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domenica 24 aprile 2016

MODELLO DI NOVIZIO FRA CANDIDO MARIA DA MAZZARINO CAPPUCCINO - PARTE UNDICESIMA .




XXI 
Aspirazione al Sacerdozio 

E veniamo al sogno della sua vita, sogno radioso che fin dall’infanzia ne deliziò lo spirito e l’accompagnò fino alla tomba: Divenire Sacerdote! 
Una sua zia scrive: << Insisteva nella sua vocazione e voleva persuadere i genitori con buone e sante maniere, tanto ch’essi restavano meravigliati nel sentirlo parlare a quel modo. Talora la sera non voleva neanche mettersi a letto, dicendo: Se mi promettete di avviarmi al sacerdozio vado a dormire, se no resterò sulla sedia >>. 
<< Qualche volta, raccolto in un angolo, lacrimava desolato per ore intere - a testimonianza della madre - non soleva piangere mai >>. 
Diceva al padre: << San Giovanni Bosco si fece sacerdote con l’aiuto della Provvidenza. Dio deve darmi la grazia di divenire un santo sacerdote, per salvare le anime >>. 
Quand’era per partire per il noviziato voleva far stampare un santino d’occasione con queste parole: << Dio deve darmi la grazia di divenire un santo sacerdote, per salvare le anime >>, e fu un compagno a strappargli di mano la carta (1). 
Da Calascibetta scriveva ai genitori l’otto Marzo: << Pregate il Signore ch’io faccia bene quest’anno di noviziato, affinchè da ora cominci a santificarmi e possa un giorno, secondo il desiderio ardente del mio e del vostro cuore, divenire un santo sacerdote >>. Dopo circa un mese replica: << Vi amo, e amandovi, pregherò il signore che un giorno ci renda lieti con farmi divenire sacerdote >>. In Ottobre scrive ai genitori: << Qui si serve, si ama il Signore, e si studia, preparandoci così al bel giorno della nostra vita: il Sacerdozio >>. 
Il 17 Febbraio 1935 - dopo 15 giorni della sua vestizione religiosa - celebrarono in Calascibetta la loro Prima Messa cantata due dei primi novizi usciti dal medesimo noviziato nel 1928, Padre Teodosio da Vizzini e Padre Federico da Mazzarino, ordinati qualche giorno prima in Calascibetta da Monsignor Jacono. 
<< Che gioia! - esclama nel suo Diario - Non è un sogno quello di questi due giovani, ma realtà. Già hanno celebrato stamane la prima Messa. Come sono contento oggi. Invidio la loro festa così bella, e mi sento spinto a compiere il mio dovere per poter anch’io un giorno avere la consolante soddisfazione d’immolare la Sacra Vittima >>. 
Il 29 Giugno 1935, festa di San Pietro Apostolo, patrono di Calascibetta, Mons. Pietro Capizzi, vescovo allora di Campagna e ora di Caltagirone, conferì il sacerdozio a suo nipote Paolino Bellomo. 
<< Che bella la funzione! Com’era commovente! E com’era contento alla fine il novello levita! La gioia gli brillava in volto. E come non esserlo, essendo stato insignito di sì eccelsa dignità? Gli abbiamo poi baciato la mano. Egli sorridendo ci disse: Quando io bacerò la mano a voi? Queste parole mi si scolpirono nella mente, e mai in vita mia le dimenticherò. Ho riflettuto: quando sarò sacerdote? Quando il Signore mi farà questa grazia grande, anzi grandissima? Gesù fa che venga presto questo giorno in cui potrò stringerti fra le mie mani! >>. 


XXII 
Amor che muove 

La vocazione è gran dono di Dio. Per farla però ben apprezzare ai giovani, occorre istruirli convenientemente. Ma con tutto ciò essi non la gusteranno nella sua pienezza e in tutto arcano fascino, che solo con l’età e l’esperienza. Ci sarebbe da riempire un volume, e se ne direbbe sempre poco. 
<< Chi può cantar le sue bellezze? - al petto manca la lena e il verso non ascende - tanto che arrivi all’alto suo concetto >>, direbbe il poeta. E’ argomento importante per la formazione dei novizi, e se non vi s’insiste a dovere sin da principio, si ottiene poco e si rischia d’andare incontro a veri disastri. 
Far conoscere ed apprezzare bene la grazia della vocazione, vuol dire illuminarli sulla predilezione di Dio a loro riguardo, vuol dire appianare con relativa facilità gli ostacoli che possono incontrare nel cammino della virtù e della perfezione, vuol dire sviluppare il gusto delle cose superne e il disgusto delle terrene, vuol dire metterli sul cammino regale del cielo, vuol dire arricchirli di santità, di spirito apostolico e d’innumerevoli altri doni, vuol dire renderli adatti alle opere meravigliose che solo i << chiamati di Dio >> possono attuare. 
E quando la vocazione si apprezza, si ama l’abito che s’è indossato, si ama l’Ordine al quale si appartiene,ed all’altresì la famiglia della quale si fa parte, essendo ogni parte inseparabile dal tutto. 
Se l’anima dei giovani non è abbastanza illuminata in questo, il loro cuore rimane legato piuttosto alla famiglia del secolo, con tutte le sue tendenze e i suoi inconvenienti, e quindi vengono a stare nei conventi e nella vita religiosa quasi come estranei e in ambiente non proprio, come grave detrimento della vocazione stessa e del suo scopo divino. I giovani devono capire e persuadersi bene che la Famiglia religiosa alla quale il Signore li ha chiamati, ha da essere amata molto al di sopra di quella umana e terrena, dove si viene al mondo senza saperlo né volerlo, mentre a quella religiosa sì accede per libera scelta, dietro la divina chiamata che , se si vuole, può anche essere respinta. 
Dio ci chiama, noi accettiamo l’invito, e lo seguiamo. 
Ecco un idillio divino, del quale le gioie e le armonie dureranno eterne i cielo. Abbracciare la vita religiosa e seguire la voce di Dio, ma con libertà, in dolce corrispondenza. 
Non solo. La Famiglia religiosa è quella stessa di Dio, e in essa si acquistano tante prerogative divine e tanti beni anche puramente umani, che al suo paragone quella del secolo non regge. << Portava - dice un compagno (2) - grand’amore all’abito cappuccino, e ringraziava Gesù che glielo aveva concesso >>. Anzi diceva spesso a forma di giaculatoria: << Mille volte morto, o Gesù, anziché macchiare col peccato l’abito del mio Serafico Padre San Francesco (3) >>. 
Senza dubbio, l’amore all’Ordine e alla Famiglia religiosa dove Dio ci ha chiamato ed innestato, oltre a rendere il cuore più adatto a sopportare quel che di amaro vi si può sperimentare per la natura, conferisce però una gioia divina, che fa godere dei suoi successi e delle sue prosperità, poiché si vive realmente della sua vita e si sente circolare la sua linfa nelle proprie vene. Quest’amore fa sì che si compatiscono più facilmente i difetti dei confratelli, che si riveriscano e si amino con più espansione i superiori, non vedendo in essi che Dio. 
<< Col Padre Direttore (4) avevano un amore scambievole di Padre e figlio. Fra Candido su di ciò era tranquillo e abbandonato, sicuro di essere guidato bene >>. << Il Direttore da parte sua cercava di tutelarne l’ingenuità e custodirne quell’infanzia evangelica acquistata nel santo Noviziato (5) >>. 

(1) Fra Pacifico da Sortino. (2) e (3) Giovanni Stornello. (4) Fra Giovanni da Palazzolo. (5) Fra Donato da Niscemi. 

FONTE: PADRE SAMUELE CULTRERA - MODELLO DI NOVIZIO FRA CANDIDO MARIA DA MAZZARINO CAPPUCCINO SCUOLA SALESIANA DEL LIBRO ROMA 1944 - VIA TUSCOLANA 361 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano