Ora in Certosa egli non giungeva solo; vi conduceva sei compagni, coi quali già componeva un gruppo d'una assai rilevante omogeneità ed intima armonia: due << maestri >>, Bruno stesso e Laudino, avrebbero assicurato allo spirito di quegli uomini votati alla vita contemplativa un nutrimento dottrinale solido, forte, sostanziale, attinto direttamente dalla Sacra scrittura; due laici, Andrea e Guerrino, pur conducendo una vita di solitudine simile più che possibile a quella degli eremiti, avrebbero alleggerito questi delle innumerevoli servitù della vita materiale ed umana e consentito loro di attendere alla preghiera pura, partecipandovi anch'essi a misura del possibile; infine, almeno uno degli eremiti era sacerdote ed incaricato dal gruppo delle funzioni sacerdotali; egli veniva chiamato con un nome che di per sé ha un senso comunitario: << il cappellano >>.
Rigore dell'eremo da una parte, e dell'altra armonia intima, pienezza del piccolo gruppo di eremiti: v'è in questo contrasto che c'introduce profondamente nel disegno di Bruno. Se egli avesse riconosciuto di non poter attuare detto tipo di eremo nel deserto di Certosa, di certo non vi sarebbe stabilito. Ma quel luogo corrispondeva troppo bene alla sua unica intenzione da poter esitare: lui stesso ed i suoi compagni potevano sperare di vivervi insieme la vita eremitica in tutta la sua esigenza e tutta la sua ricchezza, almeno nella misura consentita delle forze umane. A sua volta il deserto di Certosa avrebbe contrassegnato con forte e durevole impronta la concreta attuazione del disegno di Bruno.
I limiti del territorio dai donatori concesso agli eremiti ci sono noti dall'atto della donazione del 1086. << I limiti del luogo solitario che abbiamo donato passano al di sotto della località chiamata la Cluse, continuano lungo la rupe che chiude la valle ad oriente seguendo la cresta che chiude e divide Come-Chaude e che si estende fino a mezzo la rupe che sovrasta il Bachais; sussuegue un'altra arida cresta che va discendendo fino alla rupe di Bovinant; di lì un'altra cresta che lungo il limitare del bosco discende da Bovinant verso al rupe che sovrasta la Follie; quindi la rupe che va da la Follie alla montagna d'Alliénard e che da l'Alliénard scende verso la morte, dal lato occidentale, fino alla rupe di Cordes che prolungasi verso Perthuis. I limiti seguono quindi una cresta di rocce fino al fiume chiamato Guier-Mort, il quale serve il limite fino a la Cluse >>.
Tale descrizione, da sola, ci fa intendere che cos'era la proprietà di Certosa: una terra circondata da montagne, con un punto di passaggio obbligato, la Cluse... Il suolo è costituito di roccia calcarea ricoperta qua e là, soprattutto nel fondovalle, da un sottile strato di terra; ed in contesto terreno sì poco profondo si abbarbicano alberi che formano delle zone boscose. Rari prati tra quelle rocciose formano possibilità di pascolo per poco bestiame. Coltivare a vigna detto terreno, piantarvi grano, alberi fruttiferi non conviene pure pensarci: l'altitudine ed il clima l'intercedono. Dissodando con la perseveranza si riuscirebbe ad ottenere una scarsa raccolta di legumi. Porre quindi in un simile deserto dei contemplativi era votarli all'austerità: avrebbero vissuto frugalmente. Sfruttare razionalmente le selve? Impossibile: come portar via il legname? Per quali vie? Solo nel XVII secolo i Certosini potranno attendere alla silvicultura in modo redditizio.
Per poter vivere rimanevano dunque la coltivazione dei campi nel modo limitato che si è detto e l'allevamento di pochi greggi... Più in là si scopriranno giacimenti di ferro in quelle montagne. Ma per lunghissimi anni si considerò cosa illusoria far vivere in quel deserto più di trenta persone; inoltre conveniva che i << Fratelli >> fossero più numerosi dei << Padri >>; gli operai più numerosi dei contemplativi. Nel tempo in cui stendeva le Consuetudines, Guigo fissava il numero dei componenti la Comunità a tredici padri e a sedici fratelli. Quando poi si volle accrescere il numero dei << Certosini >> di Certosa fu necessario acquistare delle terre più giù, verso la pianura. Ecco dunque un primo, importante aspetto primitivo della Certosa. La sua fondazione non aveva nulla in comune con quella forma di eremo sostenuto da qualche cenobio abbastanza saldamente costituito, quale in quel tempo diffondevasi sotto l'impulso dell'Ordine Camaldolese.
Bruno voleva l'eremo puro, vale a dire la solitudine in senso stretto, attenuata solo da un pò di vita comune: inoltre la comunità sarebbe stata poco numerosa, ed anche negli esercizi comuni gli eremiti avrebbero serbato il sentimento d'esser il << parvus numerus >>. Il clima, soprattutto la neve particolarmente abbondante in Certosa, ed il freddo rigido imporranno a Bruno una risoluzione riguardo ad un punto importante dell'abitazione. Per armonizzare le esigenze della solitudine con la regolarità della vita comune, due soluzioni gli si presentavano: distanziare il più possibile una cella dall'altra, al fine di favorire la solitudine; oppure raggrupparle per facilitare la vita comune. Il clima indusse Bruno a prendere una via di mezzo: le celle sarebbero state nettamente separate, ma vicine le une alle altre e collegate tra loro o coi luoghi destinati agli atti conventuali da un chiostro coperto, al fine di poter circolare al riparo dalla pioggia e dalla neve.
Ciò dimostra che nel pensiero di Bruno gli eremiti avrebbero dovuto esser chiamati a radunarsi abbastanza spesso, più volte al giorno, per qualche Ufficio o capitolo od anche per un pasto in comune. Se detta disposizione della casa non avesse corrisposto al suo disegno di vita contemplativa, Bruno avrebbe potuto modificare il sito delle celle senza abbandonare il deserto di Certosa: egli, ad esempio, non temerà di fare prender dimora ai conversi a più di tre chilometri dalle celle degli eremiti, ad un'altitudine di 300 metri più bassa, maggiormente soleggiata ed ove più presto fonde la neve.
Continua...
Andrè Ravier
LAUS DEO
Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano