Si vincolarono inoltre essi mediante << professione >> formale, mediante voti? Per quel che riguarda i primi tempi dell'Ordine la cosa non era chiara. Guigo I nelle Consuetudines tratterà in modo definitivo nel capitolo XIII della professione del novizio. La formula dei voti, come altresì la cerimonia stessa, sono d'una sobrietà e semplicità che colpiscono. Ecco anzitutto la formula dei voti: << Io, fra N...., prometto stabilità, obbedienza e conversione dei miei costumi, dinanzi a Dio ed ai suoi Santi e alle Reliquie di questo eremo, costruito ad onore di Dio e della Beata sempre Vergine Maria e del Beato Giovanni Battista: in presenza di Don N...., Priore >>. Si riconosce in essa la formula di professione monastica in quel tempo in uso per tutto: solo è stata soppressa la menzione della Regola di San Benedetto, ed il termine << eremo >> sostituisce quello di << monastero >>.
Un po' più oltre nel corso della cerimonia il Priore benedice il neo professo prostrato ai suoi piedi; la formula della benedizione risale a parecchi secoli avanti i primi Certosini ed era usata da tutti i monaci. Per altro di grande interesse è la scelta di essa: vi erano quattro o cinque formule di benedizione del neo professo; tra tutte, i primi Certosini hanno adottato la sotto riferita che era la più ricca dei testi scritturistici, la più spirituale: in questo altresì si manifesta il loro gusto fondamentale per la Bibbia, da noi messo già in risalto. Ecco codesta formula di mirabile tonalità evangelica: << O Signore Gesù Cristo, che sei la via per la quale solo si può giungere al Padre, noi supplichiamo la tua benignissima clemenza di condurre per il sentiero della regolare questo tuo servo che ha rinunziato ai desideri terreni. E poiché ti sei di chiamare ( a Te ) i peccatori dicendo: - Venite a Me, voi tutti che siete gravati di oneri, ed Io vi consolerò - fa' che egli presti ascolto a codesto tuo invito sì che, deponendo il fardello dei propri peccati e gustando la tua soavità, meriti il sostegno della tua consolazione.
E come ti sei degnato di affermarlo delle tue pecorelle, riconosciuto nel novero di esse, affinché anch'egli ti riconosca in modo da non correr dietro ad altri né da prestare ascolto alla loro voce, bensì alla tua che dice: - Chi mi vuol servire, mi segua - . Tu che vivi e regni... >>. Se al tempo di Bruno detta liturgia non v'era ancora, da tutto quel che sappiamo da parte di Guigo e dalle Consuetudines possiamo almeno essere sicuri che essa riflette fedelmente lo spirito di lui e dei primi Certosini. Forse nella formula dei voti sarà stato di sfuggita rilevato il titolo dell'eremo di Certosa: esso è stato << costruito ad onore di Dio e della Beata sempre Vergine Maria e del Beato Giovanni Battista >>. Codeste semplici parole dicono molto riguardo alle profonde orientazioni della spiritualità Certosina: Dio... Maria sempre Vergine, Giovanni Battista, il Precursore, l'uomo del deserto per eccellenza... Tali orientamenti provenivano direttamente dall'anima di Bruno.
I testi biblici e soprattutto il Vangelo di Nostro Signore si vedono d'altronde affiorare in tutte le Consuetudines. Anche se non vengono citati alla lettera, s'intuisce dappertutto il loro spirito, la loro ispirazione. E dato che Guigo nella sua opera intende << far conoscere >> unicamente << le costumanze >> dell'eremo di Certosa, abbiamo in questa, come sembra, un segno tangibile dell'attrattiva che la Sacra Scrittura esercitava fin dall'origine dell'Ordine su Bruno ed i primi Certosini... Ricordiamo il Commento dei Salmi e le sue frequenti allusioni alla vita contemplativa... Nelle Consuetudini si ha il fenomeno inverso: la vita contemplativa viene incessantemente messa in relazioni con i sacri testi; ma in fondo il moto è lo stesso: il primo Certosino vive, respira, agisce, si dona in un clima biblico: è l'ambiente della sua anima. Abbiamo in precedenza avanzato l'ipotesi che ci sembrava più verosimile riguardo al Commento dei Salmi: se non è stato redatto in Certosa, di certo vi è stato ripreso, corretto completato da Bruno.
Osservando lui ed i suoi primi compagni prender dimora e viver nell'eremo di Certosa è impossibile non ricordare certi passi di detto Commento, come ad esempio la parafrasi, sobria nella sua lunghezza, del Salmo 118. La descrizione dei << perfetti fedeli >>, di quegli << uomini che con tutto il cuore cercano Dio >>, << che purificano la loro vita osservando le sue parole >>, le ardenti invocazioni a Colui che << solo fa vivere >>, l'intenso sentimento di non essere << che ospiti sulla terra >>, la gioia << d'aver scelto la via della verità >>, il desiderio di << correre per la via dei comandamenti >>, << di custodirli sino alla fine >>, le fervide preghiere per << ottenere la grazia di Jahvè >>, per << approfondire le parole di Jahvè >>, la pienezza di appartenenza a Dio solo, e tanti altri sentimenti: << Quanto amo la tua Legge! Essa è la mia meditazione d'ogni istante >>: tutto questo non è forse l'atmosfera della primitiva Certosa?
Il 9 dicembre 1086 fu giorno di grande soddisfazione per Bruno ed i suoi confratelli. Detto giorno, in un sinodo tenuto a Grenoble, il vescovo Ugo ufficialmente ratificava le donazioni fatte due anni prima dai signori proprietari delle terre di Certosa: il documento non solo che attestava che i Certosini divenivano definitivamente padroni di quella proprietà, ma altresì raffermava, non senza solennità, lo scopo, la ragion d'essere dell'eremo: << Per della santa ed indivisibile Trinità misericordiosamente esortati riguardo alla nostra salvezza, ci siamo ricordati dello stato dell'umana condizione e degli inevitabili peccati di questa fragile vita...,; abbiamo quindi giudicato bene di liberarci dalle mani della morte, di scambiare i beni terreni con quelli celesti, di procacciarci l'eterna eredità a costo di periture possessioni, al fine di non esporci al duplice dispiacere di dover subire e le miserie di questa vita e le tormentose pene dell'altra.
<< Per la qual cosa abbiamo ceduto per sempre un vasto deserto a maestro Bruno ed ai confratelli venuti insieme con lui in cerca di un luogo solitario per abitarvi e consacrarsi a Dio: io, Umberto di Miribel col mio fratello Oddone e quanti altri avevano qualche diritto sul predetto luogo, cioè: Ugo di Tolvon, Anselmo Garcin; poi Lucia e i suoi figli Rostagno, Guigo, Anselmo, Ponzio e Boso, indotti a farlo per suggerimento e a istanza della loro madre; come altresì Bernardo Lombard ed i figli; parimenti il signor abate del monastero di La Chaise-Dieu, Seguino, con la sua comunità hanno ceduto ai predetti eremiti ogni diritto che potevano avere su queste terre >>.
Continua....
Andrè Ravier
LAUS DEO
Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano