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martedì 29 settembre 2015

SAN PEDRO DE ALCANTARA - TRATTATO DELLA PREGHIERA E MEDITAZIONE - PARTE SESTA.


 
SAN PEDRO DE ALCÁNTARA 

TRATTATO DELLA PREGHIERA 
E MEDITAZIONE 


Pietro d'Alcantara, (1499-1562), uno dei direttori spirituali di Santa Teresa d’Avila, 
fu Riformatore, e fondatore di alcune Province dei frati Scalzi di S. Francesco in Spagna. 
Il trattatello sull'orazione, fu tradotto quasi in tutte le lingue. 
Fu Canonizzato nel 1669 da Papa Clemente IX . 

 
COMPOSTO DAL PADRE FRA' PEDRO DE ALCANTARA 
FRATE MINORE DELL'ORDINE 
DEL BEATO SAN FRANCESCO, 
DIRETTO AL MAGNIFICO E DEVOTO SIGNORE 
RODRIGO DE CHAVES, 
ABITANTE DI CIUDAD RODRIGO 

PARTE SECONDA 

capitolo primo 
COS'È LA DEVOZIONE 


La fatica più grande che debbono affrontare le persone che si dedicano alla preghiera è la mancanza di devozione in cui spesso si trovano, poiché quando essa non manca, non vi è cosa più facile e più dolce che il pregare. Per questa ragione, poiché abbiamo già trattato l'argomento della preghiera e il modo in cui essa deve svolgersi, sarà bene che trattiamo adesso delle difficoltà e delle tentazioni più comuni delle persone devote e di alcune avvertenze di cui tener conto in questi esercizi. In primo luogo, sarà opportuno dire chiaramente cos'è la devozione per sapere prima quale sia il bene in cui ci impegnarne. 

La devozione (dice san Tommaso) è una virtù che rende l'uomo sollecito e pronto a tutte le altre virtù e che ridesta e sollecita al bene operare (II Quest., 82, art. 1). 

Questa definizione dichiara in modo manifesto la grande necessità e utilità di questa virtù in cui è rinchiuso più di quanto si possa pensare. Per la qual cosa, bisogna sapere che il maggiore impedimento al vivere bene è la corruzione della natura umana derivata dal peccato, da cui procedono la nostra inclinazione al male e la difficoltà e la lentezza nell'operare il bene. Queste due ci rendono molto difficile il cammino della virtù, che è di per sé la cosa più bella, più amabile, più onorevole del mondo. 

Contro questa difficoltà e lentezza, la divina sapienza progettò il più adeguato rimedio che è la virtù e il soccorso della devozione poiché, come il vento di tramontana disperde le nubi e lascia il cielo sereno e sgombro, così la vera devozione spazza dalla nostra anima ogni lentezza e difficoltà e la lascia idonea e sgombra per ogni bene; questa è una virtù tale da essere un dono dello Spirito Santo, una rugiada del cielo, un aiuto, una visitazione di Dio, raggiunto con la preghiera, la cui prerogativa è combattere contro la difficoltà e la lentezza, vincere la tiepidezza, dare prontezza, riempire l'anima di buoni desideri, illuminare l'intelletto, rafforzare la volontà, accendere l'amore a Dio, spegnere le fiamme dei turpi desideri, generare distacco dal mondo e odio per il peccato, imprimere all'uomo un nuovo fervore, un nuovo spirito, una nuova forza, un nuovo respiro per operare il bene. 

Così come fu Sansone che, quando aveva i capelli, aveva maggiore forza di tutti gli altri uomini del mondo e, quando ne restò senza, era debole come tutti gli altri, così è anche l'anima del cristiano quando ha la devozione; quando non l'ha è debole. Questo, dunque, è ciò che volle dire san Tommaso in quella definizione e questa è senza dubbio la più grande lode che si possa fare di questa virtù, che, pur essendo una sola, è uno stimolo e uno sprone per tutte le altre; per questo, chi desidera davvero procedere per la strada delle virtù non deve andare avanti senza questi sproni, perché non potrà, senza di essi, scuotere la sua bestia dalla pigrizia. 

Da ciò che si è detto, appare chiaro cosa sia la vera ed essenziale devozione. Non è devozione, infatti, quella tenerezza del cuore o quel conforto provato qualche volta da coloro che pregano, che non si accompagni alla prontezza e alla voglia di fare il bene; anzi, spesso accade che ci si trovi nell'uno senza l'altro, proprio quando il Signore vuole metterci alla prova. 

È vero che da questa devozione e prontezza molte volte nasce quella consolazione e, al contrario, questa stessa consolazione e piacere spirituale aumentano la devozione, che consiste proprio nella franchezza e nell'ansia di operare il bene. Per questa ragione, i servi di Dio possono ben a ragione desiderare e richiedere tale gioia e consolazione non per il piacere che in esse si prova, bensì perché provocano la crescita di quella devozione che ci rende capaci di fare il bene, come li volle indicare il profeta, dicendo: Ho percorso la strada dei tuoi comandamenti. 

Signore, quando hai allargato il mio cuore (Sal 118, 32), vale a dire con la gioia della tua consolazione che fu la causa di questa spirituale agilità. 

Cerchiamo ora di esaminare i mezzi con cui si consegue questa devozione, perché ad essa si congiungono tutte le altre virtù che hanno familiarità speciale con Dio, di esaminare i mezzi con cui si riesce a conseguire la perfetta preghiera e contemplazione, le consolazioni dello Spirito Santo, l'amore di Dio, la saggezza celeste e quell'unione del nostro spirito con Dio, che è il fine di tutta la vita spirituale, e infine di esaminare i mezzi con cui si raggiunge Dio stesso in questa vita, cioè il tesoro del Vangelo, che è la perla preziosa per cui il saggio mercante si disfece lietamente di ogni altra cosa. Donde appare evidente che questa è un'altissima teologia, poiché qui si insegna la via per il sommo bene e, passo per passo, si costruisce una scala per raggiungere il frutto della felicità che in questa vita si può ottenere.
  
capitolo secondo 
NOVE COSE CHE AIUTANO A CONSEGUIRE 
LA DEVOZIONE 


Le azioni che consolidano la devozione sono molte. In primo luogo, è assolutamente necessario considerare questi santi esercizi con molta serietà e risolutezza, con cuore ben determinato e disposto a tutto ciò che è necessario, per quanto arduo e difficoltoso, per ottenere quella perla preziosa. Si sa che il raggiungimento di ogni grande fine richiede sforzi notevoli: così è anche per questo, almeno agli inizi. 

È dunque di aiuto la difesa del cuore da ogni genere di pensiero ozioso e inutile, da ogni affetto ed amore estraneo, da ogni turbamento e impulso appassionato, poiché è chiaro che ciascuno di questi moti dell'animo impedisce la devozione e che bisogna invece avere il cuore sereno per meditare e pregare così come, per suonare, bisogna aver la chitarra accordata. 

È di aiuto ancora vigilar sui sensi, soprattutto gli occhi, gli orecchi, la lingua, poiché per mezzo della lingua il cuore si disperde, per mezzo degli occhi e degli orecchi si riempie di diverse cose e fantasie da cui possono essere turbati la pace e la tranquillità dello spirito. Per questo, giustamente si dice che colui che contempla deve essere sordo, cieco, muto, perché quanto meno si disperde esteriormente, tanto più inferiormente è raccolto. È di aiuto, per questo, anche la solitudine, non solo perché toglie le occasioni di distrazione ai sensi e al cuore e le occasioni di peccato, ma anche perché invita l'uomo a restare in se stesso, a trattare con Dio e con se stesso, mosso dall'opportunità del luogo che non ammette nessun'altra compagnia. 

È di aiuto, inoltre, la lettura di libri di carattere spirituale e devoti che offrano materia di riflessione, raccolgano il cuore e ridestino la devozione e facciano sì che l'uomo pensi volentieri a ciò che dolcemente ha imparato; sempre, infatti, ritorna alla memoria ciò che nel cuore sovrabbonda. È di aiuto, inoltre, il richiamo continuo di Dio, tornare sempre alla sua presenza e fare uso di quelle brevi preghiere che sant'Agostino chiama giaculatorie (In Epist. ad Prob., cap. 10 e Epist., 121), poiché esse sorvegliano la casa del cuore e conservano il calore della devozione di cui prima si è discorso. In questo modo, ci si trova sempre, in ogni momento, pronti per mettersi a pregare. 

Questa è una delle testimonianze più efficaci della vita spirituale e uno dei più efficaci rimedi per coloro che non hanno tempo ne’ opportunità di dedicarsi alla preghiera. 

Chi avesse sempre questa preoccupazione, in poco tempo potrebbe trarre grande vantaggio. 

È di aiuto anche la continuità e la perseveranza nei santi esercizi nei tempi e nei luoghi prefissi, soprattutto di sera o al mattino presto, che sono i tempi più adeguati alla preghiera come tutta la Sacra Scrittura ci insegna. Sono di aiuto inoltre la severità e le astinenze inflitte al proprio corpo, come tavola povera, il letto duro, il cilicio, la disciplina e altre cose simili, poiché ognuna di esse come nasce dalla devozione, così anche ridesta, conserva e potenzia la radice da cui nasce. 

Sono infine di aiuto le opere di misericordia perché ci danno la forza di patire davanti a Dio e accompagnano efficacemente le nostre orazioni, perché non possono essere definite del tutto aride e si rendono degne di essere accolte con misericordia le preghiere che procedono da un cuore misericordioso. 

capitolo terzo 
DIECI COSE CHE IMPEDISCONO LA DEVOZIONE 


Come ci sono cose che sono di aiuto alla devozione, così ce ne sono altre che la ostacolano. 

Di esse, la prima è costituita dai peccati, non solo da quelli mortali, bensì anche da quelli veniali poiché, anche se non tolgono la carità, ne’ tolgono il fervore, che è quasi lo stesso della devozione, per cui è bene evitarli con ogni cura, anche se non per il male che ci fanno, per il grande bene da cui ci allontanano. 

Ci è di ostacolo anche, quando è eccessivo, il rimorso di coscienza che procede dai peccati stessi, perché rende l'anima inquieta e prostrata, perturbata e fiacca per ogni buon esercizio. 

Sono anche di ostacolo gli scrupoli suscitati dalla stessa causa, perché sono come spine e non lasciano riposare, né trovare conforto in Dio né godere dell'autentica pace. 

Sono anche di ostacolo ogni amarezza, ogni malumore, ogni tristezza disordinata del cuore, che impediscono di compiacersi della gioia e della dolcezza, della buona coscienza e della serenità spirituale. 

Sono altresì di ostacolo le eccessive preoccupazioni che sono come le zanzare egiziane che inquietano l'anima e non le consentono di dormire il sonno spirituale che si dorme durante la preghiera, ma anzi la turbano e la distraggono. 

Sono di ostacolo le eccessive occupazioni che riempiono il tempo e affogano lo spirito, senza lasciare la possibilità di giungere a Dio.

Sono di ostacolo i piaceri e i diletti dei sensi quando sono smodati, poiché, come dice san Bernardo (Serm. 5 in Natali Dom.), chi si da troppo ai piaceri del mondo non è degno di quelli dello Spirito Santo. 

È di ostacolo il piacere di mangiar troppo, soprattutto i lunghi conviti, che sono una pessima preparazione alle attività spirituali e alle sacre veglie, perché col corpo appesantito e sazio di cibo, l'animo si trova mal disposto a volare verso l'alto. 

È di ostacolo il vizio della curiosità, così dei sensi come dell'intelletto, cioè il voler udire e vedere molte cose e desiderare cose linde, curiose, ben elaborate perché tutto ciò porta via tempo, imbroglia i sensi, inquieta l'anima e la disperde in molte parti, ostacolando la devozione. 

È infine di ostacolo l'interruzione di tutti questi santi esercizi, a meno che non ci sia una qualche pietosa e giusta necessità, perché, come dice un padre della Chiesa, lo spirito di devozione è molto fragile e quando se ne è andato o non torna o ritorna con grande difficoltà. E per questo, come gli alberi, i corpi umani vogliono i loro normali mezzi di sostentamento e, se questi mancano, si indeboliscono e vengono meno, così fa la devozione, quando le viene meno il sostentamento dell'attenzione. 

Tutto questo si è detto per sommi capi per tenere meglio a mente quanto si è affermato, ma ciascuno potrà accorgersi di ciò personalmente con l'esercizio e la lunga esperienza. 

capitolo quarto 
LE TENTAZIONI PIÙ' COMUNI 
CHE SONO SOLITE MOLESTARE COLORO 
CHE SI DEDICANO 
ALLA PREGHIERA E I LORO RIMEDI 


Sarà bene esaminare ora le tentazioni più comuni delle persone che si dedicano alla preghiera e i loro rimedi. Esse sono per lo più le seguenti: la mancanza di consolazione spirituale, la guerra di pensieri importuni, i pensieri di bestemmia e di incredulità, il timore smodato, il sonno eccessivo, la sfiducia di trarre vantaggio e la presunzione di averne già tratto molto, l'eccessivo desiderio di sapere, la bramosia senza discrezione di trarre dei benefici. Queste sono le tentazioni più comuni sulla via della preghiera e i loro rimedi sono i seguenti. 

Prima avvertenza 

In primo luogo, per coloro a cui manca la consolazione spirituale, il rimedio è che non cessino l'esercizio della preghiera abituale anche se a loro sembra insipida e infruttuosa; si mettano anzi alla presenza di Dio come rei e colpevoli, esaminino la loro coscienza e guardino se per disgrazia hanno perduto questa grazia per colpa loro, implorino con fiducia il Signore di perdonarli e proclamino gli inestimabili tesori della sua pazienza e misericordia nel sopportare e perdonare chi non sa far altro che offenderlo. In questo modo, trarrà profitto dalla sua aridità prendendo occasione di umiliarsi di più, vedendo quanto pecca e di amare di più Dio, vedendo quanto perdona. Non desista da questi esercizi, anche se non ne ricava gioia, perché non è necessario che ciò che da vantaggio sia anche piacevole. Almeno questo si sa per esperienza: tutte le volte che si persevera nella preghiera eseguendo nel modo migliore ciò che si può, alla fine se ne esce consolati e lieti, constatando che si è fatto tutto quanto si poteva. Fa molto agli occhi di Dio chi fa tutto ciò che può, anche se può poco. Nostro Signore non guarda tanto al risultato, quanto alla disponibilità e alla volontà. Da molto chi desidera dare molto, chi da tutto ciò che ha, chi non tiene nulla per sé. 

Non c'è merito nel perseverare nella preghiera quando se ne trae grande conforto, si ha merito quando la devozione è poca e molta è la preghiera e molta di più è l'umiltà, la pazienza, la perseveranza nel fare il bene. 

È anche necessario, in questi momenti più che negli altri, procedere con cura e sollecitudine, vigilando, esaminando con cura i propri pensieri, le proprie parole, le proprie opere, perché se manca la gioia spirituale (che è il remo principale di questa navigazione) si supplisca con cura e diligenza a quanto manca di grazia. Quando ti senti in questa condizione, renditi conto (come dice san Bernardo) che si sono addormentate le guardie che ti vigilavano e sono caduti i muri che ti difendevano. 

Per questo, ogni speranza di salvezza è nelle armi, poiché se il muro non ti difende, ti devono difendere la spada e la destrezza nel combattere. 

Oh, quanto grande è la gloria dell'anima che combatte in questo modo, che si difende senza scudo, che combatte senza armi ed è forte senza forze e che, trovandosi sola nella battaglia, assume per sua compagnia l'ardore e il coraggio! 

Non c'è gloria maggiore nel mondo che imitare il Salvatore nelle sue virtù. E tra le sue virtù, si annovera come principale l'avere sofferto ciò che soffrì senza consentire alla sua anima nessun genere di conforto. In questo modo, colui che così soffre e combatte è tanto migliore imitatore di Cristo quanto più è privo di ogni genere di conforto. Ciò significa bere il calice puro dell'obbedienza senza mescolarla ad altra bevanda. Questo è il momento essenziale in cui si prova l'autenticità degli amici e si vede se lo sono davvero oppure no. 

Seconda avvertenza 

Contro il turbamento dei pensieri importuni che ci fanno guerra durante la preghiera, il rimedio è combattere contro di essi virilmente e con perseveranza, anche se questa resistenza non può non essere con eccessiva fatica ed angoscia dello spirito, perché questa impresa non richiede tanto forza quanto grazia ed umiltà. Per questo, quando ci si trova in questa situazione, ci si deve volgere a Dio senza scrupolo. Senza angoscia (questa infatti non è una colpa o lo è molto leggera) e con tutta umiltà e devozione gli si dica: " Vedi, mio Signore, chi sono, che cosa ci si poteva aspettare da questo immondezzaio se non simili odori? Che cosa ci si poteva aspettare da questa terra che hai maledetto, se non rovi e spine? Questo è il frutto che può dare se tu, Signore, non la purifichi ".

Detto questo, si torni a riprendere il filo come prima e si attenda con pazienza la visitazione del Signore, che non manca mai a chi si umilia. Se ancora poi ti daranno inquietudine i tuoi pensieri e tu ancora con perseveranza resisterai e farai ciò che sta in te, abbi per certo che guadagnerai più terreno in questa resistenza che se stessi godendo pienamente di Dio. 

Terza avvertenza 

Per rimedio alla tentazione di bestemmia, devi tener conto che, poiché nessun tipo di perturbazione è più penosa di questa, non ce n'è alcuna meno pericolosa e che il rimedio consiste nel non dar retta alle tentazioni, dal momento che il peccato non consiste in essa bensì nel consenso e nel piacere, che qui non ci sono, tutt'altro. Questa può anzi definirsi una pena invece che una colpa, poiché quanto più si è lontani dal trarre piacere da queste tentazioni, tanto più si è lontani dall'averne colpa. 

Il rimedio quindi è disprezzarle e non temerle, poiché, quando se ne ha troppo timore, si finisce col ridestarle e col suscitarle. 

Quarta avvertenza 

Contro le tentazioni di incredulità, il rimedio è che ci si ricordi, da un lato, la piccolezza umana, dall'altro la grandezza divina, si pensi a ciò che Dio richiede e non si sia curiosi di voler commisurare le sue opere, dal momento che molte di loro trascendono le nostre capacità di comprensione. Pertanto, colui che vuole entrare nel santuario delle opere divine, deve farlo con molta umiltà e riverenza, con occhi di semplice colomba e non di malizioso serpente, con cuore di fanciullo e non di giudice temerario. Ci si faccia piccoli come bambini, perché proprio a loro Dio rivela i suoi segreti. Non si cerchi di sapere il perché delle opere divine, si chiuda l'occhio della ragione e si apra quello della fede, perché questo è lo strumento con cui si possono cogliere le opere di Dio. Per guardare le opere dell'uomo occorre l'occhio della ragione umana, per guardare quelle di Dio non c'è nulla di meno idoneo.

Poiché questa sensazione è in genere penosissima, il rimedio è quello che abbiamo suggerito per la tentazione precedente: non farci caso, perché questa è più una sofferenza che una colpa e non si può avere colpa in ciò a cui si oppone la volontà, come si è dichiarato. 

Quinta avvertenza 

Alcuni sono ostacolati da grandi rimorsi e fantasie quando si ritirano in solitudine di notte a pregare. Contro questa tentazione, il rimedio è farsi forza e perseverare nella devozione, perché se si fugge cresce il timore e se si combatte il coraggio. 

Torna molto utile tener presente che né il demonio né alcun altro essere ha il potere di farci del male senza il consenso di nostro Signore. 

Torna inoltre ancora molto utile tener presente che abbiamo al nostro fianco l'angelo custode, più presente durante la preghiera che in ogni altro momento, perché proprio in quel momento è lì per aiutarci e portare al cielo le nostre preghiere e difenderci dal demonio, affinché non ci faccia del male. 

Sesta avvertenza  

Contro il sonno eccessivo, il rimedio consiste nel tenere presente che esso può dipendere da necessità fisica e allora il rimedio è molto semplice: non negare al corpo ciò che gli spetta perché esso non ostacoli ciò che spetta a noi. Altre volte può dipendere da malattia e allora non c'è da angosciarsene perché non se ne ha colpa, ma neppure bisogna lasciarsi andare del tutto senza fare quanto sta in noi per non rinunciare del tutto alla preghiera, senza la quale non possiamo avere né sicura né vera gioia in questa vita. Altre volte, il sonno nasce dalla pigrizia oppure è il diavolo che lo procura. 

In questo caso, il rimedio è il digiuno, il non bere vino, bere poca acqua, stare in ginocchio e in piedi o con le braccia in croce e non appoggiato e sottoporsi a qualche disciplina che tenga desta e stimoli la carne. 

Alla fine, l'unico e generale rimedio contro questo male, come per tutti gli altri, è chiedere aiuto a colui che è sempre pronto darlo a coloro che vorranno chiederlo. 

Settima avvertenza  

Contro le tentazioni della sfiducia e della presunzione, che sono vizi autentici, è gioco forza che ci siano rimedi diversi. Contro la sfiducia, il rimedio è tenere presente che non si riesce ad ottenere un buon risultato con le sole proprie forze bensì con la grazia divina che tanto più presto si consegue quanto più si diffida delle proprie forze e si confida nella bontà di Dio a cui tutto è possibile.

Per la presunzione, il rimedio consiste nel tenere presente che non c'è più chiaro indizio di essere molto lontani che il credere di essere molto vicini, perché, in questo cammino, coloro che scoprono più terra si affannano di più accorgendosi di quanto sono lontani dalla meta e, per questo, non si accorgono quanto posseggono in rapporto a quanto desiderano. Rispecchiati, dunque, nella vita dei santi o di altre persone eminenti che siano ancora vive e ti accorgerai di essere, di fronte a loro, come un nano alla presenza di un gigante e guarirai così dalla tua presunzione. 

Ottava avvertenza 

Contro la tentazione dello smodato desiderio di sapere e di studiare, il primo rimedio consiste nel tener presente quanto la virtù sia più nobile della scienza e quanto più eccellente la sapienza divina che quella umana, per vedere quanto più ci si deve impegnare in quegli esercizi coi quali si raggiunge più l'una che l'altra. Abbia pure la gloria della sapienza del mondo le grandezze che si vuole, ma questa gloria termina con la vita. 

Che cosa può essere dunque più meschino che acquistare con tanta fatica ciò che si può godere tanto poco? Tutto quello che puoi conoscere sulla terra è nulla. Se ti impegnerai nell'amore di Dio, potrai presto vederlo e vedere in lui tutte le cose. "Il giorno del giudizio non ci sarà chiesto ciò che abbiamo letto, bensì ciò che abbiamo fatto, non quanto bene abbiamo parlato o predicato, bensì quanto bene abbiamo operato" (Kempis, lib. I.) 

Nona avvertenza 

Contro la tentazione dello zelo eccessivo di recar vantaggio agli altri, il rimedio principale è tenere presente che il vantaggio del prossimo non deve avvenire a nostro danno e capire che non dobbiamo occuparci tanto delle coscienze altrui da non aver tempo per la nostra, tempo che deve essere sufficiente a tenere il cuore costantemente raccolto e devoto. È questo infatti quell'andare nello spirito che, come dice l'apostolo, consiste nel procedere dell'uomo più in Dio che in se stesso. 

Poiché ciò è la radice e l'origine di ogni nostro bene, tutta la nostra fatica deve consistere nel cercare di pregare tanto a lungo e tanto profondamente da avere sempre il cuore raccolto e devoto. E a questo non è sufficiente qualsiasi modo di raccogliersi e di pregare bensì occorre una preghiera molto prolungata e profonda. 

a cura del Rev. Padre Pasquale Valugani Milano : 
Pontificia editrice arcivescovile G. Daverio, stampa. 1953 



LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano