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venerdì 21 marzo 2025

IL PATRIARCA DEI CERTOSINI SAN BRUNO - PARTE SESTA sesta


Dopo aver descritto con precisione tutta notarile i limiti della proprietà ceduta, il documento così prosegue: << Se poi qualche persona potente o no cercherà di annullare in qualche modo tale donazione quale rea di sacrilegio sia separata dalla comunione dei fedeli... per essere bruciata tra le fiamme del fuoco eterno, qualora non abbia degnamente riparato il danno causato >>. << Il predetto luogo cominciò ad essere abitato... da maestro Bruno e dai suoi confratelli l'anno 1084 dell'Incarnazione del Signore e quarto dell'episcopato del signor Ugo di Grenoble, che insieme con tutto il suo clero approva e conferma la donazione fatta dalle sunnominate persone, e, quel che riguarda sé stesso, cede del tutto ogni diritto che potrebbe avere su quella proprietà >>. 

Dopo aver enumerato i << testimoni >> dell'atto documento termina con l'indicazione del tempo in cui venne steso: << La presente Carta è stata letta a Grenoble nella Chiesa della Beata e Gloriosa sempre Vergine Maria, la feria quarta della seconda settimana di Avvento, in presenza del predetto Signor Ugo, vescovo di Grenoble, dei suoi canonici e di molte altre persone, sia sacerdoti che semplici membri del clero, celebranti il santo sinodo, il quinto giorno precedente le idi di dicembre >>. Detta carta di donazione del 1086 manifesta la benevolenza e la generosità del vescovo Ugo nei riguardi dei primi Certosini. Tale amicizia non venne mai meno; e l'influsso di lui non solo sullo stabilirsi degli eremiti in Certosa, ma anche sui primi quarantotto anni dell'Ordine fu considerevole. Influsso eminentemente umano, a base di ammirazione e d'affetto, ancor più che di autorità canonica... 

Egli aveva 32 anni di età e 4 di episcopato allorché Bruno coi suoi compagni giungeva a Grenoble. Aveva fatto tutto il possibile per sfuggire alla dignità episcopale, per la quale il Legato Ugo di Die lo aveva segnalato e designato; ma infine aveva dovuto sottomettersi: lo stesso Ugo di Die gli aveva conferito tutti gli Ordini, salvo l'episcopato. Il giovane vescovo di Grenoble veniva consacrato a Roma dal Papa Gregorio VII nell'aprile o nel maggio del 1080... Subito dopo aver preso possesso della sede, egli, conforme alle direttive del Legato Ugo di Die, intraprendeva la lotta contro gli abusi che rovinavano le diocesi ed il clero di Grenoble. Lotta severa, spossante, che ridesta nel suo cuore il desiderio avuto in precedenza di abbracciare la vita monastica. Sicché un bel giorno si ritira nell'abbazia di La Chaise-Dieu, il primo acchito riconobbe in Bruno un fervore, un ideale, un amore di Dio, una grazia che attirarono la sua anima e lo fecero saldamente aderire alla sua intrapresa. 

Venti anni di età separavano Ugo da Bruno: nondimeno tra i due uomini si strinse quella profonda amicizia che solo è nota ai cuori dei veri uomini di Dio. Nella vita di Sant'Ugo Guigo scriverà: <<Ipso ( Ugone ) consulente, juvante, comitante, Chathusiae solitudinem  ( Bruno et socii eius ) intraverunt atque exstruxerunt... >>. Bisogna considerare attentamente ognuna di tali parole: nei riguardi dei primi Certosini Ugo adempì l'ufficio di consigliere, di aiuto ( che unisce la sua alla sorte di colui o di coloro che accompagna ). Ed adempì tale ufficio non solo al momento del loro arrivo nell'eremo di Certosa, ma anche per tutta la durata della presa di possesso, dell'organizzazione, dell'ordinamento delle costumanze e delle regole: << exstruxerunt >>. Ugo prendeva piacere nel recarsi da Bruno in Certosa, nel conversare con lui, lasciarsi da lui formare e rimanere in sua compagnia. Né capitava di rado, a detta di Guigo, che Bruno stesso dovesse in certo qual modo << mandarlo via >> ( compelleret exire ) dal deserto: << Andate, dicevagli, andate alle vostre pecorelle e soddisfate ai vostri obblighi nei loro riguardi >>. 

Durante i quasi cinquant'anni d'episcopato Ugo fu dunque fedele ai Certosini. in seguito alle sue istanze tra il 1121 ed il 1128 Guigo, quinto Priore di Certosa, redasse le Consuetudines: e nel corso del lavoro la presenza di lui, che aveva conosciuto Bruno, Laudino, Pietro di Béthune e Giovanni di Toscana, creò come un nesso di continuità estremamente prezioso; essa a così dire garantiva la fedeltà dell'Ordine al pensiero primigenio di Bruno. << Fino alla morte, scriverà Guigo, Ugo non cessò di favorire con i suoi consigli e benefici gli eremiti di Certosa >>. Un manoscritto anonimo della certosa di Mont-Dieu, che rispecchia la tradizione del secolo successivo alla morte di Ugo ( +1132 ), presenterà questi così: << Vere dici potest et domus et Ordinis Cartusiensis patronus atque fundator, et quamvis non primus, tamen quodammodo institutor... Si può veramente affermare ch'egli fu il patrono ed il fondatore sia dell'eremo di Certosa che dell'Ordine Certosino, e sebbene non ne abbia avuto l'iniziativa, tuttavia ne fu in certo qual modo l'istitutore >>. 

Guilberto di Nogent ( +1124 ) aveva persino usato un'espressione più ambigua: << Vices autem abbatis ac provisoris Gratianopolitanus episcopus... exsquitur >>. Detto << ufficio di abate >> non va preso in senso giuridico o canonico; avendo i Certosini solo priori e non abati, l'immagine è stat suggerita a Guilberto dall'estrema dedizione di Ugo nei riguardi dei Certosini. Per ben rendere il suo pensiero bisognerebbe tradurre: << fece loro le veci di abate, di provveditore e protettore >>. Tutti codesti termini sono eccessivi unicamente perché vogliono esprimere una realtà per la quale il linguaggio ordinario manca di parole esatte: nei riguardi della Certosa Ugo ha agito  come se ne fosse il patrono, il fondatore, l'istitutore, l'abate, il provveditore...  Ciò dimostra in qual clima spirituale ed umano Bruno ed i suoi compagni vissero i primi anni di Certosa. La loro era innegabilmente una felice riuscita nel senso provvidenziale del termine: l'intenzione di Bruno, le vocazioni personali e fin l'intimo desiderio di Ugo di Grenoble, tutto ciò sembrava attuarsi in una perfetta convergenza. Bruno poteva credere di essere finalmente giunto al porto al quale tendeva la sua anima. Per sei anni condusse quella vita, apparsagli come la più pura, la più santa, la più votata a Dio ed altresì la più efficace in un mondo in cui la stessa Chiesa istituzionale, troppo impegnata in interessi politici e Temporali, andava corrompendosi. 

Egli pensava di aver definitivamente trovato in Certosa quella solitudine con Dio, da lui considerata quale preludio dell'eterna visione beatifica. La gente del Delfinato non s'ingannò riguardo alla spirituale importanza di quanto avveniva in Certosa. << In detti primordi, scrive uno storico del XVII secolo, quei santi forestieri vennero chiamati eremiti; ed il loro capo, l'eremita per eccellenza. Il suo arrivo nella suddetta regione vi ha anzi inaugurato una nuova epoca; alcuni atti di quell'anno non recano altra data che la seguente: l'anno in cui è giunto l'eremita >>. Dio stava per insegnare a lui, ed avrebbe insegnato a noi attraverso gli avvenimenti della sua vita, che vi è una solitudine ancora più profonda di quella del deserto...: la solitudine dell'obbedienza e del dono di sé a persone che non abbiano scelto, ma che Dio ha scelto per noi... << Un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorrai >>: la parola di Gesù a San Pietro si sarebbe avverata per Bruno.


Capanna di pastore dell'Arpizon e nell'interno il camino di grandi lastre di pietra.

                                                                      Neve sulla Certosa 

FINE SESTA PARTE sesta 

Andrè  Ravier 

                                                                              LAUS  DEO 

                                                               Francesco di Santa Maria di Gesù
                                                                         Terziario Francescano
                                                                                Pax et Bonum