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mercoledì 11 gennaio 2012

il Servo di Dio Fra Giuseppe Maria da Palermo : da monello a Santo - Parte Undicesima .




IL SERVO DI DIO
FRA GIUSEPPE MARIA DA PALERMO , 
CHIERICO E NOVIZIO CAPPUCCINO 
1864 - 1886 .

PARTE UNDICESIMA



“ SEGRETI DI SANTITA’ ”

Quali i lineamenti principali della Santità di Fra Giuseppe Maria ?
Quelli ordinari . Se una particolarità giova segnalare , è quella dei cocenti Desideri di Perfezione che tormentavano sempre l’Anima sua , le Brame Ardenti che tormentavano il suo Cuore , la costante preoccupazione di salire sempre più in Alto nell’Unione con Dio . Né a noi occorre fare appello alle concordi testimonianze dei suoi superiori e dei suoi numerosi compagni , quando abbiamo sott’occhio il suo “ DIARIO ” e le Lettere , dove Vibra tanta Fede , dove Palpita tanto Amore , dove si Sente Alitare il suo Spirito , che dopo la Conversione non conobbe che la Febbre del Cielo , dell’Eternità , di Dio . Per cui è difficile avvicinare questo Giovane senza Sentirsi Trascinare . Ognuno di coloro che lo conobbero ( e chi lo sta conoscendo adesso tramite questi Scritti ) , potrebbero far propria la frase dell’austero ed autorevole Padre Eugenio Scamporlino , che pur non lo ebbe sott’occhio che undici mesi soltanto : “ Fra Giuseppe Maria diede Prove Innegabili , Chiare ed Evidenti di tutte le Virtù ” . Ma quella ch’egli prese principalmente di mia fu l’Umiltà , per il Suo Valore Eccezionale ; per cui talora , rattristandosi , perché credeva di non averla , scoppiava in Pianto .
Scriveva nel suo “ DIARIO ” : “ Il 18 Giugno a letto Piansi pensando che non avevo l’Umiltà ” . Gli stava innanzi agli occhi la Dolce Figura del Divin Maestro e sembrava raccogliere dal suo labbro direttamente quelle parole : “ Imparate da Me che sono Mite ed Umile di Cuore ” , per cui lo Pregava con istanza e talora con Lacrime .
Il 10 Giugno scrisse egli nel “ DIARIO ” : Dopo la Comunione Pregai Dio e feci proposito di essere umile di cuore… e stando a letto chiedevo a Dio Piangendo la Grazia dell’Umiltà di Cuore ” . Chiedeva a Dio l’Umiltà , ma anche la Praticava , eliminando un falso concetto di se stesso .
Il 26 Maggio scrive nel “ DIARIO ” : “ Piansi nel pensare quanto è Doloroso trovarsi in questa terra d’esilio e nel conoscere la mia grande miseria… Poi nel Primo Venerdì del mese , Festa del Santissimo Cuore di Gesù , Piansi nel pensare alla mia grande inutilità a fare qualunque cosa ” . In fondo la sua costante occupazione era di alimentare nel cuore il Desiderio della Perfezione e della Virtù . Anche il tempo dello studio per lui era tempo di Preghiera , e l’Anima sua stava intenta a Dio , per cui il 31 Luglio scriveva : “ Trovandomi a studio Piansi per la cattiva mia esistenza e Pregavo Mamma Maria e Sant’Ignazio di Lojola ad impetrarmi una nuova vita ” . In Sortino , crescendogli la Brama dell’Umiltà , “ voleva fare sempre i servizi più Umili della Comunità , come spazzare , lavare stoviglie e simili , e tre giorni prima della Morte e quando già era ammalato chiese ad un compagno la scopa per aiutarlo a pulire i corridoi ” .
Ma voleva Abbracciare l’Umiltà nella sua Ampiezza , ed escogitava sovente cosa potesse fare di meglio . Un giorno s’inginocchia davanti al Suo Caro Crocifisso , e pensando e ripensando , delibera di presentarsi al Padre Eugenio , al quale dice : “ Padre mio , facilmente si sarà accorto come io sia senza memoria , senza scienza e senza santità , tanto necessarie in un Sacerdote , per cui penso di non ascendere al Sacerdozio . Prego quindi Umilmente affinché mi si faccia passare tra i Frati Laici ” . Il Buon vecchio , senza punto far trasparire la commozione che sicuramente dovette invadergli l’Anima , ponendogli la mano sul capo rispose : - Di questo Figlio Mio , ne parleremo inseguito . Un rifiuto non l’aveva avuto e quindi credendo di essere sulla via di realizzare il suo desiderio , pensò di metterne a parte il padre Nicolò , al quale indirizzò una lettera in cui in cui tra l’altro gli diceva : “ Lei ben sa , padre mio , come il Sacerdote dev’essere non solo Santo , ma altresì Dotto , poiché l’ignorante è nocivo a sé e agli altri . Ma anche supposto che fossi dotato di acuto ingegno da riuscire Sacerdote di grande dottrina , non ardirei mai di ascendere a tanta dignità ( non l’ottusità dell’ingegno quindi lo moveva , ma l’umiltà ) , perché mi manca il più necessario , ch’è la Santità ” .
Detto ciò gli chiede il permesso di passare tra i Frati Laici adducendo l’esempio di alcuni Santi . L’ingegnere Dilberto si turbò non poco nel leggere tale lettera , soprattutto perché conosceva la tenacia del figlio . Si trovava egli ancora a Roma ed ebbe il pensiero di recarsi direttamente dal Generale dei Padri Cappuccini , dicendo che mai e poi mai avrebbe consentito a tale desiderio del figlio . Gli venne risposto che non occorreva turbarsi per questo , poiché i Superiori e l’Ordine stesso hanno bisogno di buon Sacerdoti più che di Frati Laici . Comunque stesse tranquillo , che ciò non si sarebbe in alcun modo verificato . Dopo ciò rispose al figlio ch’egli non dipendeva più da lui , ma dai superiori , ai quali spettava l’accettare o no la sua richiesta . Difatti Fra Giuseppe Maria , scrivendogli lo assicurò col dire : “ Farò quello che lei m’ha detto , rimettendomi al Volere dei miei Superiori ” . Questi desideri d’Umiltà erano stati sempre di Alimento al suo Spirito fin dalla Conversione , e siccome il suo Direttore Spirituale nel Seminario gli Proibì di chiedere a Dio di venire disprezzato , egli se ne lamentò in certo modo col Signore scrivendo nel “ DIARIO ” : “ Se il mio Direttore Spirituale non me lo avesse Proibito vi chiederei , o mio Dio , la Grazia di venire disprezzato dai miei compagni e dai Superiori ; ma giacché egli non vuole , vi dico solamente che ho un Ardente Desiderio di essere disprezzato , senza pregarvi di effettuare questo desiderio ” . Come l’Umiltà , gli Sorrise pure la Penitenza sotto le molteplici sue forme , per il desiderio di reprimere i pravi istinti del vecchio uomo . Il 1° Maggio 1882 nella lettera al Canonico Pennino aveva scritto : “ Alcune volte ho fatto proponimento di mortificare la gola mangiando a tavola solamente quello che mi passano e nulla assaggiando fuori orario ; ma ecco che dopo pochi giorni portano qualche cassetta di dolci ai miei compagni , e io son costretto a mangiarne , perché se non ne mangio , i compagni se ne accorgono , e così la mortificazione non può durare più di una o due settimane ” .
Non di meno egli prendeva la rivincita contro queste forzate infrazioni che tanto lo affliggevano , tenendo in bocca quasi ogni giorno per qualche ora il legno di quassio , amaro quanto il chinino . La Legge che s’era Imposta era quella dei Santi : contrariare in tutto e amareggiare la natura .
Padre Eugenio da Sortino , accortosi che si limitava troppo nel cibo , gli aveva prescritto ogni giorno una data quantità di pane , ed egli allora , Obbedendo , si compensava col tagliuzzarlo in piccoli bocconi , volgendo e rivolgendolo fra le dita , e dopo averlo in certo modo insudiciato , lo mangiava , superando la naturale ripugnanza ; e poiché i suoi compagni lo tenevano d’occhio , una volta gliene chiesero il perché ed egli rispose : “ Perché così mi piace meglio ” .
Un giorno Padre Eugenio avendo visto ch’egli evitava destramente di mangiare di popone distribuita a tutti fuori orario , gli comandò di mangiarlo , ed egli , prontamente Obbedendo , ne mangiò anche la buccia . Evitava il vino più che poteva e dell’acqua usava parcamente . Scrive egli stesso nel “ DIARIO ” : “ Avevo molta sete dopo il passeggio , ma secondo il solito non volli bere , per mortificare la mia carne , e dicevo al mio Gesù : io ho sete , ma non voglio bere , acciocché sia dissetato da Voi , non però di questa sete materiale , bensì della Spirituale , cioè dell’Ardente Desiderio che ho nella Perfezione ” .
Molto parco nel parlare , occorrendo “ lo faceva a voce bassa e calma , con parole contate - dice un compagno - e nonostante le mie provocazioni , specialmente per le scale e in refettorio , egli mi resisteva con tale modestia e correttezza di modi , da richiamarmi al dovere con questo solo ” . Legge costante imposta ai suoi occhi era di non guardare mai per strada , specialmente donne , e ciò fin dal collegio San Rocco , come assicura il suo amico Antonino Piraino . A letto si sforzava di fare Orazione più che poteva . Scrive nel “ DIARIO ” : “ Ho fatto con molto raccoglimento gli Esercizi Spirituali , e il tempo del riposo vespertino l’ho passato in Orazione ; lungo la notte svegliandomi ho fatto un’ora o due ore di Orazioni ; la notte precedente all’ultimo giorno ne feci tre ore . Da questi Esercizi ricavai molto profitto ” . Non dimentichi il lettore che il “ DIARIO ” lo scrisse in Seminario .
Camminava sulla Via dei Santi e altra mira non aveva che di Imitarli : “ Dopo il passeggio - scrive di nuovo nel “ DIARIO ” il 30 Marzo - Piansi dinanzi ad un Crocifisso , pensando di essere stato io a crocifiggere il Mio Gesù con i continui peccati e le infelicità… Piansi ancora nel pensare che questa vita è un mare in burrasca e ogni momento c’è pericolo di naufragare , e mentre Piangevo Pregavo Gesù e Maria che mi guidassero al porto dell’Eterna Salute ” .
Scrive altro giorno , sempre nel “ DIARIO ” : “ Dopo il passeggio ero molto stanco , ma non volendo lasciarmi vincere dalla mollezza , continuai a stare in piedi… Il giorno 19 Giugno soffersi dolori di stomaco con sommo mio piacere senza lamentarmi ” . Sapeva distinguere bene la vera dalla falsa PENITENZA , per cui l’OBBEDIENZA gli era CARA al di sopra di tutto .
La praticò anche nelle cose minime col Confessore , con suo padre , coi superiori , senza esitare o stare a rifletterci , con animo volenteroso e lieto . Allorché aveva desiderato andare a Roma per convincere meglio di presenza suo padre Nicolò intorno alla sua Vocazione , e gli venne negato , egli , rispondendo , gli disse queste Parole Ammirabili : “ Io rimasi contento come se lei aveva scritto di venire ; e questo stare sempre contento nelle cose buone e cattive , conforme ai miei desideri o ad essi contrarie , deriva dall’essere uniformato alla Volontà di Colui che tutto dispone sapientemente per il mio bene ” .

Sapeva veder chiaro e non voleva vivere di illusione .
E per questo l’OBBEDIENZA è sempre REGOLA SICURA .

Era sempre serio , ma a tempo e luogo . C’èra anche quando sapeva essere lepido . Una volta il Padre Eugenio Scapolino , vedendolo sempre mortificassimo , mentre si trovavano per la ricreazione gli disse : - Olà ! Fra Giuseppe Maria , fate ridere i vostri compagni ! In verità veniva richiesto di ciò che non combaciava bene col suo metodo di vita , ne gli era usuale . Non di meno c’era di mezzo l’Obbedienza , la quale spiana a meraviglia ogni difficoltà per cui si mise a parlare in pretto palermitano , che ha non poche dissonanze col dialetto della provincia di Siracusa , “ per cui riuscì molto gradito ” , come assicura un suo compagno .


FINE DELLA PARTE UNDICESIMA

LAUS DEO .

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano
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FONTE : PADRE SAMUELE CULTRERA OFM CAPPUCCINO
Da monello a Santo - Vincenzino Diliberto
II Edizioni EDIZIONI PAOLINE 1959
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