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martedì 28 gennaio 2025

IL PATRIARCA DEI CERTOSINI SAN BRUNO - QUARTA PARTE quinta fine.


Lungi dal profittare di codesto supremo atto di clemenza del Vicario di Cristo, Manasse moltiplicò le prevaricazioni, e pretese di rimanere, nonostante tutto, a capo della Chiesa remese. Il 27 dicembre 1080 Gregorio VII, esaurite tutte le risorse di bontà, scrisse quattro lettere con cui poneva termine a codesta dolorosa contesa. In modo definitivo deponeva Manasse e questa volta senza speranza di riabilitazione. Al clero ed al popolo remese il Papa ordinava di poter opporre resistenza all'arcivescovo, di scacciarlo e di procedere a nuove elezioni col consenso del Legato. Al conte Ebal il Vicario di Cristo chiedeva di sostenere coloro che resistevano a Manasse e di appoggiare il nuovo arcivescovo che sarebbe stato eletto. Quanto ai vescovi suffraganei di Reims, il Papa li scioglieva da ogni obbedienza nei riguardi del metropolita scomunicato e prescriveva loro di favorire l'elezione d'un arcivescovo degno della sede remese. Infine Sua Santità inviava al re di Francia Filippo I una lettera paterna e molto ferma: << Da parte del Beato Pietro le ordiniamo e della nostra la preghiamo di non dar più alcun appoggio a Manasse, definitivamente deposto a motivo di reati a lei non ignoti, bensì di rompere l'amicizia con lui e di non più sopportarne la presenza in corte, di guisa che, respingendo i nemici della Santa Chiesa... appaia che egli ama il Signore e che, agendo conforme agli ordini della Sede Apostolica, sinceramente desidera di ottenere le grazie del Beato Pietro. Inoltre vogliamo e per apostolica autorità le comandiamo di non frapporre alcun impedimento alla canonica elezione che il clero e il popolo della Chiesa remese sta per fare del nuovo arcivescovo, e di opporsi a chiunque tentasse in qualche modo di impedirla, come altresì di aiutare colui  che verrà eletto dalla parte sottomessa  e religiosa del clero e del popolo... Ecco per lei - osa aggiungere il Santo Padre - l'occasione di provare  che non indarno abbiamo usato pazienza per le colpe della sua giovinezza ed atteso la sua conversione >>. Filippo I, più sollecito dei suoi oiaceri che della religione del regno, non prese alcun provvedimento contro Manasse. L'arcivescovo rimase ancora un po' di tempo in sede; ma i suoi scandali e le sue depredazioni finirono per sollevare il popolo contro di lui, di guisa che venne scacciato da Reims. Secondo Guidiberto di Nogent, Manasse trovò rifugio presso Enrico IV, imperatore di Germania scomunicato; si affiancava così ad uno dei più grandi nemici della Chiesa e del Papapto... In seguito non si sentì più parlare di lui. Manasse espatriato, gli esuli poterono fare ritorno a Reims: essi vennero accolti con entusiasmo dal clero e dal popolo. Bruno soprattutto era oggetto della pubblica venerazione: suo malgrado, gli avvenimenti avevano richiamato l'attenzione su di lui. Benché non avesse ripreso né la cattedra né il titolo di maestro e direttore degli studi né la carica di cancelliere, sulla sua persona conversero le preferenze di tutta la Chiesa remese quando si trattò di eleggere un nuovo arcivescovo. Un Titolo Funebre ci fa conoscere i sentimenti della cittadinanza remese in detta circostanza: << Bruno godeva grandissima stima nella nostra città; era l'onore e la consolazione dei suoi; favorito in ogni cosa, già lo preferivano a qualsiasi altro, e meritatamente: poiché era buono versato in ogni scienza, eloquente e facoltoso. Nondimeno per Cristo abbandonò tutto e si mise al seguito di lui povero; lo accolse quindi l'eremo con numerosi discepoli. così a cinquant'anni Bruno si vedeva dischiudere dinanzi uno splendido avvenire. La prima sede episcopale di Francia, la diocesi che veniva chiamata << il diadema del regno >> gli era proposta. Tutto indicava lui per quell'alta carica: la sua specchiata onestà, la scienza, la chiaroveggenza di fronte a delicati stati di cose ed il coraggio nelle sofferenze, la fedeltà alla Sede Apostolica, la profonda pietà, il fine senso dell'amicizia, il distacco delle ricchezze e la carità. Gregorio VII e Ugo di Die , suo Legato, avevano potuto apprezzare la sua integrità in quel tempo di simonia ed avevano pubblicamente manifestato quanto lo stimassero. Chi avrebbe potuto opporsi a tale elezioni così desiderata da tutti e così desiderabile non solo per il bene della Chiesa di Reims, ma altresì per quello della Chiesa di Francia? Chi? Nessuno, a dir il vero, eccetto Dio, che aveva già fatto sentire al cuore di Bruno la chiamata ad una vita più perfetta... Non nella Chiesa di Reims né in quella di Francia,  bensì e più profondamente nel cuore stesso della Chiesa, Bruno avrebbe portato testimonianza d'un puro amore di Dio



Andrè Ravier 


                                                                             LAUS  DEO

                                                             Francesco di Santa Maria di Gesù

                                                                       Terziario Francescano

domenica 26 gennaio 2025

IL PATRIARCA DEI CERTOSINI SAN BRUNO - QUARTA PARTE quarta.

 



Tali testi sono molto preziosi. Essi ci dimostrano che il prevosto Manasse aveva ceduto alle istanze e alle proposte dell'arcivescovo, e che al contrario Bruno e Ponzio non avevano accondisceso a seguirlo nella sua capitolazione: se tale rifiuto in se stesso può essere ambiguo (ostinazione od al contrario chiaroveggenza e disinteresse?), il seguito degli avvenimenti toglierà tale detta ambiguità e giustificherà il comportamento di Bruno e di Ponzio. Altra indicazione non meno preziosa: Bruno non figura in primo piano se non dopo la riconciliazione del prevosto con l'arcivescovo; fino a tal momento il prevosto figura quale capo fila degli esuli: l'arcivescovo, avendolo riconquistato alla propria causa, è del parere della resistenza(<< i suoi accusatori >>) sia cessata. In detta diatriba, piuttosto che la propia apologia, l'arcivescovo senza volerlo fa l'apologia di Bruno: egli ci svela in li un aspetto tipico che ritroveremo lungo il corso della sua vita, cioè una mirabile forza di carattere nel perseguire sino in fondo e qualunque cosa avvenga ciò che giudica esser volontà di Dio su di lui: né difficoltà né minacce, né promesse né abbandoni riescono a stornarlo da un proposito una volta convinto che tale proposito sia conforme alla volontà di Dio. L'Apologia non poteva salvare l'arcivescovo Manasse: i Padri conciliari lo deposero dall'episcopato. Nel marzo del 1080 Ugo de Die venne a Roma per informare a voce Gregorio VII di quel che era accaduto. Il 17 aprile dello stesso anno il Vicario di Cristo scriveva a Manasse facendogli sapere che, durante il sinodo tenuto a Roma in primavera, aveva confermato la sentenza del Concilio di Lione. Nondimeno il Papa, anche in codesto severo provvedimento, << nimia, ut ita dixerm, misericordia ductus - mosso da un sentimento di misericordia che direi eccessiva >>, offriva ancora a Manasse la possibilità di rifare la sua riputazione, se non la sua posizione: l'arcivescovo << prime della festa di San Michele >> poteva chiedere a sei vescovi che godevano la fiducia del Papa ( cioè a quelli di Soisson, Laon, Cambrai, Chalonssur, Marne e ad altri due ) di deporre in suo favore. A tale gesto di clemenza Gregorio VII poneva alcune condizioni molto ragionevoli cui l'arcivescovo avrebbe dovuto sottostare: di restituire integralmente << a Manasse, a Bruno ed agli altri canonici, che sembrano aver parlato contro (di lui) in difesa della giustizia >>, tutti i beni che aveva loro tolti; di non opporsi al ritorno di quelli che sì a lungo han sofferto l'esilio per la giustizia e di consentir loro di servire Dio nella Chiesa di Reims con piena sicurezza; di lasciare prima dell'Ascensione dell'anno successivo la Chiesa di Reims e di ritirarsi a piacimento nell'abbazia di Cluny ovvero in quella di La Chaise-Dieu, al fine di vivervi a proprie spese religiosamente insieme con un chierico e due laici, giurando dinnanzi al Legato di non asportare alcunché dei beni di Reims, eccetto quanto sarebbe stato necessario al sostentamento proprio e dei predetti tre compagni. Nel caso che avesse ricusato di obbedire, Gregorio VII avrebbe confermato in modo definitivo la sentenza del Concilio e non gli avrebbe lasciato alcuna speranza d'appello per l'avvenire.


Andrè Ravier

                                                                                Contiuna....


                                                                               LAUS DEO


                                                                Francesco di Santa Maria di Gesù

                                                                         Terziario Francescano

                                                           

sabato 25 gennaio 2025

IL PATRIARCA DEI CERTOSINI SAN BRUNO - QUARTA PARTE terza.

 


Ugo di Die, conforme agli ordini del, convocò dunque un nuovo Concilio. quale sede dell'assise venne scelta Lione e l'apertura fu fissata ai primi di febbraio 1080. Manasse di nuovo si appellò al Papa al di sopra del Legato adduceva ancora un antico privilegio della Chiesa di Reims, secondo il quale l'arcivescovo era soggetto solo alla giurisdizione della Santa Sede. Il 5 gennaio 1080 Gregorio VII gli rispose negandogli il diritto di ricusare la giurisdizione del Legato Ugo di Die, che d'altronde sarebbe stato assistito dal vescovo di Albano, il cardinale Pietro Igneo, e Ugo di Cluny.  << Ci reca meraviglia - diceva il Vicario di Cristo - che una persona giudiziosa come voi cerca tanti pretesti per rimanere sì a lungo insieme con la sua Chiesa in stato d'accusa infamante e lasciare alla pubblica opinione la libertà di sentenziare in merito, quando avrebbe ogni interesse ad allontanare da sé e dalla sua Chiesa il sospetto di reato...  Se per caso non vi presenterete al Concilio di Lione, se non obbedirete alla Chiesa Romana che da tanto tempo vi sopporta, non solo non cambieremo la sentenza proferita contro di voi vescovo di Die, ma altresì la confermeremo con la nostra Apostolica autorità >>. La minaccia era chiara. Manasse, perduta la speranza di trarre in inganno Gregorio VII , Abate di Cluny: gli inviò alcuni messi segreti che gli offrirono trecento once d'oro puro, incaricati altresì di presentare alcuni doni ai suoi famigliari. Doni ancora più grandi gli prometteva, qualora gli fosse permesso di giustificarsi da solo... L'Abate Cluny rimase insensibile a tali profferte! Il Concilio, com'era stato stabilito, si riunì a Lione i prime di febbraio 1080. Nonostante la minaccia del Papa, Manasse non si presentò personalmente, ma inviò un Apologia in cui, senza confutare le accuse formulate contro di lui, impugnava le forme procedurali e le condizioni che gli erano imposte. Ancora una volta egli adduceva un argomento di cui già si era valso nel rivolgersi a Gregorio VII: vi ha per lui un reale pericolo nel recarsi a Lione. E come trovare sei vescovi che testimoniano in suo favore? Come trovarli in venti giorni di cui dispone? E chi giudicherà della riputazione di codesti sei vescovi? Di detta orgogliosa Apologia conviene citar due brani che riguardano Bruno: << Mi  avete detto di venire al Concilio per rispondere ai miei accusatori, vale a dire al prevosto Manasse ed ai suoi soci. Ed io dico a voi che mi sono rappacificato con Manasse, il quale trattava in nome di tutti i suoi ardenti, eccetto due, di cui uno, cioè Bruno non appartiene al mio clero né è nato nella mia diocesi e neppure vi è stato battezzato, bensì è un  canonico della collegiata di San Cuniberto di Colonia nel regno teutonico. Non sono tanto desideroso di cattivarmi la sua amicizia, essendo del tutto ignaro della sua e delle sue origini; ed anche perché, dopo averlo colmato di benefici durante la sua permanenza nella mia diocesi, in contraccambio da lui non  ho ricevuto che cattivi ed indegni trattamenti. L'altro poi, vale a dire Ponzio, ha mentito in mia presenza nel Concilio Romano: e pertanto non voglio né debbo rispondere né uno né all'altro in un giudizio ecclesiastico >>. Un po' più oltre l'arcivescovo ritorna sul medesimo argomento: << Come ho già detto, penso che il prevosto Manasse ed i suoi compagni non intenteranno alcuna accusa contro di me per il fatto che essi, salvo che non ricadano nel loro errore in occasione di detto Concilio, si sono riconciliati con me, tranne, ripeto, due, Bruno e Ponzio, ai quali per la preindicata ragione non voglio né debbo rispondere. E qualora alcuni di loro con i quali mi sono rappacificato per la mediazione del prevosto Manasse si recassero al Concilio violando la pace fatta e volessero dire qualcosa contro di me, il loro attestato non dovrebbe essere accettato, poiché al momento della nostra riconciliazione non erano miei familiari né miei canonici, sì da poter attestare qualcosa riguardo alla mia vita >>.


Andrè Ravier 


                                                                              Continua....


                                                                             LAUS DEO


                                                            Francesco di Santa Maria di Gesù

                                                                     Terziario Francescano