Visualizzazioni totali

sabato 18 aprile 2015

LA VENERATA MADRE AGNESE ( PAOLINA ) DI GESU' CARMELITANA SCALZA - LA " PICCOLA MADRE " DI SANTA TERESA DI LISIEUX - VENTISETTESIMA PARTE .



La Venerata Madre 
Agnese (Paolina)di Gesù 
Carmelitana Scalza 
La “piccola madre” di Santa Teresa di Lisieux  
“La devozione Mariana”

Non ci indugeremo sulla devozione di Madre Agnese di Gesù verso la Santissima Vergine. A lei pure la Madonna aveva sorriso al mattino della vita e l'aveva poi attirata alla Montagna benedetta del Carmelo.
Dopo il ritiro del 1942, recitava tutti i giorni l'intero santo Rosario, le consorelle le chiedevano come potesse trovare il tempo, così sovraccarica di lavoro com'era e interrotta continuamente dalle necessità della comunità monastica, così rispondeva:
<<Non per nulla Dio mi ha dato della costanza! Sento poi che la Madonna ne è contenta. Me lo rende. Difatti, in un accumulo di cose che mi assediano, la sua assistenza è incredibile, specialmente nell'aiutarmi ad elevarmi al di sopra di mille piccole contrarietà. Sono in una grande pace!>>.
Fra le devozioni, notiamo solo quella che nutriva per l'Apostolo San Paolo. Aveva sempre a portata di mano, per rileggerli, tratti delle sue Lettere:
<<Gran santo questo San Paolo! - esclamava -; così ardente, zelante e così umile! Egli non dimentica mai di aver peccato e lo ricorda agli altri: “Io ho perseguitato i fedeli di Cristo”. L'amo assai il mio santo Patrono!>>.
“Carità fraterna”
Se Madre Agnese di Gesù apriva largo il suo cuore alla carità divina, è facile dedurre come ella praticasse il secondo Comandamento che il Signore assimila al primo: la carità fraterna.
Al termine della sua vita terrena, le si sarebbe potuto rivolgere la medesima domanda che i discepoli a San Giovanni: “Perché ci fai continuamente questa raccomandazione?”.
La carità fraterna era la conclusione di tutte le sue esortazioni materne, era la sua pietra di paragone per giudicare lo stato di un'anima. Sfogliamo a caso tra i suoi pensieri:
<<Quanto è buono il Signore ad offrirci delle occasioni per praticare la dolcezza, l'umiltà, la pazienza! Esse ci ricordano che ogni cosa è ordinata a staccarci sempre più dalla terra, che la nostra felicità quaggiù, aspettando il Cielo, consiste nel praticare la carità; essa difatti supplisce a tutto.
Bisogna che questo Carmelo privilegiato sia per Nostro Signore una nuova casa di Betania, più piacevole ancora della prima, perché qui Marta non è gelosa di Maria, dato che tutte adempiono la parte di Marta e di Maria, per servire ed amare Colui che, nel segreto, riserva sopra di noi i suoi incommensurabili doni.
Sapremo approfittare sempre meglio, ne sono convinta, degli inestimabili vantaggi che ci procura la vita comune, la si definisce un martirio, ciò significa che vi è una palma da cogliere.
Siate persuase che le più felici nella Comunità monastica non sono quelle che sembrano godere la fiducia dei Superiori, né quelle che brillano per le loro qualità; non quelle che hanno la consolazione di seguire le prescrizioni della Regola o quelle che sentono uno speciale trasporto per la povertà o per l'austerità. No, le più felici sono le più mortificate, cioè le più caritatevoli nelle loro azioni anche minime, perfino nei loro pensieri nei riguardi del prossimo, perché ci vuole dell'eroismo per realizzare quest'ideale di carità, ricompensato poi dalla felicità più pura>>.

Ricorda poi l'esempio di Teresa:
<<Quando la nostra piccola Santa si recava alla ricreazione, non lo faceva per ricreare se stessa, bensì il suo Diletto, mediante la carità fraterna; per ubbidire al comandamento nuovo e meritare di amare Dio sempre più, fino all'infinito. Allora, una felicità divina – felicità tanto più profonda quanto la sua abnegazione era più grande e nascosta – invadeva la sua anima, o meglio, era ella che entrava, sin da questa vita, nella gioia del suo Signore>>.
La carità di Madre Agnese di Gesù irradiava da tutta la sua persona. Dalla fanciullezza sino alla vecchiaia inoltrata, conservò un modo di fare attraente, gesti graziosi, perché naturali e spontanei. La stessa sua statura, piccola ed agile vi contribuivano; pareva “volare” da un luogo all'altro, soffermandosi appena, pur osservando ogni cosa e portando ovunque il suo sorriso, vero raggio di sole.
Era l'anima stessa della casa, tanto che le sue figlie avevano battezzato con il nome di “eclissi” l'epoca dei suoi esercizi Spirituali.
Il Reverendo p. Martin, Fondatore dei Missionari e delle Oblate di Santa Teresa del Bambin Gesù, aveva avuto occasione di vederla in uno dei suoi frequenti viaggi a Lisieux; scriveva poi ad una carmelitana: <<Sono partito da otto giorni, ma custodisco gelosamente l'impressione profonda – e tuttora vivissima – di essermi imbattuto in una immensa bontà. La cara Madre Agnese di Gesù, che impressione mi lascia! Dio le ha concesso un dono particolare che conquista gli animi, al punto che non so che cosa non sarei capace di fare per lei>>.
Notorio è il tatto squisito con il quale Santa Teresa del Bambin Gesù formava le sue novizie, confacendosi ai diversi caratteri: ora partecipava al gioco della trottola, ora proponeva quello della conchiglia a quella tal novizia che bisognava trattare con questi metodi infantili.
La sua <<piccola Madre>> non agiva altrimenti con l'antica “giocatrice di birilli sulla Montagna del Carmelo”: un male terribile, il lupus, le consumava la faccia ed ella sopportava con una rassegnazione ammirevole.
Avendo trovato, per esempio, in una rivista, una graziosa testa di bimbo coperta da un cappuccio, Madre Agnese la ritagliò e la fece avere all'ammalata con questo biglietto:
<<X....è il piccino del buon Dio. Ecco l'immagine della sua animuccia fiduciosa. Il suo lupus sta ben nascosto sotto il cappuccio dell'abbandono>>.
Un'altra volta era un morettino che le presentava con questa scritta: <<Vado in Cielo, Teresa mi aspetta. Son nera, ma son bella, a causa della sofferenza. Lo dice Gesù>>.
Oppure con queste parole: Nonostante il mio lupus vivo in una santa speranza che non sarà confusa.
La povera suora aveva formato un piccolo album di questi messaggi materni, veri fiori di gioia sparsi sulla sua croce.
Ad un'altra ammalata che stava lontano e che ella confortava con una lettera quotidiana, scriveva un giorno: <<Sto proprio affogando....però ho ancora la testa fuor d'acqua per gridarle: Coraggio! Quale felicità fra pochi giorni! Si ritorna alla patria del Carmelo in attesa di quella del Cielo!>>.
La sua bontà aveva un fascino particolare. Un giorno, tornava dal giardino tenendo in mano un'alta graminacea e scuotendola, scherzosa: << Guardate, sono grande come l'erba dei campi! Non più alta di un filo d'erba!>>.
Non faceva che sottolineare quel che altre volte aveva scritto: <<Età non può avere l'anima, come ruga non ha la colomba>>.
Era istintivo il suo orrore per tutto quello che sapeva di ostentazione, sia nelle parole che negli scritti e nelle lettere, e la combatteva nelle sue figlie. Avendo sentito dire di una superiora: “Che classe quella religiosa!”, osservò: <<Questo non si potrà mai dire di me! E proprio non ci tengo>>.
La sua semplicità, invece di velarne i pregi, accresceva il suo ascendente. Un religioso diceva di lei: “Nei rari momenti – simili a quelli di una Trasfigurazione – in cui ho potuto avvicinarla, ho soprattutto sentito, gustato, sperimentato la sua squisita bontà e la sua grande delicatezza. Tutto quello che sento di lei ha per me un fascino ineffabile”.


Fine capitolo 27
Madre Agnese di Gesù, la “piccola madre di Santa Teresa di Lisieux, Editrice Ancora, 1956. A cura della Procura delle Missioni dei Carmelitani Scalzi – Roma.




LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano