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giovedì 9 febbraio 2017

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA * 1747 + 1770 - PARTE DICIANNOVESIMA - FINE.




Teresa Margherita Redi 
 del Sacro Cuore di Gesù 
Monaca Carmelitana Scalza 
(Teresiana) 
Santa 
*1747 +1770 

Le anime amanti << discendono tutte tranquillamente nell’Oceano Divino, come la barca quando, arrivata alla foce, lascia il fiume, saluta la riva, e per un momento insensibile si trova nel gran mare >> ( MAUCOURANT. Prova religiosa sopra la castità. Medit. XXX. ). Tale fu il passaggio della terra al Cielo di Suor Teresa Margherita. 
Giunta al termine della vita, nella brevità dei giorni ella aveva compiuto una lunga carriera. Il Cielo era il luogo dove avrebbe effuso tutto il suo ardore; da dove avrebbe fatto brillare ai nostri occhi, più chiara, più amabile, la luce di sua virtù. Infatti era giunta a tanto la sua carità, da poter dire come San Paolo: << Ho combattuto la buona battaglia, ho finito il mio corso, ho conservata la mia fede; ormai altro non resta che mi sia data la corona di giustizia promessa da Dio a coloro che lo amano >>. ( II Timoteo, IV, 7, 8. ). 
E già era vicino il giorno in cui le religiose sue consorelle avrebbero assistito al tramonto placido, tranquillo, sereno, di quest’Astro splendidissimo: era vicino il giorno in cui la nostra giovane, sorridendo alla morte, sarebbe volata ai dolci amplessi del Signore, e del Paradiso, come astro non più destinato ad occaso, avrebbe mandato a noi raggi riflessi di quella luce, onde brillano in eterno i Beati. Anche il Padre Ildefonso, vedendo crescere in lei quelle pene di spirito di cui abbiamo parlato sopra, aveva un presentimento di perderla presto. << Gli impeti - così egli - che provava per unirsi a Dio, erano divenuti frequentissimi e gagliardi oltremondo; altro non pensava, altro non cercava >>. Nella relazione che lo stesso Padre fece al Sommo Pontefice Clemente XIV, dopo la morte di lei, aggiunse che << ella pareva presaga di morire, poiché specialmente in quell’anno si dava una certa fretta, particolare ferrosissima di operare in ogni maniera per Iddio e per la sua gloria >>. 
Era il 4 Marzo 1770, giorno di Domenica, e Suor Teresa Margherita si presentò al suo Confessore pregandolo a permetterle una confessione più minuta e più prolungata del solito, e di ricevere il giorno seguente la Comunione come se fosse l’ultima di sua vita. Il Padre Ildefonso stupì di questa insolita premura, sapendo che era costume della Serva di Dio ricever sempre la Santissima Comunione come per viatico; ma dopo quel momento non vi fece più caso. Sembrava che ella presentisse che negli ultimi momenti non avrebbe potuto ricevere il suo Gesù; perciò volle in quel giorno raccogliersi maggiormente nel divin Cuore, perché più facile e più sereno fosse il suo passaggio all’eternità. 
Anche le religiose attestarono di averla veduta uscire quel giorno dal confessionale << più lieta e contenta del solito e straordinariamente ilare nel volto >>; ma neppure esse ne fecero per allora gran caso. Il giorno seguente, lunedì 5 Marzo, si accostò insieme con le altre religiose alla Sacra Mensa. Quali fossero le sue interne disposizioni e i suoi affetti nel ricevere per l’ultima volta Gesù, ciascuno lo può immaginare. La sua preghiera, interrotta solo da lacrime e santi slanci, il suo volto straordinariamente infiammato, facevano abbastanza conoscere di qual sovrumana consolazione fosse ricolmo il suo cuore. Gesù era venuto a lei per alleviarne le pene che tanto l’avevano amareggiata ed infondere in quel cuore i tesori dell’amor suo che l’avrebbero confortata nel supremo momento del suo passaggio. Da allora parve che essa non vivesse più sulla terra, ma in Cielo. Una celeste visione sembrò davvero tornare a sorriderle; la visione di Gesù che la invitava alle nozze eterne del Cielo. Oh! Che cos’è una festa nuziale di questo mondo in paragone a quelle nozze lungamente vagheggiate, che formano per un anima grandemente innamorata di Dio la preoccupazione la più importante di questa vita? Quali saranno stati gli slanci, quali i ringraziamenti di Suor Teresa Margherita per il Signore che l’aveva finalmente chiamata all’eterna felicità del Cielo? Ella aveva già obliato le pene sofferte; era stata colpita, è vero, così da rimanere abbattuta; ma ecco che invece da restarne rotta e pesta, invece di battere sulla terra dura e maledetta, Dio l’aveva percossa e sostenuta. 
Nutrita dalla stessa Carità, non le restava ora che morire per forza di carità. Ed infatti apparve da quel momento tutta rapita in Dio; e, in tale stato di raccoglimento, passò tutto il giorno del lunedì e del martedì, senza che apparisse alcun sintomo di male. Sul far della sera, circa le ore sei, dopo aver prestato le sue solite cure d’infermiera alla Madre Priora, ammalata alle gambe, andò la Santa dalla Madre Teresa Maria della Santissima Concezione ( Ricasoli ), anch’essa ammalata, e le disse con aria molto tranquilla che voleva insegnarle una bella pratica di conformità al divino volere di esercitarsi in tempo di malattia. Aveva con sé un libretto scritto dal Padre Binetti della Compagnia di Gesù, intitolato: << Pratica del Santo Amor di Dio >>, e da quello lesse la pratica suddetta. Quindi scese in refettorio per prendervi la refezione quaresimale. Era sola, perché l’ufficio d’infermiera le aveva impedito d’intervenire a quell’atto insieme con la Comunità. Postasi appena a sedere, le si svegliarono improvvisamente dolori viscerali così spasmodici, che l’obbligarono a fuggire da quel luogo per andare alla propria cella. Ma non potè; ed a stento entrò in una cella terrena, poco discosta dal refettorio, dove, inginocchiata presso un letto, aspettò che le si lenisse alquanto lo spasimo. Potè finalmente trascinarsi alla sua cella; e qui, incrudelitisi maggiormente quei dolori, cadde a terra, e domandò aiuto. La Madre Maria Vittoria della Santissima Trinità ( Martini ), che passava di là, accorse prontamente e, trovata la Serva di Dio prostesa sul pavimento, l’aiutò ad alzarsi e a coricarsi sopra quel letto, che doveva essere come la croce da cui avrebbe spiccato il volo verso il Cielo. 
La cella della Santa offriva una scena commovente; tutte le religiose erano accorse e, in attesa del medico, pregavano in silenzio. Il letto dell’infermiera divenne come una cattedra dalla quale, martoriata dai più acerbi dolori, ella avrebbe dato alle consorelle l’esempio delle più eroiche virtù. Di tratto in tratto si udivano gli slanci del cuore, che erano fervorosissime invocazioni al suo Divino Sposo, e accenti di piena uniformità ai Suoi voleri. Il suo amore le suggerì di pregare le religiose consorelle che la circondavano a recitare cinque volte il Gloria Patri in onore del Sacro Cuore di Gesù, dicendo << che attribuiva a di Lui grazia speciale il non essere morta al primo accesso dei dolori >>. 
Che cos’era che a quell’anima tanto bramosa di morire faceva riconoscere per grazia singolare il prolungarsi di poche ore i suoi patimenti, se non l’ardente desiderio d’assomigliarsi maggiormente a Gesù, con un’agonia più lunga e più atroce? E veramente atroci furono i suoi dolori. Li tollerò per tutta quella notte e il giorno seguente fino alle tre pomeridiane, quando la morte si presentò al suo letto, spoglia però dell’orrore che sempre circonda, apportatrice invece di un premio da tanto tempo desiderato. Oh, quando si è menata una vita angelica, la morte vibri pure il suo colpo; ella non avrà gran cosa da rapire! 
Intanto la Santa, tenendo come impresse le labbra sui piedi del Crocifisso di ottone che teneva in mano, quello stesso che da sana portava sempre sul petto, non si saziava di proferire i nomi dolcissimi di Gesù e di Maria, e con tanta tenerezza che quelle religiose frenavano a stento le lacrime. Stette molto tempo in tale posizione, e solo quando le portarono nella cella le Reliquie del Patriarca San Giuseppe e della Santa Madre Teresa , i suoi occhi si posarono a lungo sopra di esse, come per raccomandarsi alla loro potente intercessione. 
Il suo amore al patire le fece ricusare il sollievo della camicia di lino, che la religione, in tali circostanze, concede di sostituire a quella di lana. E fu necessario il comando della Superiora perché l’accettasse con segno di gratitudine e di rassegnazione. 
Le prime cure a lei apprestate furono alcune gocce di laudano, che essa prese protestando di non meritare tale attenzione. Le religiose facevano a gara per avere la consolazione di assisterla in quella notte; ma la sua umiltà non poteva permettere che alcuna si sacrificasse per lei; onde, a forza di replicate preghiere, ottenne che tute si ritirassero, dicendo che a lei non si dovevano tanti riguardi. E ci volle un altro comando dell’obbedienza perché si contentasse che rimanesse nella sua cella una giovane di servizio, per assisterla. Obbedì senza replicare; e l’unico incomodo che durante la notte dette a quella fanciulla, fu di raccomandarsi alle sue orazioni e di pregarla istantemente di mettere ogni diligenza di non fare il menomo rumore per non disturbare il riposo delle altre. Per sé non cercò mai il più piccolo sollievo; e, sempre con gli occhi fissi sull’immagine di Gesù Crocifisso e con le labbra sulle piaghe di Lui, non si saziava d’imprimervi i più teneri baci e d’invocarne il Santissimo Nome. << Il suo cuore - scrive Mons. Albergotti - non aveva altra sollecitudine che uniformarsi a quel Divino Esemplare; e, godendo di essere in grado di potergli rendere pene per pene, si occupava tutta nell’offrirgli i propri patimenti >>. Intanto il male si faceva sempre più crudo; ella si trovava come immersa in un bagno di gelido sudore, e tutto il corpo, per gli atroci dolori, tremava come fosse preso da fiera convulsione. In tale stato passò tutta la notte, e non fu udito mai dalla sua bocca il più lieve lamento, lieta di offrire al Crocifisso Signore i suoi patimenti di corpo e di spirito, che concorrevano insieme a renderla vera immagine dell’Uomo dei dolori. Giunta appena la mattina, suo primo pensiero fu di pregare che si mandasse a riposo la giovane che l’aveva assistita. Quindi, alle religose che la richiesero come stava, rispose con tranquillità ed umile dolcezza << che i suoi dolori non erano eccessivi e che stava meglio della sera precedente >>. Segno che il male era ormai insuperabile, e l’infiammazione volvulosa durante la notte era degenerata con cancrena. Poi quasi dimentica dei propri dolori, come se non avesse avuto altro pensiero che per le sue care inferme, ricordò alle consorelle che la circondavano di far provvedere una certa erba necessaria alla medicatura delle piaghe della Madre Maria Maddalena di Gesù, priora; quindi mandò a vedere come stava la Madre Teresa della Santissima Concezione ed a sentire se le bisognasse qualche cosa. Stupivano le religiose di tanto spirito di carità manifestato dalla Santa anche nelle penose condizioni in cui si trovava. Ma come poteva diportarsi diversamente ella, che tante prove aveva date della sua eroica carità? 
<< L’uomo - riflette Mons. Albergotti suo biografo - mai meglio si conosce che alla morte. E allora che il cuore si abbandona a se stesso e le sue azioni si manifestano, quali in vita furono gli abiti suoi; non facendosi altro per lo più in morte, che confermare con gli ultimi respiri ciò che si è fatto in vita >>. 
Durante la mattina tornarono a visitarla i medici, e per ultimo tentativo stabilirono di estrarle sangue da un piede. Ciò non servì che a far conoscere sempre più da quale spirito di carità fosse animata. Benchè in istato tanto infelice, non potè soffrire che fosse rimproverata un’infermiera che non aveva preparato il necessario per quella piccola operazione; quindi, con voce di moribonda, pregò la zelante riprenditrice a non sgridarla, dicendo << che per lei tutto bastava, né importava che le cose fossero meglio aggiustate >>. 
L’ora fatale si approssimava a grandi passi; e quel tenero cuore, distaccato ormai dalla terra, sembrava sfidare la morte che s’avanzava a reclamare i propri diritti. Ma chi è crocifisso con Cristo non teme l’ora del prossimo dissolvimento; la morte è come un angelo di consolazione che discende a raccogliere lo spirito purificato dai patimenti, per trasportarlo nella dimora dei Santi. Più si avvicinava quell’ora, , più Suor Teresa Margherita si raccoglieva in se stessa. La sua calma, la sua dolcezza, il completo possesso di se medesima, il suo sguardo ardente al Crocifisso che ripetutamente premeva sulle labbra, il suo commovente abbandono nelle mani di Dio, tutto rivelava un’anima grande e già cittadina del Cielo, tutto edificava e commoveva fino alle lacrime le buone sorelle che la circondavano. Ma quanto sarebbe stata più grande la felicità di quel cuore, se in quegli estremi avesse potuto ricevere Gesù! Il male non glielo permise; e le religiose, credendo che la morte non fosse così repentina, non vi pensarono neppure in quei brevi momenti nei quali, cessato il vomito, lo avrebbe potuto. Ciò che la consolava però, era il pensiero di aver ricevuto Gesù per Viatico la mattina del lunedì, e, non potendo altro, volle passare il tempo che le rimaneva di vita in continue comunioni spirituali. 
Le parole che di tanto in tanto si udivano dalle sue labbra, erano di offerta di tutta se stessa quale vittima di amore e di espiazione. Il suo cuore era ormai, per motivo di puro amore, unito a quello di Gesù nelle agonie del Getsemani e nell’oblazione della Croce. Negli occhi stessi risplendeva tutta la sua bell’anima; le scintillavano di amore divino, e le lacrime che di tratto in tratto cadevano, nonostante il suo solito sorriso e lo sguardo ardente, rivelavano qual fosse il fuoco che tutta la consumava. Ora ella provava veramente ciò che ha scritto della morte di tali santi il Serafico Padre San Giovanni della Croce: << Il perfetto amore di Dio rende la morte gradevole e vi fa trovare la maggior dolcezza… L’anima è inondata da un torrente di delizie all’approssimarsi del momento in cui va a godere l’intero possesso di Dio. Venuta al punto di essere sciolta dalla prigione del corpo, pare a lei di contemplare già la gloria celeste, e che tutto ciò che è in lei, si trasformi in amore ( Fiamma viva d’amore ) >>. 
E tali furono veramente gli ultimi istanti di Suor Teresa Margherita. Nelle ultime ore parve che ella non sentisse più neppure i propri dolori; le gioie nascoste della contemplazione le facevano dimenticare le angosce dell’agonia. 
Immersa col pensiero nel suo Dio, aspettava che si spegnesse l’ultimo alito di vita che la rallentava in terra. Ed invero la vita se ne andava a stilla a stilla; le sue ultime forze si struggevano per sovrabbondanza di carità onde, come sopraffatta da una gioia arcana di paradiso, apparve nel volto trasumanata. Gesù le era presente; Egli disceso per portare la sua bell’anima a godere le dolcezze ineffabili di un eterno connubio; ella poteva ora esclamare col Serafico Padre del Riformato Carmelo: 

Di lui son io, 
 Ogni spirto è virtù per Lui si adopra, 
Già la mia greggia obliò, 
Né curo altro né pensò 
Che d’arder tutta in quell’amore immenso. 
 ( Cantico fra l’anima e Cristo suo Sposo - Strofa 28 ). 

In tale stato di consumazione durò fin verso le tre di sera; le sue ultime parole non furono che uno slancio d’amore verso Dio; quindi manifestò con molta tranquillità di sentirsi mancare, e nello stesso tempo fu assalita da una fiera convulsione interna che la lasciò semiviva. Fu allora che fu introdotto il M. R. Padre Pio Covari de’ Predicatori della Congregazione di San Marco che in quel tempo era confessore straordinario del Monastero: il quale, veduto l’imminente pericolo, le dette l’assoluzione e le amministrò l’Estrema Unzione. 
Quindi si incominciarono le preghiere degli agonizzanti, e l’angelica Suora rimase sempre immobile, come assopita in un’estasi ineffabile d’amore, riguardando sempre con due occhi di dolcezza e di mistero il Crocifisso d’ottone che teneva in mano. Dopo pochi momenti cambiò improvvisamente di sembiante; e, con gli occhi accesi d’insolita luce, con un dolce sorriso sul labbro, spiccava il volo da questa terra per riposare per sempre in quel Cuore Divino che aveva tanto amato. Aveva chiesto di non esser lasciata più a lungo sulla terra; aveva bramato di morire d’amore; ed ecco che il suo desiderio era stato esaudito. 
Essa si allontanava ora da questo esilio a guisa delle anime consunte dal fuoco della Divina Carità, le quali, come afferma il Santo Padre Giovanni della Croce, << muoiono nei gaudii ineffabili dell’amore, come il cigno canta più melodiosamente quando è preso a morire ( Fiamma viva d’Amore ) >>. 
Contava 22 anni, 7 mesi, 19 giorni di vita. Aveva passati al Carmelo soltanto 5 anni, ed in sì poco tempo, come giglio schiuso al mattino, aveva sparso dovunquue profumi e bellezze del Cielo. 
Il Signore l’aveva arricchita, come la Santa Madre Teresa, di tutti i doni di natura e di grazia. Alta, ben proporzionata; occhi azzurri, biondi e finissimi capelli, lineamenti improntati ad una bellezza celestiale, era come il riflesso dell’animo suo candidissimo che imponeva rispetto e venerazione. 
Tale la breve vita di quest’Angelo. Passò come una visione celeste, come un’alba; e, dopo aver illuminato coi suoi raggi il Carmelo ed il mondo, << come fiamma leggera che sale e s’innalza da se medesima, si distaccò dolcemente dalla terra e non vi lasciò che quel involucro materiale che portiamo oggi in trionfo, perché è stato toccato e trasfigurato dal più puro amore di Dio ( Mons. BOUGAUD, Panegirico di Santa Margherita Maria Ala coque ) >>. 

FINE 

FONTE: Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano