VITA DI
CICCINA (FRANCESCA) COSTANZO
TERZIARIA CAPPUCCINA DI FERLA
Ferla 08/08/1901 – + 24/07/1987
di
Enzo Digrandi
Francesca Costanzo nacque a Ferla, piccolo centro montano in territorio di Siracusa, l'8 agosto 1901, da una famiglia cristiana e da tutti conosciuta in paese come molto timorata di Dio.
La presenza feconda e di vita morigerata dei Frati Minori Cappuccini della Provincia Monastica di Siracusa, nell'antico convento di Ferla, posto in una zona sovrastante l'abitato, punto di riferimento per il popolo di Dio, faro radioso che emanava nei cuori della gente la Luce di Cristo Gesù; sarà per la giovane Francesca, chiamata da tutti affettuosamente con il diminutivo del dialetto siciliano “Ciccina”, lo strumento di grazia che realizzerà in lei la volontà del Signore sulla sua anima.
Ciccina, così come tante altre giovani coetanee di Ferla, scelse come propria dimora spirituale la chiesetta conventuale dei Frati Cappuccini di Ferla. In questo luogo, così fortemente pregnante della santa testimonianza di vita dei figli del Serafico Padre San Francesco d'Assisi; Ciccina si lasciò plasmare dall'azione dello Spirito Santo.
Assidua alla Messa quotidiana, alla preghiera personale e intima con il Signore Gesù, scelse come suo direttore dell'anima un religioso Cappuccino di Ferla.
Fin dall'adolescenza avvertì chiaro e forte nel suo cuore il desiderio di consacrarsi al Signore Gesù, di porsi totalmente alla Sua Sequela e di vivere il santo Vangelo allo stesso modo come lo visse e incarnò San Francesco d'Assisi.
Colta e istruita, mai volle acquistare e leggere libri profani, nella vita dei Santi o negli scritti di autori spirituali, Ciccina cercava la “Via”, la strada maestra per essere discepola di Gesù, figlia e creatura prediletta di Dio.
Ecco ciò che scriveva San Francesco d'Assisi riguardo al servo fedele che diviene dimora di Dio: “Siamo sposi, quando l'anima fedele si congiunge a Gesù Cristo per l'azione dello Spirito Santo. E siamo fratelli, quando facciamo la volontà del Padre suo, che è in Cielo. Siamo madri, quando lo portiamo nel nostro cuore e nel nostro corpo attraverso l'amore e la pura e sincera coscienza, e lo generiamo attraverso il santo operare, che deve risplendere in esempio per gli altri” (Fonti Francescane. Lettere di Francesco d'Assisi. 199, X.).
In queste parole del Poverello d'Assisi, Ciccina Costanzo trovò il suo “tesoro prezioso”, il suo itinerario di vita, la sua vocazione di discepola del Signore.
Nel Terz'Ordine Francescano, voluto dal cuore di San Francesco per tutte le anime di buona volontà, Ciccina Costanzo si sentì chiamata e a tal proposito, lei stessa scrisse su un pezzettino di carta: “Nel Terz'Ordine Francescano Cappuccino, ho trovato la mia casa terrena che mi condurrà alla Casa del Padre mio come figlia e discepola del Serafico Padre San Francesco e sposa di Gesù, mio Signore e mia unica gioia!”.
Il 10 agosto 1919 fu ammessa dal padre Sebastiano da Ferla alla Vestizione e il 10 ottobre 1920 emise la sua Professione nelle mani di Padre Bonaventura da Sortino.
Ciccina Costanzo si sentì francescana e visse da francescana, la Regola del Terz'Ordine Francescano insieme alla Parola del Signore, furono per lei nutrimento insostituibile ed unico per la sua vita quotidiana di sposa del Signore.
Fece dell'umiltà la sua virtù prediletta e si sforzò fino alla fine dei suoi giorni terreni, di viverla, praticarla, testimoniarla specialmente alle consorelle del Terz'Ordine di Ferla.
Nel luglio del 1945, la Ministra del Terz'Ordine Cappuccino di Ferla si trasferì definitivamente nella città di Catania: le consorelle di Ciccina non ebbero alcuna esitazione nell'indicare e proporre Ciccina Costanzo come l'unica degna di assumere l'incarico di loro nuova Ministra. Dal luglio 1945 al 1951, Ciccina Costanzo fu Ministra della fraternità del Terz'Ordine Cappuccino di Ferla. Così scrisse alle consorelle, dettando loro un piccolo pro memoria di vita da osservare in letizia:
1 Frequentare i Sacramenti e partecipare alla Santa Messa domenicale e chi può, anche tutti i giorni;
2 Portare come simbolo francescano il Crocifisso; 3 Recita giornaliera dell'Ufficio o dei 12 Pater, Ave e Gloria;
4 Essere presenti e frequentare con attività le riunioni del Terz'Ordine mensili;
5 Fare opere caritative, visitare gli ammalati, specialmente le consorelle più anziane;
6 Leggere e vivere il Vangelo;
7 La sera, prima di coricarsi, fare un breve esame di coscienza e chiedere il perdono a Dio dei propri peccati.
Ciccina Costanzo fu molto stimata e amata dalle sue consorelle, destava ammirazione anche in quanti a Ferla non erano membri del Terz'Ordine Cappuccino. La sua vita terrena fu davvero feconda e ricca di grazie spirituali, credette con convinzione alla sua vocazione cristiana e nel Carisma francescano ebbe modo di trovare il Vangelo del Signore Gesù, quel Vangelo che così tanto amava leggere, contemplare, vivere.
“Et nos credidimus caritati” (Giov.): sì, fu in sintesi il vero motto di tutta l'esistenza di Ciccina Costanzo. Da Ministra della Fraternità francescana di Ferla, s'impegnò con tutte le sue forze affinché, ciò che il Signore le donava via via nella sua esistenza a piene mani, in virtù e grazie; fossero testimoniati da lei, condivisi nel proprio ambiente famigliare e non solo, offerti e donati con tutto il suo cuore.
Le sue giornate erano molto simili a quelle vissute da una consacrata in un istituto religioso: preghiera personale silenziosa, adoratrice di Gesù Eucarestia e del Crocifisso, specialmente del Crocifisso ligneo (opera di fra Umile da Pietralia) venerato nella chiesetta di Ferla di Santa Maria di Gesù, già appartenuta e retta dai Francescani Minori.
La Messa quotidiana mattutina era per Ciccina l'inizio gioioso della sua giornata che viveva per il Suo Gesù. Sempre presente e vicina a ciascuna delle consorelle terziarie: ascoltava, consigliava, educava alle virtù e all'amore per il Sommo Bene.
Meditava sovente la sua Regola francescana e vi attingeva sempre nuove ispirazioni, nuove forze per vivere la sua vocazione. Scelse per sé la via della modestia, dell'umiltà, del nascondimento. Non permetteva a nessuno che si parlasse bene e con lodi della sua persona o sul suo operato caritatevole: al centro di tutto Ciccina desiderava che si tenesse e si parlasse sempre e solo del suo Gesù e Gesù Crocifisso per amore degli uomini.
Obbediente e docile nel cammino della direzione spirituale, ebbe come suoi confidenti e direttori i padri del Convento dei Frati Cappuccini di Ferla. Soleva spesso ripetere alle consorelle terziarie: “Ciò che faccio io, fatelo anche voi sorelle mie. Sì, amate, amate tanto Gesù! Lottate sempre contro il peccato e siate sante così come Gesù vi vuole, ci vuole!”.
Ciccina Costanzo ebbe in dono diversi encomi dai suoi superiori Cappuccini, era davvero tanto amata ma lei rifuggiva, come già abbiamo ricordato, dalle lodi e dalla stima nei suoi confronti. Di Ciccina non possediamo nessuna foto, né da adolescente, né da giovane; eccetto una delle ultime fotografie del suo cammino terreno, fatta fare solo perché obbligata, per via del rinnovo del suo documento d'identità. Non era per nulla facile poter ritrarre il volto di Ciccina, lei non voleva.
Attingeva, sì, attingeva tutte le sue forze dall'adorazione Eucaristica e dalla Comunione frequente, ripeteva spesso alle consorelle: “Che sposa di Cristo sarei io mai, e che Terziaria francescana mai sarei se non mi cibassi del Corpo e Sangue del mio Redentore?”.
Volle imitare il suo amatissimo Padre San Francesco d'Assisi, fin da giovanissima ricusava per sé vestiti troppo appariscenti e di fattura pregiata, preferiva vestire “da francescana” e sempre con modestia. Il suo armadio conteneva solo pochi indumenti personali, lo stretto necessario. Amò la povertà evangelica ma senza mai dare nell'occhio: era persuasa che vivere la povertà evangelica non significasse disgustare o scandalizzare i propri fratelli nella fede a causa di un abbigliamento troppo trasandato, tutt'altro! Mai volle destare su di sé curiosità o dissenso, la sua povertà evangelica era vissuta nell'umiltà, nella modestia per cui si vestiva in modo semplicissimo e decoroso, come si conviene ad una sposa del Signore.
La sua cameretta fu sempre semplice, più che monacale oseremo dire. Le fu possibile poter acquistare diversi, tanti libri sulla vita dei Santi, scritti spirituali, commentari ai Vangeli: NO, non li tenne per sé stessa, non li acquistava per leggerli da sola e per poi riporre i tanti volumetti nella sua personale libreria di casa, no. Ciccina comprava quei libri perché servissero e fossero destinati alla piccola biblioteca del Terz'Ordine Cappuccino di Ferla e perché le sue consorelle, ma non solo loro, potessero leggere, studiare su quei testi e crescere spiritualmente per edificarsi nell'animo ed edificare gli altri fratelli tramite le sante letture.
In un bigliettino lasciò scritto, riferendosi a Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo:“Santa Teresina del Bambin Gesù, fammi santa come sei tu!”.
Oggi, dopo anni trascorsi dalla morte di Ciccina Costanzo, la biblioteca del Terz'Ordine Cappuccino di Ferla, ubicata in alcuni locali del Convento dei Cappuccini; custodisce ancora l'eredità di Ciccina: i suoi libri sono tutti lì.
Proprio in questa piccola biblioteca, qualche mese fa è stato trovato, diremo per volontà divina, il piccolo librettino di orazioni in uso a Ciccina Costanzo. Probabilmente mai nessuno lo aveva preso e letto dopo la sua morte, avremo comunque modo di descrivere meglio questo librettino di orazioni e ciò che, con nostro grande stupore, vi abbiamo trovato: alcuni, forse gli unici, manoscritti spirituali di Ciccina Costanzo.
La sede del Terz'Ordine Francescano di Ferla, ubicato, come abbiamo già scritto, in alcuni locali del Convento dei Frati Cappuccini, favorì moltissimo i rapporti interpersonali di amicizia fraterna tra le terziarie e i religiosi. Abbiamo ricordato all'inizio di queste nostre poche note biografiche su Ciccina Costanzo, che il Convento dei Cappuccini di Ferla è sempre stato per i ferlesi una speciale dimora spirituale, un punto importante e prezioso di riferimento per tante anime. Tornando ai piccoli locali in uso al Terz'Ordine, quì Ciccina e alcune sue consorelle, decisero di aprire un laboratorio di ricamo e cucito, un laboratorio dove abili e creative mani realizzarono paramenti sacri, tovaglie d'altare, camici sacerdotali, senza tuttavia dimenticare il rammendo degli indumenti usati che, tornati come nuovi, venivano destinati ai poveri.
Anche dopo la morte di Ciccina Costanzo, nel Convento dei Cappuccini di Ferla (oggi purtroppo chiuso), restano le tovaglie d'altare, gli amitti, i purificatoi, i corporali, le palle del calice finemente ricamati da Ciccina Costanzo e donati ai religiosi Cappuccini di Ferla. Questi preziosi manufatti sono giunti fino a noi, malgrado gli anni passati dalla loro realizzazione, come nuovi e immacolati, pronti all'uso per i quali erano stati destinati.
La Carità, sì, la Carità non aveva confini o preferenze nel Terz'Ordine di Ferla e per la nostra Ciccina Costanzo. Una fraternità laicale sempre numericamente numerosa, composta da generose e sante anime. Ci si aiutava reciprocamente in ogni bisogno materiale e spirituale, le consorelle ammalate erano sempre amorevolmente accudite. Se improvvisamente veniva a mancare, per qualche inaspettato problema familiare, persino il cibo nella casa di qualche consorella terziaria, allora si gareggiava per cucinare il pranzo e la cena, anche per diversi giorni, e si portava il tutto in gran fretta a casa della consorella bisognosa, anzi, si era soliti spesso intrattenersi in quella casa per il desinare e per fare esperienza viva dell'amore e della carità fraterna. In tal modo, la sorella che in quel momento soffriva per un'improvvisa mancanza di denaro, aveva modo di sentire accanto a sé le consorelle e ben presto, con l'aiuto di tutte, riusciva a mutare la difficoltà del momento in gioia e allegria, confidando nel Signore che tutto sa, tutto conosce e tutto opera per il bene delle Sue creature.
Periodicamente, la nostra Ciccina Costanzo, così come le altre Ministre del Terz'Ordine di Ferla che la precedettero o quelle successive al suo mandato; preparavano dei pacchi per i detenuti del penitenziario (non sappiamo se questi pacchi fossero destinati per i reclusi del penitenziario di Noto o per quello di Siracusa); pacchi contenenti indumenti e alimenti vari, anzi, diremo con abbondanti alimenti.
Ma non era solo la povertà materiale a interessare la generosa sollecitudine materna delle terziarie francescane di Ferla: esse si preoccupavano di farsi carico della povertà spirituale dei fratelli, di ogni fratello. Per tale ragione, proficua risultò sempre la collaborazione attiva delle francescane secolari di Ferla con i Parroci via via succeduti negli anni dell'unica Parrocchia del piccolo centro montano; sia per l'apostolato, sia per la catechesi, sia per l'animazione liturgica.
Una fraternità secolare dell'Ordine Francescano non è mai un isola felice, un club privato dove gli iscritti sprecano il proprio tempo nell'esaltarsi reciprocamente, nel godere egoisticamente dei doni da Dio ricevuti, nel pregare solo per sé stessi, nell'elevare al Signore preghiere solo per i propri bisogni o per chiedere la santità di vita per sé ma per poi...... vantarsene nel mondo....
“Altro” è una Fraternità del Terz'Ordine Francescano e la nostra Ciccina Costanzo, sia come Ministra della fraternità di Ferla, sia come Maestra di formazione; si fece strumento attivo perché il Carisma Francescano fosse vissuto con fedeltà e senza fingimenti, opportunismi, carrierismi e ipocrisie.
Il Terz'Ordine Francescano non è “un'altra via” della vocazione cristiana, un modo di vivere il cristianesimo parallelamente alla propria originaria vocazione battesimale. Il Terz'Ordine Francescano, (come del resto anche gli altri Ordini secolari), è la Via, è la vocazione cristiana, perché così lo volle, su ispirazione divina, il Serafico Padre San Francesco d'Assisi.
Il Terz'Ordine Francescano aiuta ogni creatura di Dio a conoscere il vero volto del Signore, aiuta a “conoscersi”, a scoprirsi come discepoli di Gesù, aiuta a raggiungere quella maturità umana e spirituale, tanto gradita al Sommo Bene.
Gli scritti di Ciccina Costanzo ci testimoniano quanto ebbe a combattere e lottare contro la sua natura, quanto ha sofferto nel chiedere al buon Dio di soccorrerla per liberarsi dai suoi difetti, dalle sue imperfezioni e da tutto ciò che le ostacolava di vivere le sante Virtù.
La vocazione del cristiano, ci rammenta Ciccina, non è mai una strada dritta, bella e adorna di profumati fiori. E' la via del discepolato di Cristo, è il combattimento spirituale costante che richiede alle anime una vigilanza forte, una volontà robusta nel perseverare, malgrado i propri umani limiti; ma sempre, sempre ponendosi in presenza del Signore Gesù, Crocifisso per amor nostro. Lui, il Cristo, il solo capace di collaborare e interagire con noi, per mezzo del suo Spirito, nel quotidiano cammino del combattimento spirituale, un combattimento spirituale che è comunque un percorso di vita gioioso e che mai induce allo scoraggiamento o alla tristezza.
“Io sì, anch'io ho messo quei chiodi alle Tue mani, quei chiodi ai Tuoi piedi!”........., così scriveva Ciccina, esprimendo successivamente tutta la sua lode d'amore al Signore che ci ha redenti con la Sua Passione, Morte e Resurrezione.
Fortunate furono quelle anime che ebbero in dono dalla Provvidenza divina, di essere educate, formate, dirette, consigliate, amate da Ciccina Costanzo nel Terz'Ordine di Ferla.
Dal 1951 Ciccina fu eletta Maestra del Terz'Ordine di Ferla, del resto, chi meglio di Ciccina poteva ben iniziare e accompagnare nella formazione alla vocazione laicale francescana, i nuovi candidati?
E' un vero peccato che tanti testimoni coetanei di Ciccina, non possano più narrarci tanti particolari della vita santa della nostra cara terziaria di Ferla. Il tempo passa velocemente, è vero, ma è rimasta ancora a Ferla, anche tra le nuove generazioni, la memoria di Ciccina Costanzo, anche se si ignorano o si sono persi tanti importanti particolari della sua esistenza. Pare proprio che lo scorrere inesorabile del tempo e della storia, abbia favorito in tutto la volontà di Ciccina Costanzo di essere dimenticata in terra ma ben presente al Suo Signore nella Patria Celeste, là dove ora ha la sua dimora eterna.
Qualcuno ricorda di aver saputo da una consorella di Ciccina, che era sua abitudine recarsi in alcune abitazioni di Ferla dove vivevano famiglie poverissime e indigenti. Questo particolare rilevante della vita di Ciccina, probabilmente fu da lei mantenuto segreto persino ai suoi cari. Ciccina usciva dalla sua casa di buon'ora, con estrema discrezione, pareva andasse in chiesa, ma in realtà andava a trovare quelle famiglie povere. Vi restava il tempo necessario per pulire da cima a fondo quei tuguri, disinfettava tutto, metteva in ordine con cura e poi, serviva a quei poveri il desinare, talvolta già preparato e cucinato da Ciccina a casa sua, altre volte invece, cucinato da lei stessa nei focolari di quelle famiglie bisognose.
Provvedeva affinché a quelle persone, nulla mancasse, donava loro indumenti nuovi e portava via con sé quelli usati e sporchi per lavarli e rammendarli.
Ciccina non lasciava mai offerte in denaro ai poveri, si interessava invece, che quelle persone cadute nell'indigenza, potessero da sole sollevarsi da quella sofferta miseria, magari suggerendo o presentando lei stessa il capo famiglia a qualche proprietario terriero perché lo assumesse nel lavoro dei campi, nella raccolta delle olive o quant'altro; purché quel buon uomo riuscisse con dignità a portare a casa ciò che aveva lui stesso guadagnato con la sua fatica, per sfamare i suoi cari e mutare lentamente nel tempo quella indigenza in sereno benessere. Invogliava i piccini poveri a frequentare le scuole pubbliche e provvedeva, senza essere vista da nessuno, perché quei figlioli avessero il necessario per la scuola e lo studio. Era persuasa che lo studio e l'istruzione non sono destinati solo ed esclusivamente ai bimbi appartenenti a famiglie agiate, no. Lo studio è per tutti e in modo particolare per i bimbi più poveri, i quali possono così trovare la via migliore per un dignitoso riscatto sociale e un futuro duraturo impiego lavorativo.
Ciccina tra una faccenda e l'altra, in quelle povere dimore, testimoniava il suo Gesù, esortava con poche e semplici parole sempre e comunque nell'aiuto di Dio e a confidare in Lui solo che è Padre Provvidente e Buono. Ai piccini poveri, insegnava lei stessa il catechismo così come agli adulti, da lei amabilmente istruiti sulle “cose di Dio”, così come si dice nel bel dialetto siciliano.
A Ferla si narra che Ciccina, tornando a casa dalle abitazioni di quelle famiglie bisognose, portava con sé anche i pidocchi che vi aveva trovato suo malgrado: il suo vestito pareva malconcio e sporco dopo una giornata di pulizie, le sue scarpe irriconoscibili per la tanta polvere accumulata. Ma dopo appena qualche ora dal suo rientro a casa, Ciccina usciva nuovamente dalla sua dimora, ma questa volta pulita, sistemata e in ordine. A chi le chiedeva perché mai si ostinasse a frequentare quei tuguri (a una donna, per giunta non maritata non era consentito, a causa di una credenza falsamente perbenista e alquanto ottusa, fortunatamente perseguita da una minoranza del popolino; avventurarsi in abitazioni altrui, da sole, e persino in case dove vivevano indigenti): Ciccina dinanzi a queste critiche, rispondeva tacendo e con un sorriso disarmante.
Anche oggi, nel ricordare la carità di Ciccina verso il suo prossimo, vi è una sorta di chiusura, quasi incomprensibile pudore nell'ammettere che, in una piccola comunità di montagna, così come in altri e tanti luoghi, vi fossero realmente in un tempo relativamente a noi vicino, dei Poveri, persone cioè che nulla di proprio possedevano e che spesso erano destinati all'indifferenza e alla dimenticanza altrui se non ci fossero stati la carità e le cure di alcune o alcuni cristiani, mossi ad agire da uno spirito puramente evangelico ispirato dall'amore del Signore. Certamente la Provvidenza divina si serviva di questi generosi volontari della Bontà e della Carità.
Altre consorelle del Terz'Ordine Cappuccino di Ferla seguirono l'esempio dato da Ciccina, molte di loro ricorderanno per anni come quella Carità operosa, generosa, discreta di Ciccina altro non era se non l'applicazione perfetta e genuina di quanto insegnava ed insegna ancor oggi la Regola del Terz'Ordine: la lettera scritta di una Regola, diventava così credibile, incarnata e vissuta a gloria di Dio, per il bene dei fratelli e per la gioia di San Francesco d'Assisi, il quale similmente fece nella sua vita e il Poverello d'Assisi compose le Regole per il suo Ordine nascente infondendo in esse ciò che lui stesso viveva e sperimentava nella sua carne.
A noi che stiamo scrivendo solo una piccolissima parte della vita di Ciccina Costanzo, pare di vederla percorrere le viuzze di Ferla, pare di vederla silenziosa a contemplare Gesù nel Tabernacolo dell'Altare. Chissà se Ciccina sarebbe stata contenta di questo piccolo nostro lavoro biografico su di lei e in sua memoria. Forse proprio no, anzi, senza forse, proprio no. Perché? Perché Ciccina con il suo disarmante e sereno sguardo ci avrebbe fatto intendere subito che non di lei bisogna scrivere o far “memoria”, ma solo di Cristo Gesù, il Signore che lei ha amato e fatto amare a tante anime.
Noi vorremmo sì udire la tua voce, cara sorella Ciccina, vorremmo che tu ci intrattenessi a parlarci dolcemente di Gesù Maestro, così come solo tu solevi fare. Vorremmo, cara sorella Ciccina, seguirti mentre ti accingi a recarti dai reietti della società. Siamo certi che se tu fossi ancora tra noi, in questo nostro cammino terreno, ebbene correresti senza indugio a soccorrere le fin troppe famigliole afflitte dai vai bisogni: il lavoro che manca, la confusione dei giovani sempre più vulnerabili e resi cechi e sordi da tutto quanto abbaglia e dà consolazioni periture e che soffocano lo spirito; giovani e meno giovani accalappiati dalle molteplici facce del male e del non senso; la disperazione nelle vicissitudini esistenziali; il grido dei piccoli figli di Dio nel bisogno non ascoltato dai potenti e dai ricchi. Sì Ciccina, ti vedremmo allora spingerti con le tue povere forze, discreta e umile, senza essere vista da nessuno, senza cercare mai il plauso o il consenso umano; chinarti come serafica cirenea sui “lebbrosi” del nostro oggi e dinanzi a quanti immancabilmente ti avrebbero derisa o osteggiata per il tuo operato, avresti sicuramente detto loro proprio con quell'umiltà che fu il tuo vessillo d'oro: “ Sono una serva inutile. Ho fatto quanto dovevo fare”.
Ti vedremmo ancora, cara sorella Ciccina, prodigarti per la salute spirituale delle anime e vorremmo, sì, vorremmo ancora udirti parlare del tuo Ordine Cappuccino e del tuo Padre San Francesco d'Assisi.
Vorremmo, se tu fossi ancora tra noi, imparare da te ad amare ogni nostro fratello e ad amarlo con un vero, caldo, forte abbraccio e che sia davvero, come solevi dire tu, l'abbraccio di Dio, nostro Padre per ogni creatura, perché Dio non fa differenze, ci ama tutti e brama il nostro amore per il Suo Cuore.
Vorremmo, cara sorella Ciccina, imparare da te a vivere con pazienza e con gioia le Virtù cristiane e a farci autentici discepoli di Gesù Cristo, innamorati della Chiesa, Sua Sposa e del Pontefice, Suo Vicario in terra.
Tu, piccola, dolce, umile creatura, tu Ciccina Costanzo, dal volto mite, insegnaci ancora la Perfetta Letizia, insegnaci ancora a incarnare il Vangelo di Gesù, Parola del Dio Vivente, nutrimento di redenzione e fonte di santità per ogni battezzato in Cristo.
Grazie sorella Ciccina, grazie per la tua vita nascosta e umile, una vita nascosta e tuttavia splendente come una grande stella, una stella che sempre brilla ora, lassù nel Cielo, accarezzata e amata da Dio, nostro Sommo Bene, tutto il Bene.
Dal Cielo prega per noi Ciccina cara, intercedi per la tua Ferla e per i bisogni della Chiesa.
Grazie Ciccina, grazie anima pura, semplice e gradita al Cuore di Gesù, Tuo sposo.
Ciccina (Francesca) Costanzo, è tornata alla Casa del Padre il 24 luglio del 1987. I suoi resti mortali riposano nella cappella di famiglia nel Cimitero comunale di Ferla. Sulla sua lapide Ciccina non volle che fosse messa la sua fotografia.
Laus DeoAutore: Enzo Digrandi
LAUS DEO
Pax et Bonum
Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano