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lunedì 25 gennaio 2016

IN MEMORIA DEL M. R. P. GIAMBATTISTA DA FERLA CAPPUCCINO ( 1882 - 1952 ) PARTE SECONDA .




ORAZIONI 
FUNEBRI 

Qui timet Deum facit bona 
 ( Eccl. 15,1 ) 


Sacri Ministri, Signori!. 

L’orazione funebre che imprendo a leggere, sarà molto semplice, come semplice fu colui di cui è oggetto. 
Sarà anche molto breve, non essendo mio pensiero citare sentenze di saggi a far risuonare le mura di questa Chiesa di alti nomi; poiché, in questo caso potrei in certa qual maniera sfoggiare un sapere, che confesso, non ho, e comunque, non arriverei mai ad inquadrare l’eletta figura che io in rapidi cenni voglio rievocare e dargli meritata testimonianza dell’amicizia sincera che corse fra noi. 
Purtroppo, come sentirete in seguito, corse tra noi un’amicizia che non si offuscò mai, che anzi, collo scorrere degli anni, si venne sempre cementando. Il mio dire quindi, sarà semplice e breve e tutto quando dirò scevro d’invenzioni oratorie e di esagerazioni risponderà a verità al cento per cento. 

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Domenica sera, l’altro ieri cioè, (1) recitavo l’Ufficio Divino. Pervenuto all’Antifona del “ Benedictus ” lessi precisamente queste parole: Concede nobis Hominem iustum, redde nobis hominem sanctum, ne interficias hominem Deo carum iustum, mansuetum et pium.  
E’ la preghiera che i cristiani fecero al tiranno Egea per strappargli di mano Sant’Andrea Apostolo e liberarlo dal sicuro martirio cui era stato destinato. In dette parole sono espresse limpide e chiare le virtù del Santo Apostolo: Conservaci l’uomo giusto, rendici l’uomo santo, non recidere l’uomo caro a Dio, giusto mansueto e pio. 
Tali parole mi colpirono… nel mentre Padre Giambattista faceva strada per l’eternità, era entrato in agonia…! Io non saprei dirvi se avevo la mente rivolta più all’agonizzante o alla preghiera del Divino Ufficio. 
Certamente pregavo, pregavo forse collo stesso ardore col quale i cristiani volevano salvare Sant’Andrea; pregavo Dio perché fosse stata risparmiata la morte all’agonizzante, al Padre Giambattista uomo giusto, uomo santo, uomo caro a Dio, giusto, mansueto e pio. 

Signori! 
In queste parole ho delineato Padre Giambattista. 
Sarebbe troppo se pretendessi porre allo stesso livello Sant’Andrea Apostolo con l’estinto; ma ditemi: potrei non dire che Padre Giambattista non sia stato uomo giusto, uomo santo, un uomo caro a Dio, giusto, mansueto e pio? Ditemi esagero? Provatemi a smentirmi; mentre, da parte mia potrei costringervi a rispondermi se mai abbiate conosciuto Padre Giambattista più di me, più di me che ho passato tutta la mia vita in contatto con lui, e che è stata tanto lunga quanto lunga è stata la vita trascorsa assieme a lui. 

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Nato nello stesso anno, alla distanza di circa due mesi, sulla stessa strada, e pochi passi distaccavano le nostra case. Coetanei e compagni della più tenera età: Assieme nei ludi puerili; Assieme nei cinque corsi elementari nei quali non ebbimo mai la sventura d’essere ritenuti, che anzi ci disputammo sempre i primi posti; Assieme, per tre anni alla scuola del mai degnamente compianto AVV. Comm. Giuseppe Pupillo, in cui non saprei dirvi se prevaleva più la scienza dei codici o il genio letterario ma indiscussamente l’una e l’altro. In tre anni sotto il mentovato, compimmo il corso ginnasiale; Assieme nel postulando al convento; Assieme, ci siamo recati a Modica per sostenere l’esame di ammissione all’Ordine Cappuccino; Assieme, e nello stesso giorno ed ora, abbiamo indossato le Serafiche lane; Assieme, e nello e nello stesso giorno ed ora abbiamo emesso la Professione semplice; Assieme, dopo tre anni, la Professione Solenne. Assieme abbiamo ricevuto gli ordini minori, i maggiori, e nello stesso anno il sacerdozio. In tutto questo tempo vedete se mi poteva sfuggire il modo di studiare il mio caro collega, dal quale, ieri dolorosamente mi sono scompagnato. Nell’abbastanza lungo curriculum vitae l’ho trovato santo, giusto, caro a Dio, mansueto e pio, e tale è il mio profondo convincimento, e per tale ve lo presento. 
La sua fisionomia inconfondibile, sempre limpida ed austera, sempre uguale come nella vecchiaia così nei verdi anni, come nel convento così nella caserma; fece il suo dovere con serietà, con severità, con impegno non comune, fu un puro sangue della vita religiosa e può rimanere d’esempio e sprone ai superstiti. 

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Per la sua malferma salute in gioventù, fu obbligato di allontanarsi dagli studi regolari, che compì in questo convento patrio, nel quale rimase seppellito quasi l’intera sua vita. 
Uscì soltanto quando un Provinciale, credette di aver scoperto una gemma nascosta, questo degno religioso e lo assunse per suo Segretario. 
Dopo il primo triennio di segretario, e un secondo Provinciale che lo ritiene nella stessa carica, indi un terzo ed un quarto ancora. Sono stati quattro i Provinciali che hanno avuto piena fiducia e lo hanno confermato nello stesso delicatissimo Ufficio. Per 12 anni disimpegnò la carica di Segretario Provinciale, superando qualunque record; fatto più unico che raro, dal momento che tra noi, il movimento Provinciale, assuma per sé il Segretario dello scaduto; a meno che il nuovo eletto non sia rieletto. 

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Ho detto che il compianto Padre Giambattista era caro a Dio; ma, dopo quando sopra posso presumere che il degno sacerdote era caro anche ai Superiori, e vorrei anche aggiungere ai confratelli, agli uomini i quali, come in un prisma di colori, in lui trovavano le molte virtù di cui era adorno. Difatti, per 6 anni fu Definitore Provinciale, anzi, nel secondo triennio fu primo definitore che val quanto dire Vicario Provinciale ed in mancanza del Provinciale lo supplisce di diritto. Padre Giambattista esercitò la carica di Vicario Provinciale per 6 mesi. Difatti essendosi recato in Brasile il Provinciale per compiere ivi la Visita Pastorale, Padre Giambattista entrò nel governo della Provincia. Il Provinciale non rientrò in Provincia per essere morto a Roma dopo il ritorno dal Brasile. Padre Giambattista seguitò a governare fin tanto non fu eletto il nuovo Definitore, quanto anche cadde da Definitore ed il governo passò in mano ad altri. Durante il governo nessuno trovò modo a lamentarsi perché fu prudente e giusto, e soprattutto perché Dio volle preservarlo da crude amarezze verso cui si va incontro, volere o no, nella gestione di un governo. Non più Segretario, non più Definitore e Vicario Provinciale ma si seguitò ancora sfruttarlo. Aveva molte qualità preziose per cui non si sapeva rifiutare la di lui cooperazione. Fu economo Provinciale, carica che anche questa disimpegnò con accuratezza e scrupolosa esattezza. 

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Che Padre Giambattista sia stato mansueto non c’è nessuno che possa metterlo in dubbio. Consta a tutti la di lui mansuetudine, voi avete visto in lui riprodotto San Francesco di Sales il Santo che maggiormente si sia avvicinato nella virtù della dolcezza al Maestro Divino; di Colui che nella sua infinita modestia si lasciò scappare di bocca: discite a me quia mitis sum et humilis corde ( Matt. 11 - 29 ) imparate da me che sono mite ed umile di cuore. 
Si presentava coll’alone della mansuetudine, né mai diede di vedere chicchessia che sotto la cenere c’era fuoco. Molti di noi indubbiamente lo avete praticato. Ditemi, in verità, se si diede mai caso di averlo trovato montato, in nervi; e se affacciaste pretese che l’uomo di Dio, l’uomo per eccellenza buono non poteva aderirvi, se per causa vostra si sia infastidito e contro di voi abbia avuto parole di biasimo o di rimprovero, vi abbia avuto avversione o serbato rancore. Il suo fisico non ebbe nervi, la sua complessione non ebbe scatti, invece fu sempre mite, dolce, mansueto come un agnello. 

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Trattando di donne fu gentile perché la religione suggerisce la carità e la gentilezza promana della carità, ma non ammise mai familiarità, raffinatezze, debolezze umane, motivo per cui non si poté mai dubitare, sospettare - per quanto maligni - della sua illibatezza. Invenzioni, favolette messe in giro contro di lui non ve ne furono mai né in gioventù né in vecchiaia. 

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Fu osservante della Regola Monastica, fu anche pio. Assiduo alle ore di Coro, anzi in Coro, sempre il primo ad entrare, ultimo ad uscire. 
Recitava l’Ufficio Divino: Digne, attente ac devote, degnamente, attentamente e devotamente, con spirito veramente religioso, non per coreografia, si recava a coro spinto dalla Fede. Lì sapeva davanti a Chi si trovava, davanti a Colui che scuta i cuori e i reni; quindi vi si tratteneva composto, con vero spirito di pietà, con fervore, in maniera da riuscire di edificazione degli altri. 

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Non per mancanza di capacità intellettiva o di studi ma per innata timidezza non si credette in grado di affrontare il pulpito. Non predicò mai, anzi mi correggo, da Chierico sostenne un sermoncino nella Chiesa delle Piccole Suore a Modica. Il sermoncino lo recitò bene ma scese dal pulpito trafelato e sudando freddo e talmente tremante, per quanto giurò non risalirlo più. Di ciò sono rimasto testimone soltanto io. 

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Si dedicò piuttosto ad un altro Ministero molto più difficile, quello di plasmare le anime nel Sacramento della Penitenza, tutte le volte veniva richiesto al Confessionale, non si rifiutò mai anzi si mostrò pronto nell’accogliere anime contrite per guadagnarle a Dio. Le curava con molta delicatezza e sapienza, le guariva con le sue santa parole, le incoraggiava al bene, le rinnovava. Fu un confessore prudente e ricercato a Ferla e fuori Ferla. A Siracusa, l’ultimo periodo della sua vita integerrima gli avevano addossati molti Istituti religiosi, sicché tutta la settimana era occupato ora in una , ora in un’altra Casa religiosa. Ma ormai si era fatto vecchietto. In quest’ultima stagione estiva cominciò a risentirsene. Ricorse al Vescovo per ridurgli il peso e fu ascoltato. 
Per tutto il tempo in cui trovammo assieme fu anche Segretario spirituale della mia coscienza. Quando ci incontravamo e gli depositavo le mie amarezze, egli con la sua bontà le aspergeva dell’olio della carità ed il mio spirito veniva grandemente sollevato. 

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 Signori! 

Dopo quando fugacemente ho detto, vi prego di consentirmi: Padre Giambattista è stato un uomo veramente caro a Dio, giusto, mansueto e pio, ma.. Ormai non è più… il Signore l’ha chiamato a se; l’ha chiamato a Se per rendergli il premio delle sue virtù un degno posto nei suoi celesti giardini. 
Chissà da quanto tempo non conduceva seco un grave incomodo. Non ne parlo mai quantunque dal modo di sedere, dall’incedere, lo facesse sospettare. Nell’Ottobre scorso me ne fece confessione e mi dichiarò pure che aveva lin testa di sottomettersi ad un atto operatorio. Io glielo sconsigliai. Felicemente sopportò l’intervento chirurgico. Ebbe fretta di uscire dalla casa della salute. Dopo due giorni dall’arrivo in questa, gli scoppia una flebite che in tre giorni gli chiuse la fossa. 
Ha fatto la morte preziosa dei giusti. Convinto che si trovava vicino all’estremo, chiese gli ultimi conforti religiosi che ricevette nella piena lucidità di mente. Dopo 24 ore di atroci dolori sopportati con eroica rassegnazione spirò nel bacio del Signore. 

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E’ andato avanti… mi ha preceduto! Sempre uniti… ma ora separati! Però tutto mi dice che la separazione sarà per breve tempo. Più non sono ai miei verdi anni. La mia età pari alla sua, mi fa pensare come fra poco saremo un’altra volta assieme. 
Il santo religioso possa pregare per me e per voi. Possa, dal Cielo raggiunto impetraci imitarlo nelle sue virtù per essergli compagni nella beata eternità. 
Requiem aeternam dona ei Domine et lux perpetua luceat ei. 


Padre Eugenio da Ferla 
 Cappuccino 

 (1) 30 Novembre c. a. 



LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano