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sabato 13 febbraio 2016

MODELLO DI NOVIZIO FRA CANDIDO MARIA DA MAZZARINO - CAPPUCCINO - PARTE SECONDA.




III 
 Infanzia santa 

Fra Candido, a testimonianza della maggior parte dei suoi compagni e superiori, fu dotato da Dio di un’indole così ricca di prerogative, da renderlo oggetto di stima fin dall’infanzia. 
Il lettore ha visto già nello << Sguardo d’insieme >> come la sua figura - delineata a larghi tratti - appaia straordinaria, soprattutto tenuto conto dell’età. L’insieme di ciò che staremo per dire non farà che confermarlo in pieno. 
Anzitutto diciamo che questo giglio candido è figlio di grazia. 
I suoi genitori - Gaetano e Angelica Scebba - da sette anni sposati, non avevano avuto ancora prole, e sembrava che il loro focolare dovesse rimanere deserto. Ma la madre, donna di fede, martellò tanto con le preghiere e i sospiri all’indirizzo di Sant’Antonio, e fece tante promesse, che il taumaturgo padovano ne coronò le aspirazioni e i sospiri, e il bimbo venne alla luce nel pomeriggio del 5 Gennaio 1920 battezzato poi dopo dieci giorni nella chiesa di Santa Lucia col nome di Salvatore, o Totò, come lo chiamavano in diminutivo. 
E questo bimbo di grazia si mostrò precoce in tutto. 
Prima dei quattro anni non solo aveva appreso le preghiere abituali, che le buone mamme siciliane hanno la santa abitudine di far apprendere ai figli, ma riuscendo il marmocchio a salire sulla sua sediola, talora le recitava a voce alta, e poi volgendosi alla madre, esclamava: 
- Mamma, non vedi come predico?
Sembrava avere fin dai teneri anni un istinto Divino verso il sacerdozio, che presto formò il suo ideale e la sua perenne aspirazione. Ideale che si fissò fin d’allora nella sua mente, e intorno ad esso s’aggirò la tendenza di tutta la sua vita. 
Dai cinque ai sei anni aveva appreso - e sempre volenteroso - tutto il catechismo dei piccoli, e dimostrava una precoce sodezza di spirito, da lasciare meravigliati. Chi non sa come i bambini, messo corpo e allungate le gambine, siano presi dalla nostalgia dei giochi e della libertà, per cui amano sottrarsi volentieri allo sguardo ansioso delle mamme? 
Totò invece trovava il suo mondo in casa e i suoi trastulli nell’ideale che gli sorrise sbocciando la vita. Sembrava aver paura delle strade e della gente. Lo deliziava il sorriso della mamma e tutta la sua gioia faceva consistere nel costruire altarini, sui quali collocava candele e santini, e poi, in unione con altri bambini che frequentavano la sua casa, cercava d’imitare i sacerdote alla Messa, mettendosi sulle spalle una tovaglia per pianeta, e terminando la sua messa sempre con la benedizione. 
Essendo il carattere molto dolce e tranquillo, la mamma lo conduceva spesso in chiesa, dov’egli stava bensì assai quieto, ma con gli occhi divorava ogni cosa, e poi, tornando in famiglia, s’industriava a modo suo di ripetere e ricopiare quanto aveva visto. Fin da piccino ebbe il desiderio della Comunione, e forte. 
In chiesa vedendo i fedeli e la stessa mamma sua andare all’altare per comunicarsi, egli le si aggrappava alle vesti, sperando di ricevere Gesù. Ma rimaneva deluso, e giunto a casa ( cosa insolita ) piangeva. Contava allora circa sei anni. 
- Sei ancora piccino! - gli diceva la madre. 
- E non cammino coi miei piedi?  
- Ma devi prima confessarti! Vorresti ricevere Gesù coi peccati? La Comunione non si prende come un po’ di pane! - 
Certi argomenti il bambino non li capiva. Vedeva fare la Comunione alla mamma e alla gente, e sentendo l’ansia di ricevere anch’egli Gesù, insisteva per averlo. Ma non ci riusciva. 
Una volta si trovò solo in chiesa, e visti i fedeli avvicinarsi all’altare, anch’egli vi s’inginocchiò, e come gli altri riuscì a ricevere la Comunione. 
Poscia, giulivo e come in trionfo, andò a dirlo alla mamma, che lo rimproverò. 
- Figlio mio, che hai fatto? Non si può senza confessione! 
- Mamma - rispose egli con quell’ingenuità che gli rimase fino alla morte - il Signore mi perdona; avevo desiderio grande di ricevere Gesù. Del resto ora mi vado a confessare e lo dirò al sacerdote, e poi potrò anch’io tutti i giorni fare la Comunione!
Disse ciò con tanto espressivo sentimento e con si delicate parole, che la madre non seppe che rispondere. 
Nel Giugno 1927 - quando Totò contava sei anni e mezzo - il Vescovo Mons. Mario Sturzo si recò a Mazzarino per la visita, e le buone famiglie, preparati i loro piccini, li facevano cresimare. La madre di Totò era ammalata, e il ragazzino, che voleva parteciparvi anch’egli, che per mezzo degli zii trovò il padrino, e dopo confessato e comunicato, riuscì a farsi cresimare. 
Tornato a casa, ebbro di gioia diceva: - Mamma, ora sono perfetto cristiano, poiché è disceso su di me lo Spirito Santo! -  
E non finiva di ripeterlo a parenti ed amici. 
Fortunatamente tutto ciò che riguarda la sua infanzia e l’adolescenza è stato diligentemente annotato, e a noi riesce facile metterlo sotto l’occhio del lettore. 


IV 
Scolaretto 

A sei anni fu mandato a scuola, e vi si trovò bene con compagni e maestri. 
Timido per natura, evitava le comitive chiassose e turbolente; non voleva aver da fare con rissosi e inquieti, fuggiva costantemente coloro che comunque dicessero parole e discorsi cattivi. Su di ciò fu sempre uguale. 
Suoi amici i buoni, e soprattutto coloro che manifestavano sentimenti religiosi. Egli, generalmente parco nel parlare, e piuttosto silenzioso, diveniva eloquente ed efficace quando si facevano discorsi religiosi. Invogliava a pregare e volentieri raccontava i piccoli fatti di Santi uditi in chiesa o in casa; e quando il suo udire faceva presa, influiva a rendere più buoni i compagni. Era benvoluto da molti e stimato da tutti, anche dai maestri, che ne notarono << l’indole serafica >>, il carattere docile, la perspicace intelligenza, dicendo << un ragazzo a posto >>. 
Non si adirava mai, ed allorché lo disturbavano diceva: 
- Mio Dio! E perché mi disturbate? - 
Quando i genitori lo rimproveravano per piccole mancanze, non chiedeva mai la ragione, né rispondeva con scuse. Rimaneva mortificato, sì , ma silenzioso. 
Tornando da scuola, prima preoccupazione era di soddisfare i compiti, rifiutando sovente di mangiare. La mattina, andando a scuola, si metteva il pane in tasca, per mangiarlo lungo il cammino, ma sovente, intenerito dal vedere i poveri, lo dava ad essi, tanto che i compagni lo burlavano, poiché egli ne restava senza. Né frequentando la scuola diminuì di fervore. La fedeltà alla preghiera e alle devozioni era in lui ammirabile. La mattina si soleva alzare presto, per prepararsi i compiti; ma scendendo dal letto, << si metteva in ginocchio per ringraziare il Signore e dire le sue preghiere >>. Se la sera lo coglieva per istrada, sentendo suonare l’Ave Maria, si scopriva per recitare l’Angelus, levando di tasca la corona del Rosario. 
Prima di andare a dormire pregava a solo per circa mezz’ora; ciò che ai parenti recava meraviglia. Ma la scena più cara e soave era vederlo nel letto quando dormiva, con le braccia conserte sul petto e un Crocifisso in mano, vicino al cuore. Non lo abbandonava mai. Né fa meraviglia la mamma, a vederlo s’intenerisse e lo baciasse delicatamente. Quella faccina d’angioletto e quell’atteggiamento serafico di preghiera, mentre il corpo dormiva, dicevano, con un linguaggio Divino, più d’un libro e d’un poema. 
Non è certo cosa ordinaria vedere un ragazzo di questo genere. Tutte le manifestazioni di pietà e di fede di quest’angioletto hanno un significato profondo, che non può lasciare indifferenti. Nell’età in cui la febbre dei giochi e l’ebbrezza dei godimenti mette in orgasmo l’anima dei fanciulli, Totò solo ama la solitudine e la quiete, la preghiera e il ritiro, e ai suoi stessi trastulli dà un impronta di fede e di soprannaturale. 
Quando la mamma faceva il pane, egli, chiedendo dei pezzetti di pasta, s’industriava di farne una bella ostia, o un calice, o un ostensorio, o un Crocifisso, o un Gesù Bambino, che mostrando alla mamma diceva: 
- Vedi, mamma, com’è bello? - 
E rimaneva estasiato della sua opera. 
Chiedeva sovente ritagli di stoffe, e poi, mettendosi sul tavolo, vi disegnava Madonnine o Angioletti, ovvero - ciò ch’è più sorprendente - prendeva l’ago, e ve li ricamava con le sue manine. Sovente si pungeva, ma non per questo smetteva, anzi non si stancava mai. La madre tiene ancora gelosamente in serbo questi infantili cimeli. 
Altra notevole constatazione: Totò non conosceva il pianto. I suoi stessi ne erano meravigliati. 
Avido di letture sin dall’infanzia, quando non trovava da fare, prendeva i suoi libretti - in genere Vite di Santi - e vi s’immergeva con serenità e diletto. Crescendo vi accudiva tanto, che la madre se ne preoccupava, e: 
 - Totò, figlio mio - gli diceva - sempre con questi benedetti libri? - Egli allora, senza neanche osare guardarla, si alzava subito e cercava di occuparsi di altro. Ma poco dopo, gira e rigira, i libri lo invogliavano, e dimenticando i richiami della madre, vi s’immergeva di nuovo. Tra giochi e libri, preferiva questi. 
Non c’è che dire, ivi è il tuo cuore, dov’è il tuo tesoro. 
Una volta la mamma, vedendolo sempre rinchiuso a studiare nella sua stanzetta, lo prese per un braccio, e: 
- Va - gli disse - vattene fuori, figlio mio, va a svagarti un po’! come si fa a star sempre a tavolo? 
- Mamma - egli rispose con serietà - fuori ci sono tanti ragazzi che dicono brutte parole. Cosa farei con loro? -  
Né crescendo negli anni si spostò mai da questo agire. Anzi risulta che progrediva nella pietà. Il Rosario lo recitava ogni giorno con la mamma, spesso la mattina andava a Messa e vi faceva la Comunione. Le chiese che frequentava erano principalmente quelle di Santa Lucia e di Santa Maria di Gesù, e in seguito, a 13 anni, quella dei Cappuccini. 
Le sue devozioni principali erano per Gesù, lo Spirito Santo, la Madonna, San Francesco d’Assisi, San Luigi Gonzaga, Santa Teresina del Gesù Bambino. 

FONTE: 
PADRE SAMUELE CULTRERA - MODELLO DI NOVIZIO FRA CANDIDO MARIA DA MAZZARINO CAPPUCCINO SCUOLA SALESIANA DEL LIBRO ROMA 1944 - VIA TUSCOLANA 361 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano