genuinità della provenienza e l’importanza che ad esse dettero i primi frati, ma anche la volontà del Padre perché fossero tenute nel debito conto. 
Di contro alle Regole ( testi ufficiali e giuridici, con rimaneggiamenti esterni voluti dall’autorità ), le Ammonizioni restano, dunque, la voce più immediata tra Padre e Maestro. Vediamo le linee fondamentali. 
Alla base della fede e dell’insegnamento di San Francesco, come dicevano, è la realtà dell’Incarnazione del Figlio di Dio e della sua Presenza reale nell’Eucaristia. 
Ne parla nelle Regole ( soprattutto nel cap. XX della prima ); nella lettera a tutti i fedeli; interamente a questo argomento è dedicata la lettera a tutti i chierici; con insistenza ci tornerà nella lettera al Capitolo generale e a tutti frati; lo lascerà come sua estrema volontà nel Testamento; ad esso è dedicata la più lunga delle sue Ammonizioni, la prima: Del Corpo di Cristo. Qui il suo discorso diventa caldo, vivo, contemplativo e descrittivo: << Ecco, ogni giorno ( il Figlio di Dio ) si umilia, come quando dal trono regale discese nel seno della Vergine; ogni giorno egli viene a noi in umile sembiante; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come apparve ai Santi Apostoli nella vera Carne, così anche ora si mostra a noi nel Pane Consacrato; e come essi con la vita corporale vedevano solo la sua carne, ma credevano ch’egli era Dio contemplandolo con gli occhi dello Spirito, cos’ anche noi, vedendo con gli occhi del corpo il pane e il vino, dobbiamo vedere e credere fermamente che il suo santissimo Corpo e Sangue è vivo e vero. In tal modo il Signore è sempre coi suoi fedeli, come dice egli stesso: Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo ( Mt. XXVIII, 20 ) >>. 
Tornerà poi, nelle beatitudini, ad esaltare chi rispetta i chierici perché amministrano il Corpo di Cristo. 
Altra testimonianza della continua sollecitudine di San Francesco per i suoi figli è la lettera che, verso la fine della sua vita ( probabilmente dopo le stimmate ), inviò al Capitolo e a tutti i suoi frati
Torna pressante l’invito alla lode costante di Dio, all’ascolto devoto della sua parola, al rispetto per l’Eucaristia; ed abbiamo qui meglio che in altre pagine l’esaltazione lirica del sacerdote, ministro del Corpo e del Sangue di Cristo. Una nota che riesce solo ora, dopo il Concilio Vaticano II, a comprendersi bene è quella di avere un’unica celebrazione quotidiana della Messa nei Conventi, per poter riunire tutti, sacerdoti e fratelli, attorno all’unico altare e all’unico Sacrificio.



L’Eucaristia e la Sacra Scrittura 

Unito al rispetto per l’Eucaristia è quello per la Sacra Scrittura; pensiero costante di Francesco, nelle Regole, nel Testamento, nelle Ammonizioni, oltre che in questa lettera: << Raccomando a tutti i miei frati, esortandoli nel nome di Cristo, che, dovunque troveranno scritte le divine parole, le venerino come possono, e per quanto tocca a loro, se non fossero ben collocate o giacessero abbandonate in un luogo indegno, le raccolgano e conservino, onorando in quelle parole il Signore che le ha profferite. Molte cose infatti vengono santificate dalle parole di Dio ( I Tim. IV, 5 ), e proprio in virtù delle parole di Cristo si compie il Sacramento dell’Altare >> ( Lettera al Capitolo Generale ). 
In un’altra lettera a tutti i custodi, oltre al richiamo costante sull’Eucaristia, c’è una novità, di cui sembra abbia poi avuto origine il suono della campana al tramonto: << Per ciò riguarda la lode ( di Dio ), insegnate e predicate che, ad ogni ora e al suonare delle campane, sempre da tutto il popolo siano rese lodi e grazie all’Onnipotente Iddio su tutta la terra >>. 
Il valore e la novità dell’esortazione si comprendono meglio se messi in rapporto con quanto troviamo nella lettera ai governanti: << Cercate che sia molto onorato il Signore dal popolo che vi è stato affidato, e perciò ogni sera fate ricordare o per mezzo di un messo o con qualche segno al popolo tutto, di rendere lode e grazie al Signore Iddio >>. 
Con i governanti, San Francesco non fa politica; anzi, accenna nemmeno alle realtà terrestri; fa soltanto richiami all’umiltà, alla penitenza, alla frequenza devota dei sacramenti. Termina così: << E se non lo farete, sappiate che dovrete rendere ragione davanti al Signore Iddio vostro Gesù Cristo, nel giorno del giudizio >>.


MOMENTI DI RIFLESSIONE 

1. Quale importanza hanno gli SCRITTI di San Francesco, per approfondire i temi fondamentali della spiritualità francescana? 
2. Qual è la preoccupazione costante di San Francesco nell’educare e formare i suoi figli ad una vita veramente << cattolica >>? 
3. In quali scritti soprattutto San Francesco parla dell’Eucaristia?

FONTE: 
Luciano Canonici - Francescano, 
Attorno all’altare con San Francesco d’Assisi. 
Edizioni FIAMMA NOVA ROMA 1968. 


LAUS  DEO

  Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano


 

giovedì 3 dicembre 2015

ATTORNO ALL'ALTARE CON SAN FRANCESCO D'ASSISI- PARTE PRIMA.



I - Francesco d’Assisi 
Santo dell’Eucaristia 


Dice Tommaso da Celano. . . 

L’Eucaristia è il centro della vita cristiana. Non c’è dunque da meravigliarsi se è al centro delle preoccupazioni e delle devozioni dei Santi, che sono stati i cristiani più veri. 
San Francesco d’Assisi è un esempio di questa devozione verso il Corpo del Signore. 
Frate Tommaso da Celano, che lo conobbe bene e ne scrisse la vita, ci dà queste informazioni: 
<< ( San Francesco ) ardeva di un fervore, che lo investiva tutto verso il sacramento del Corpo del Signore, e non riusciva a capacitarsi di una degnazione così affettuosa e di una carità così benevola. Riteneva grande vergogna non ascoltare ogni giorno almeno una santa Messa, se ne aveva la possibilità. Si comunicava spesso, e con tanta devozione da rendere devoti gli altri >> ( II Cel. 196 ). 
E seguita la descrizione del Santo che, commemorando il sacrificio di Cristo, offriva in sacrificio anche se stesso. La devozione per l’Eucaristia spingeva il Poverello a desiderare chiese ben adorne, altari ricchi, calici e pissidi preziose. E tributava riverenza ai sacerdoti, perché essi consacrano, toccano, distribuiscono il Corpo di Cristo. << Spesso diceva - Se mi capitasse d’incontrare nel medesimo tempo un santo disceso dal Cielo e un sacerdote poverello, riserverei il primo onore al sacerdote, correndo a baciargli le mani; e all’altro direi: Tu puoi ben attendere, San Lorenzo, perché le mani di costui accostano il Verbo di vita e possiedono una cosa che è al di là di ogni potere umano >> ( II Cel. 197 ). 


Il pensiero di San Francesco 

Ma il santo stesso, nei suoi vari scritti, ci ha tanto parlato dell’Eucaristia, che non abbiamo bisogno di altre testimonianze. Tentiamo ora di raccogliere i suoi principali insegnamenti, dando prima ad una rapida notizia sui suoi scritti stessi. 
San Francesco, non potendo raggiungere tutti con il suo apostolato personale, s’impegnò infatti a scrivere lettere alle varie categorie di persone. E c’è da notare che la preoccupazione centrale di questi scritti è la devozione, il rispetto, l’amore per il Santissimo Sacramento dell’Altare. 
Iniziamo con la lettera prima. Il documento è conosciuto come << Lettera a tutti i fedeli >>; ma nel più antico manoscritto è chiamato << opuscolo d’ammonizione e d’incoraggiamento >>. E si tratta in realtà di una regola di vita interiore, tanto che alcuni lo considerano come un abbozzo di Regola per i Penitenti ( quelli che si sarebbero poi chiamati Terziari Francescani ). Infatti il discorso è rivolto a chi ha promesso obbedienza al Signore; non può dunque dirigersi a tutti i fedeli indistintamente. 
Dopo un accenno alla santità del Verbo ( parola e rivelazione di Dio in Cristo ), San Francesco richiama all’osservanza dei comandamenti, all’amore di Dio e del culto, alla confessione. Alle parole della Bibbia, egli aggiunge sempre un suo commento; oppure svolge un suo pensiero rafforzando con citazioni bibliche. Digiuno spirituale e corporale, venerazione dell’Eucaristia, amore per i nemici, mansuetudine ed umiltà anche nel comandare, fuga della sapienza carnale: questi i pensieri fondamentali della lettera prima, che, del resto, torneranno insistenti anche nelle altre lettere e ammonizioni


L’uomo tempio di Dio 

Anche se si riferisce solo indirettamente all’Eucaristia, ecco una riflessione profonda di San Francesco: L’inserimento dell’uomo spirituale nell’atmosfera della grazia divina e della stessa famiglia di Dio gli esalta il cuore e la fantasia: << Tutti quelli che, operando in tal modo ( non sapienti e prudenti secondo la carne, ma piuttosto semplici, umili e puri ), persevereranno sino alla fine, avranno lo Spirito del Signore che riposerà su di essi ( Is. XI, 2 ), in essi farà dimora come in sua abitazione ( G. XIV, 23 ) e saranno figli del Padre Celeste ( Mt, V, 45 ) del quale fanno le opere, mentre sono sposi, fratelli e madri del Signore Nostro Gesù Cristo. 
Siamo sposi quando col vincolo dello Spirito Santo l’anima fedele è congiunta a Gesù Cristo; suoi fratelli, quando facciamo la volontà del Padre suo, che è nel Cielo ( Mt. XII, 50 ); madri sue, quando lo portiamo nel nostro cuore e nel corpo nostro, per virtù d’amore e di pura e sincera coscienza, e lo partoriamo per o delle buone opere, le quali devono illuminare gli altri con la forza dell’esempio. 
O che gloriosa, santa e grande cosa avere un Padre nei Cieli! O come è santo, bello e amabile l’avere nei cieli uno sposo! Come santo e gaudioso, gradito e ineffabile, pacifico, dolce, amabile e sopra ogni cosa desiderabile avere un tal fratello, che dètte l’anima sua per le sue pecore ( Gv. X, 15 ) e pregò il Padre per noi >>.


Lode perenne 

Dalla contemplazione della grandezza e della misericordia del Padre, deriva il motivo di lodarlo in continuazione. E qui abbiamo il pensiero che domina il Cantico delle creature: << Poiché egli ha tanto sofferto per noi, e ci ha dato tanti beni e tanti ce ne darà in avvenire, ogni creatura, che è sulla terra e nel mare e negli abissi, renda al Signore lode, onore e benedizione ( Apoc. V, 13 ); perché egli è la nostra virtù e la nostra fortezza, egli che solo buono ( Lc. XVIII, 19 ), solo altissimo, solo onnipotente e ammirabile, glorioso e solo santo, degno di lode e benedetto per l’infinità dei secoli >>.


Necessità della penitenza 

Una pagina di realismo crudo ( che nel Cantico sarà riassunta in pochi versi ) è quella che descrive il moribondo impenitente e che chiude la prima lettera: << Si ammala il corpo, la morte sta per giungere, vengono i parenti e gli amici a dire:<< Disponi i tuoi beni >>; frattanto la moglie e i figli del moribondo, i parenti e gli amici fingono di piangere. Guardandoli, egli si avvede che piangono e, suggestionato da un pensiero rovinoso e pensando tra sé, dice: Ecco io affido l’anima, il corpo e gli averi in tali mani! A ragione dice il Signore per bocca del profeta: Maledetto l’uomo che ripone la sua fiducia nell’uomo ( Ger. XVII, 5 ). 
Fanno venire tosto il sacerdote, e questi gli dice: - Vuoi ricevere l’assoluzione di tutti i tuoi peccati? - Risponde: Lo voglio. - Vuoi rendere soddisfazione di tutto il male fatto e di quanto hai frodato e tolto agli uomini, come ti è possibile con le tue sostanze? - Risponde: Ah no! - E il sacerdote: Perché no? - Perché ho già messo tutto nelle mani dei miei parenti ed amici. - E comincia a perdere l’uso della parola, e così quel misero se ne muore di amara morte. 
Sappiamo tutti che, ogniqualvolta ed in qualunque modo, un uomo muore in peccato mortale, senza aver riparato, pur potendo, il diavolo gli rapisce l’anima dal corpo con tanta angustia e strazio, quanto nessuno può sapere se non chi lo prova. E tutti i talenti, il potere, la scienza e la sapienza che egli credeva di possedere gli vengono tolti. Ed i parenti e gli amici prendono le sue sostanze, se le dividono e aggiungono anche: - Maledetta sia l’anima sua, perché poteva ben darci di più, e più accumulare di quanto ha radunato -. Intanto il corpo lo rodono i vermi. E così perde l’anima e il corpo in questo breve spazio di vita e va all’inferno, dove sarà tormentato eternamente >>. 


MOMENTI DI RIFELSSIONE 
1. Esamina una biografia di San Francesco, cercando di cogliere i momenti più interessanti della sua devozione all’Eucaristia. 
2. Ricerca gli episodi della devozione di San Francesco alla persona di Cristo; cerca, cioè, di documentare il suo << cristocentrismo >>. 
3. Indica i suggerimenti principali dati di San Francesco per ricevere con devozione e con frutto l’Eucaristia. 

FONTE: Luciano Canonici - Francescano, Attorno all’altare con San Francesco d’Assisi. Edizioni FIAMMA NOVA ROMA 1968. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano 

sabato 17 ottobre 2015

18 OTTOBRE 2015 - CANONIZZAZIONE DI LUIGI MARTIN E ZELIA GUERIN - GENITORI DI SANTA TERESA DI LISIEUX .




18 Ottobre 2015 
Canonizzazione 
 di 
 Luigi Martin e Zélia Guérin 

 Genitori di Santa Teresa di Lisieux 


PREGHIERA 

O Dio nostro Padre, ti ringraziamo di averci donato 
i Santi Luigi Martin e Zelia Guérin i quali, nell'unità e fedeltà gioiosa del matrimonio, ci hanno offerto la testimonianza di una vita cristiana esemplare, compiendo i loro doveri quotidiani secondo lo spirito del Vangelo e da figli della Chiesa. 
Educando una numerosa famiglia alle virtù cristiane e senza scendere mai a compromessi con le lusinghe del mondo, anche attraverso le prove, i lutti e le sofferenze hanno saputo sempre manifestare la loro fiducia in Te ed aderito generosamente alla tua volontà.

Signore, accordami la grazia che ti chiedo (…....), se questa è la tua volontà, per l’intercessione dei Santi coniugi Luigi e Zelia Martin, autentico modello per le famiglie cristiane del nostro tempo. Amen 


Il 18 ottobre, durante l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che avrà luogo in Vaticano dal 4 al 25 ottobre 2015 sul tema La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo, Papa Francesco canonizzerà i coniugi Louis Martin (22 agosto 1823-29 luglio 1894) e Zélie Guérin (23 dicembre 1831- 28 agosto 1877). Quale modello viene quindi offerto oggi agli sposi? Santi genitori, che vissero cattolicamente, ovvero, ogni loro pensiero ed ogni loro azione erano sempre posti, per loro stessa volontà, sotto lo sguardo di Dio. Santa Teresina di Lisieux nacque e crebbe in questa famiglia. 
Le persone interagiscono continuamente con l’ambiente che le circonda: si nasce, si cresce, ci si forma in base agli stimoli che si ricevono da coloro con cui si coabita. Lo spiega bene la Psicologia dell’età evolutiva: Jean Piaget, nell’Introduzione all’epistemologia genetica del 1951, analizza l’evoluzione dell’infante in stretto rapporto con l’ambiente che lo circonda, evidenziando come avvenga un processo diviso in «assimilazione» (il bambino incorpora nelle sue strutture mentali le informazioni del mondo esterno) e in «accomodamento» (il bambino rinnova gli schemi conoscitivi preesistenti attraverso la rielaborazione del materiale acquisito). 
Nel bambino è inscritta una legge affettiva: avere una madre (femmina) ed un padre (maschio), non esistono alternative, neppure nel mondo contemporaneo, perché ci sono realtà che non sono legate al tempo in cui si vive, ma all’essenza dell’esistere. Da sempre, ancor prima che nascesse la scienza della Psicologia, si è coscienti di un fatto ineludibile: ciò che avviene nei primi sei anni di vita non si cancella più. Persino l’illuminista Rousseau come prima frase dell’ Émile o dell’educazione (1762) scrive: «Ogni cosa è buona lasciata nelle mani del Creatore delle cose; ogni cosa degenera nelle mani dell’uomo». 
Di fronte alle degenerazioni odierne, che cosa scriverebbe il pensatore svizzero di lingua francese che influenzò le linee dell’ideologia egualitaria, quella che fu alla base della Rivoluzione francese del 1789 e segnerà profondamente tutta la riflessione politica, sociologica, morale, psicologica e pedagogica successiva (alcuni elementi della sua visione etica saranno ripresi, in particolare, da Kant)? E qualcuno, nella Chiesa, propone la Santa Comunione ai risposati divorziati? Profanazione di Nostro Signore; peccato contro la propria anima; scandalo per gli altri; diseducazione infantile e giovanile. 
«Il Buon Dio mi ha dato un padre e una madre più degni del Cielo che della terra», scriveva santa Teresina in una lettera del 26 luglio 1897. Louis Martin e Zélie Guérin (beatificati il 19 ottobre 2008 a Lisieux) sono stati genitori secondo il Cuore di Dio: la loro testimonianza, oggi più che mai, diventa essenziale per rieducare una civiltà occidentale che ha smarrito principi, valori, risposte razionalmente e religiosamente corrette. 
Ambedue avrebbero desiderato consacrarsi al Signore, apprendiamo dalla bella ed attendibile biografia Storia di una famiglia. Una scuola di santità di Padre Stefano Giuseppe Piat O.F.M. (Edizioni OCD-Roma 1994), ma un giorno Zélie, passando sul ponte Saint Leonard di Alençon, incrociò un giovane uomo la cui nobile fisionomia, l’andatura riservata, l’atteggiamento pieno di dignità, la impressionarono. Nello stesso tempo, una voce interiore le mormorò in segreto: «È quest’uomo che ho preparato per te». A mezzanotte del 13 luglio 1858 si sposarono nella chiesa di Notre Dame in Alençon. A motivo della loro profonda religiosità e dell’amore per Dio, decisero insieme di non consumare il matrimonio. Tuttavia, con l’aiuto di un padre spirituale, i due sposi maturarono un diverso atteggiamento: la verginità venne integrata in un giusto orientamento del sacramento del matrimonio, che ha per suo specifico fine la procreazione. Nasceranno nove figli. Scriverà Zélie nella lettera del 4 marzo 1877: «[…] quando abbiamo avuto i nostri figlioli, le nostre idee sono un po’ cambiate: non vivevamo più che per loro, questi erano la nostra felicità e non l’abbiamo mai trovata se non in loro. Insomma, tutto ci riusciva facilissimo, il mondo non ci era di peso». Dio, nel focolare dei Martin, sarà sempre «il primo servito». Il carteggio di Zélie è una vera e propria cronaca familiare, dove si evince che la Santa Messa e la preghiera erano la fonte della loro esistenza. Zélie era una mamma tenerissima; scrisse nella lettera datata 4 aprile 1868: «è un lavoro così dolce occuparsi dei propri bambini!», così i figli sentivano che erano stati desiderati e che i genitori vivevano per loro: far piacere a Cristo e far piacere ai genitori divenne per essi un tutt’uno. 
Tratto caratteristico della grande fede dei Martin era il pieno abbandono alla Divina Provvidenza, ecco che, nonostante lo straziante dolore per la perdita di ben quattro figli, essi non caddero nella disperazione. In un tempo in cui l’aborto volontario (omicidio volontario) è diventato ordinaria consuetudine, le parole di Zélie percuotono le coscienze; scriveva, infatti, ad una cognata reduce da un aborto spontaneo: «Che il buon Dio vi accordi la rassegnazione alla sua santa volontà. Il vostro caro piccolo bambino è presso di Lui; vi vede, vi ama, e voi lo ritroverete un giorno. È una grande consolazione che io ho provato e che provo ancora. 
Quando ho chiuso gli occhi ai miei cari piccoli bambini e li ho seppelliti, ho provato un grande dolore, a cui mi sono tuttavia rassegnata. […] Molti mi dicevano: “Sarebbe stato meglio non averli mai avuti”. Non potevo sopportare questo linguaggio. Non trovavo affatto che le pene e le preoccupazioni potessero essere messi sulla bilancia con la felicità eterna dei miei figli. Inoltre, essi non erano perduti per sempre, la vita è corta e piena di miserie, li si troverà lassù» (17 ottobre 1871). 
Louis fu per Zélie un eccezionale sostegno. «Cara Amica – le scriveva l’8 ottobre 1863, in occasione di un viaggio d’affari a Parigi – non potrò arrivare ad Alençon che lunedì; il tempo mi sembra lungo e non vedo l’ora di essere vicino a te». Era sempre attento a non vederla troppo affaticata e le raccomandava la calma e la moderazione nel lavoro. Quando rimase vedovo a 54 anni, dopo 19 di matrimonio, si consacrò interamente alla felicità delle figlie, felicità per l’eternità, non per l’effimero inglobato nell’attimo fuggente. 
Confessione frequente, adorazioni notturne, attività parrocchiali, esami di coscienza sulle ginocchia della mamma e il catechismo imparato in braccio al papà fecero sì che le figlie si ponessero al servizio della Chiesa. Louis morirà a 71 anni dopo un umiliante declino, causato dall’arteriosclerosi e da una progressiva paralisi, avendo prima, comunque, la gioia di donare tutte le cinque figlie al Signore: quattro nel Carmelo di Lisieux e una fra le Visitandine di Caen. 
Louis pretendeva l’ordine e la pulizia in tutto e si mostrava dispiaciuto quando, per distrazione o negligenza, si sprecava, si perdevano le cose, si deteriorava qualcosa… Testimonierà la figlia, suor Geneviève: «Noi non avevamo che una domestica, ma era lui che faceva il lavoro grosso». Giocava con le figlie, le portava in pellegrinaggio, in vacanza e organizzava viaggi insieme a loro… ma al primo posto c’era sempre la Trinità, con i suoi diritti: le ragazze Martin vissero in una famiglia dove era stata innalzata la vittoriosa Croce di Cristo. Se la Chiesa di Roma, oggi, propone i coniugi Martin come modello genitoriale e familiare, è necessaria una coerenza di base: se essi sono esempio-insegnamento di vita, sono esempio-insegnamento anche e soprattutto di dottrina, che, dunque, non può essere mutata. 

Autrice: Cristina Siccardi (Testo tratto da Santi e Beati.it) 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano 

venerdì 16 ottobre 2015

IL CAMMINO DI FEDE DI SAN GIUSEPPE DEL SERVO DI DIO FRA ANASTASIO DEL SANTISSIMO ROSARIO CARMELITANO SCALZO - QUARTA ED ULTIMA PARTE.




IL CAMMINO DI FEDE DI 

SAN GIUSEPPE 

DEL SERVO DI DIO 

FRA ANASTASIO DEL SANTISSIMO ROSARIO 

CARMELITANO SCALZO 




Dal Vangelo secondo Luca (2,15-19) 
Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, 
i pastori dicevano fra loro: 
«Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che 
il Signore ci ha fatto conoscere». 
Andarono dunque senz'indugio e trovarono 
Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia. 
E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato 
detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono 
delle cose che i pastori dicevano. 
Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose 
meditandole nel suo cuore. 


Se guardiamo a San Giuseppe come modello esemplare della nostra vita di preghiera, vediamo di aver molto da imparare dalla sua devozione a Gesù e a Maria. 

Da lui possiamo imparare prima di tutto ad onorare la Madonna, perché nessuno l’ha onorata, venerata e amata come lui. Egli è stato veramente un grande devoto di Maria, nel senso più forte della parola. Ha visto in lei la creatura tutta santa, tutta sacra a Dio e la ragione della sua fedeltà e del suo affetto era proprio l’elezione di cui questa creatura era stata oggetto da parte di Dio.

Le è rimasto accanto fin quando essa ha avuto bisogno di lui e della sua presenza e il suo andarsene è stato un estremo atto di devozione e di amore: come aveva preparato la dimora terrena per Gesù e per Maria, così eccolo andarsene per primo, quasi per preparare loro la dimora eterna. 

Quando Gesù è tornato al Padre, certamente la prima creatura umana che gli è andata incontro è stata San Giuseppe. Giuseppe ci insegna poi la devozione e il servizio al Signore e alla Madonna. Abbiamo tanto bisogno di tradurre la nostra devozione in servizio, in un’operosità dove, invece di cercare il nostro tornaconto, cerchiamo solo il compimento dei disegni di Dio e la sua gloria. 

Facendo così, diventiamo i collaboratori del Signore, diventiamo veri strumenti nelle mani di Dio per l’avvento del suo Regno. 

Da San Giuseppe impareremo anche ad onorare la Madonna proprio nelle cose che essa preferisce. Prima di tutto il servizio di Gesù benedetto e poi quel silenzio, quel rispetto, quel nascondimento con cui essa stessa ha accolto il mistero del Figlio di Dio e col quale è stata custodita dal suo sposo Giuseppe.

Quando egli ha saputo le meraviglie che Dio operava nella sua vergine sposa, non le ha rivelate a nessuno, non è andato a pavoneggiarsi con le sue grandezze. Ha custodito tutto nel segreto del cuore, come Maria che conservava dentro di sé il mistero del Figlio suo. 

Dobbiamo intendere così la nostra vita, se vogliamo che il mistero di Gesù, di Maria e di Giuseppe diventi la nostra ricchezza, quel piccolo paradiso terrestre dove noi, giorno per giorno, custodiamo la beata speranza della gloria. 

Mettiamoci per questa strada, proprio con il desiderio di entrare nell’intimo del mistero di Nazareth, mistero che è anticipazione del Paradiso. 

FONTE: Card. Anastasio Ballestrero OCD, Il Cammino di Fede di San Giuseppe, Ed. OCD, 1993.

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Cari amici, termino così la pubblicazione di alcune pagine del bel testo su San Giuseppe scritto dal Servo di Dio Padre Anastasio del Santissimo Rosario. Quanti desiderano approfondire la lettura di questa preziosa e utile opera spirituale, troveranno il libro nelle librerie cattoliche o presso le edizioni dei Carmelitani Scalzi. 

Ho voluto rendere omaggio devotissimo al grande Cardinale Anastasio Ballestrero di cui è iniziata la causa di beatificazione. Il Carmelo Teresiano continua a donarci dei maestri spirituali per il nostro cammino di fede. Vi ricordo che Sua Santità Papa Francesco, il 18 ottobre canonizzerà i genitori di Santa Teresa di Lisieux: Luigi e Zelia Martin! Nel mio Blog ho già dedicato alcune pagine alla vita della sorella maggiore di Santa Teresina, Paolina (Madre Agnese di Gesù). Il mio auspicio, se è volontà di Dio, è quello di poter vedere beate le sorelle Martin, sorelle di Teresa di Lisieux: una famiglia di santi da proporre come modelli di virtù cristiane a tutti i credenti della Santa Chiesa di Dio.

Scriveva il monaco Trappista americano Thomas Merton che tutta la Chiesa è debitrice al Carmelo Teresiano! 

Un saluto a tutti voi e Pace e Bene! 
Francesco di Santa Maria di Gesù, Terziario Cappuccino.

mercoledì 14 ottobre 2015

15 OTTOBRE SANTA TERESA DI GESU' DOTTORE DELLA CHIESA RIFORMATRICE DELL'ORDINE DEL CARMELO FIGLIA DELLA CHIESA.



 15 ottobre 

SANTA TERESA DI GESU’ 

DOTTORE DELLA CHIESA 

 Riformatrice dell’Ordine del Carmelo 

 Figlia della Chiesa 


L'orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento, da solo a solo, 
con Colui da cui sappiamo d'essere amati. 
(S. Teresa d'Avila) ... 

la porta per cui mi vennero tante grazie fu soltanto l'orazione. 
Se Dio vuole entrare in un'anima per prendervi le sue delizie 
e ricolmarla di beni, 
non ha altra via che questa, perché Egli la vuole sola, 
pura e desiderosa di riceverlo. 
(S. Teresa d'Avila) 

Chiedetegli aiuto nel bisogno, sfogatevi con Lui e non lo dimenticate 
quando siete nella gioia, parlandogli non con formule complicate ma con spontaneità e secondo il bisogno. 
(S. Teresa d'Avila)
 
Quelli che sanno rinchiudersi nel piccolo cielo della loro anima, 
ove abita Colui che la creò e che creò pure tutto il mondo, 
e si abituano a togliere lo sguardo e a fuggire 
da quanto distrae i loro sensi, vanno per buona strada
e non mancheranno di arrivare all'acqua della fonte. 
(S. Teresa d'Avila) 

Per cominciare a raccogliersi e perseverare nel raccoglimento, 
si deve agire non a forza di braccia ma con dolcezza. 
Quando il raccoglimento è sincero, l'anima sembra 
che d'improvviso s'innalzi sopra tutto e se ne vada, 
simile a colui che per sottrarsi ai colpi di un nemico, 
si rifugia in una fortezza. 
(S. Teresa d'Avila) 

 Dobbiamo ritirarci in noi stessi, anche in mezzo al nostro lavoro, e ricordarci 
di tanto in tanto, sia pure di sfuggita, 
dell'Ospite che abbiamo in noi, persuadendoci 
che per parlare con Lui non occorre alzare la voce. 
(S. Teresa d'Avila) 

 La preghiera non è qualcosa di statico, è un'amicizia che implica uno sviluppo e spinge a una trasformazione, 
a una somiglianza sempre più forte con l'amico. 
(S. Teresa d'Avila)


 RICORDIAMOCI SEMPRE DELL’AMORE DI CRISTO 
Dalle «Opere» di santa Teresa di Gesù, Vergine 
(Opusc. «Il libro della vita», cap. 22, 6-7, 14) 
Chi ha come amico Cristo Gesù e segue un capitano così magnanimo come lui, può certo sopportare ogni cosa; 
Gesù infatti aiuta e dà forza, non viene mai meno ed ama sinceramente. Infatti ha sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi. 
Ne ho fatto molte volte l'esperienza, e me l'ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri. E' da lui, Signore nostro, che ci vengono tutti i beni. 
Egli ci istruirà. Meditando la sua vita, non si troverà modello più perfetto. Che cosa possiamo desiderare di più, quando abbiamo al fianco un così buon amico che non ci abbandona mai nelle tribolazioni e nelle sventure, come fanno gli amici del mondo? Beato colui che lo ama per davvero e lo ha sempre con sé! Guardiamo il glorioso apostolo Paolo che non poteva fare a meno di avere sempre sulla bocca il nome di Gesù, perché l'aveva ben fisso nel cuore. 
Conosciuta questa verità, ho considerato e ho appreso che alcuni santi 
molto contemplativi, 
come Francesco, Antonio da Padova, Bernardo, 
Caterina da Siena, non hanno seguito altro cammino. 
Bisogna percorrere questa strada con grande libertà, abbandonandoci 
nelle mani di Dio. 
Se egli desidera innalzarci fra i principi della sua corte, accettiamo volentieri tale grazia. Ogni volta poi, che pensiamo a Cristo, ricordiamoci dell'amore che lo ha spinto a concederci tante grazie e dell'accesa carità che Dio ci ha mostrato dandoci 
in lui un pegno della tenerezza con cui ci segue: 
amore infatti domanda amore. 
Perciò sforziamoci di considerare questa verità e di eccitarci ad amare. Se il Signore ci facesse la grazia, una volta, di imprimerci nel cuore questo amore, tutto ci diverrebbe facile e faremmo molto, in breve e senza fatica. 
Súbdita tibi família, Dómine Deus noster, quam cælésti pane satiásti, fac ut, exémplo beátæ Terésiæ, misericórdias tuas in ætérnum cantáre lætétur. 

Cari amici, un augurio speciale di buona festa a tutto 
l’Ordine del Carmelo Teresiano e al Terz’Ordine Teresiano in modo particolare. E’ un giorno di grazia la memoria liturgica della Santa Madre Teresa di Gesù e ricordo come San Pio da Pietrelcina consigliava alle sue figlie spirituali la lettura e la meditazione delle Opere di Santa Teresa d’Avila! 
Pace e Bene! 

Francesco di Santa Maria di Gesù, Terziario Cappuccino.

martedì 13 ottobre 2015

IL CAMMINO DI FEDE DI SAN GIUSEPPE DEL SERVO DI DIO FRA ANASTASIO DEL SANTISSIMO ROSARIO CARMELITANO SCALZO - PARTE TERZA.



IL CAMMINO DI FEDE 
DI SAN GIUSEPPE 
DEL SERVO DI DIO 
FRA ANASTASIO DEL SANTISSIMO ROSARIO 
CARMELITANO SCALZO 




Dal Vangelo secondo Luca 

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando 
Quirinio era governatore della Siria. 
Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, 
salì in Giudea alla città di Davide 
chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 
Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 
 Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei 
i giorni del parto. 
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. 
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, 
vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 
Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore
li avvolse di luce. 
Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: 
«Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, 
che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, 
è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 
Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, 
 adagiato in una mangiatoia». 
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, 
che lodava Dio e diceva: 
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli 
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». 


Abbiamo contemplato la docilità di Giuseppe di fronte agli interventi misteriosi di Dio. Gli vengono dette cose impossibili, paradossali, e << Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come gli aveva ordinato l’Angelo >> (Mt 1,24). 
L’insegnamento vale anche per noi: nella nostra esistenza dobbiamo vivere di fede. Ma il grande ostacolo a credere è la superbia del nostro spirito, che si manifesta sia a livello delle nostre idee, sia a livello dei nostri capricci. 
Avremmo ormai dovuto imparare – specie oggi che ascoltiamo tanta parola di Dio – che Dio è buono, che è Padre, ma che non rinuncia ad essere il Signore. 
 << Io sono il Signore >>: l’ha detto e lo dice ancora, anche a noi. Per credere, bisogna lasciarsi condurre, chinare il capo, non si può discutere con Dio. 
Bisogna essere docili, umili e accettare che il Signore sia più grande di noi, ci trascenda, sia al di là delle nostre viste, al di sopra della nostra volontà e dei nostri desideri. 
Questo impegno di conversione alla docilità è impegno di ogni giorno e quando la fede è viva è sempre pronta a lasciare il posto a Dio, a lasciare che il Signore sia il Signore della nostra vita. San Giuseppe è un mirabile esempio per la nostra fede: la sua vita è stata veramente travolta dalle iniziative di Dio, iniziative misteriose, iniziative al di là della possibilità di capire. Giuseppe si è lasciato condurre perché era giusto e << giusto >> è l’uomo che vive di fede. 
Dove lo porta il Signore? Non lo sa, Dio non glielo dice, non gli spiega niente e lui obbedisce lo stesso. Ha sempre detto di sì con la vita, non con le parole. 
Non ha mai avuto questioni da sollevare, dubbi da proporre. E in questo è stato, potremmo dire, più silenzioso della Madonna. 
Lei qualche parola l’ha detta, lui no. 
La sua risposta al dono di Dio è la sua stessa vita, sono le sue opere, il suo consenso. E la sua obbedienza immediata è il suo modo concreto di credere. 
Questo atteggiamento di fede semplice, silenziosa e obbediente non soltanto ha reso Giuseppe cooperatore preziosissimo nel mistero dell’Incarnazione, ma gli ha anche donato la serenità e la pace del cuore. 
San Giuseppe è un pacifico e un pacificatore, avvolge la vita di tutti con una presenza rasserenante e consolatrice. 
Mentre lo contempliamo, così invitante per la nostra pietà, impariamo da lui affinché la nostra fede diventi semplice e obbediente come la sua, così da poter essere anche noi delle creature serene e pacifiche, balsamo di consolazione nella vita degli altri. 

FONTE: Card. Anastasio Ballestrero OCD, Il Cammino di Fede di San Giuseppe, Ed.OCD, 1993. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano