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giovedì 5 ottobre 2017

IL PATRIARCA DEI CERTOSINI - SAN BRUNO. PARTE PRIMA



IL PATRIARCA DEI CERTOSINI
SAN BRUNO


UNA MATTINA DI GIUGNO DEL 1084...
Una mattina di Giugno del 1084, in prossimità della festa di San Giovanni Battista, un piccolo drappello di viandanti dal viso grave, poveramente vestiti, lasciava la residenza episcopale di Grenoble sotto la guida del giovane vescovo Ugo; essi si diressero verso il Nord prendendo la strada del Sappey. Oltrepassate le ultime case del villaggio, penetrarono nell’immensa foresta, valicarono il colle di Palaquit e giunsero al colle di Portes, a 1.325 metri di altitudine. Dal colle ridiscesero verso il villaggio di Saint-Pierre-de-Chartreuse per una vita che già fiancheggiava press’a poco il tracciato della strada odierna; ma un po’ prima di Saint-Pierre piegarono a sinistra e s’inoltrarono nella valle del Guiers-Mort.
Detta valle, molto stretta, andava ancor restrigendosi a poco a poco fino a chiudersi tra due rupi scoscese: solo il torrente ed il sentiero si aprivano un varco verso l’Ovest. 
Codesta << porta >>, che allora chiamavasi la Cluse, era il solo passaggio ordinario per chi veniva dal Sud. Un po’ più lungi, a destra, estendevasi per quasi 5 chilometri in direzione Nord - Nord-Est una valle bislunga, detta il Dèsert de Chartreuse, il cui punto più basso trovasi a 780 metri di altitudine ed il più elevato a 1.150 metri. Valle praticamente chiusa da ogni parte, su cui strapiomba un caos di montagne che si elevano, col Grand Som, oltre i 2.000 metri: per penetrarvi, oltre alla porta di la Cluse, v’era solo un altro accesso, sito a Nord-Ovest, il Colle di la Ruchère ( 1.418 metri ) - ma il villaggio di la Ruchère non era accessibile che attraverso il pericoloso valico del Frou - e due malagevoli sentieri, lunghi, difficili ed assai rischiosi, di cui uno veniva da Saint-Laurent-du Desert ad Ovest ( oggidì Saint-Laurent-du-Pont ), e l’altro da Saint-Pierre-d’Entremont a Nord, traversava la foresta di les Eparres, popolate di bestie selvagge, e valicava il Colle di Bovinant a 1.646 metri. In codesto deserto i nostri viandanti arditamente s’addentrarono per la porta di la Cluse; e poiché in detto luogo selvaggio cercavano il punto più selvaggio, risalirono fino alla sua punta estrema a Nord, là dove il deserto termina in una gola stretta tra montagne sì alte che il sole per la maggior parte dell’anno vi penetra appena: ancor oggi gli alberi tra i dirupi delle rocce vi si protendono verso il cielo in fusti fantastici, per raggiungere, almeno mediante la chioma, l’aria aperta la luce, il calore. Allora il piccolo drappello s’arrestò: si era arrivati. Il vescovo Ugo assicurò i compagni che lì precisamente dovevano costruire le loro capanne ed attuare l’ideale eremitico abbracciato. Accomiatatosi quindi da essi, ridiscese verso Grenoble con la sua scorta personale.
Rimanevano nel Dèsert sette uomini: maestro Bruno, già cancelliere e canonico della Chiesa di Reims, maestro Landuino di Lucca, teologo rinomato, Stefano di Bourg e Stefano di Die, ambedue canonici di San Rufo, Ugo, << che chiamavano “ il cappellano ”, perché solo tra essi adempiva le funzioni sacerdotali >>, ed inoltre due laici Andrea e Guerrino, che avrebbero adempito l’ufficio di Conversi. Questi sette uomini si erano risolti a condurre insieme vita eremitica e da un po’ di tempo cercavano un luogo adatto per mettere in atto il loro progetto. Bruno, mosso dallo Spirito Santo e sapendo con sicurezza quanto propizie alla solitudine fossero le foreste del Delfinato, era venuto a chiedere asilo e consiglio ad Ugo, Vescovo di Grenoble. E questi, per ispirazione avuta in un sogno meraviglioso, aveva scelto per lui e i suoi compagni il Dèsert di Chartreuse.
Secondo l’umana sapienza tale scelta era una follia. Tutto sconsigliava di porre un agglomerato umano permanente nel Deserto di Certosa, e specialmente nella estremità settentrionale di esso: il clima rigido, dalle assai abbondanti cadute di neve, il suolo molto povero, che avrebbe richiesto non poco lavoro per produrre a stento il necessario  al sostentamento degli abitatori, l’asprezza dei rilievi montani che rendeva difficile la silvicoltura, l’inaccessibilità del luogo per gran parte dell’anno, che in caso di necessità o d’incendio o di epidemia praticamente toglieva ogni speranza di pronto soccorso… La fondatezza di detti timori sarà difatti più volte confermata: il sabato 30 gennaio 1132 un’enorme valanga inghiottirà tutte le celle, salvo una, e sei eremiti ed un novizio vi periranno; bisognerà allora ritirarsi a due chilometri a Sud della punte del Deserto fino all’odierno sito della Gran Certosa.
Bruno ha ormai superato la cinquantina… E più d’uno dei suoi compagni, specialmente Laudino, han varcato le soglie della giovinezza.
Quale segreto desiderio li spinge ad affrontare quella solitudine, di cui Guio nelle sue costumanze due volte ricorderà l’austerità? Qual ritrovamento - e di quale perla preziosa - può farsi col dimorare << a lungo tra tanta neve e l’orrore di sì grandi freddi >>?.
Mistero della chiamata, che Dio fa udire a certe anime, alla vita di pura contemplazione e d’amore assoluto. Mistero di quelle vite nascoste, umanamente annientate con Cristo esinanito. Mistero della preghiera di Cristo nel deserto, durante le notti della vita pubblica e nel Getsemani; della preghiera di Cristo che ad ogni tappa della storia della Chiesa prolungasi in alcune anime privilegiate. Mistero di solitudine e di presenza al mondo, di silenzio e di irradiamento evangelico, di semplicità e di gloria di Dio.
Detto mistero cercheremo di cogliere nell’anima di Bruno...

Andrè Ravier.


LAUS  DEO

Pax et Bonum

Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano